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TESTO Bucare il cielo

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Esaltazione della Santa Croce (14/09/2003)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Il giorno in cui il Figlio dell'uomo venne crocifisso – a quel giorno appunto alludono le parole di Gesù a Nicodemo che leggiamo nel Vangelo di domenica (Gv 3,13-17) – il cielo era buio. Buio come il cielo che a volte sovrasta i nostri giorni: quel cielo chiuso e senza speranza che cancella il nostro futuro e ci toglie la voglia di vivere,.

Eppure Gesù dice a Nicodemo che proprio guardando a quel giorno è possibile avere la vita eterna: perché proprio in quel giorno lui attraversa i cieli. Attraversa i cieli: buca, trapassa il cielo chiuso e senza speranza. Così almeno afferma l'autore della lettera agli Ebrei (cfr Eb 4,14). Ma in che modo Gesù poteva attraversare il cielo buio di quel giorno?

Anzitutto lo ha fatto con la sua fermezza: non ha avuto paura di rimanere fedele alla missione della sua vita, nonostante tutti lo avessero abbandonato. «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo – dice Gesù a Pilato – per rendere testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Alla verità del Padre Gesù voleva rendere testimonianza: e nulla avrebbe potuto distoglierlo da questa missione.

Ma questa fermezza di Gesù non ha cancellato certo del tutto il buio di quelle ultime ore. Ne abbiamo la prova nel silenzio che egli ha contrapposto alle grida dei Giudei. «Crocifiggilo, crocifiggilo», gridava la folla. E il Maestro non ha più avuto parole davanti a questa gente, che pochi giorni prima aveva cantato Osanna e che adesso urlava Crocifiggilo; il Maestro non ha più aperto la sua bocca davanti a questa gente, che è come la gente di ogni tempo e di ogni luogo: sempre pronta a correre dietro chi grida più forte. Gesù ha fatto silenzio, e si è ritrovato così nuovamente immerso in quel cielo chiuso e senza speranza che aveva cercato di bucare.

E tuttavia Gesù non si è disperato: appeso alla croce si è ricordato del Padre, che gli aveva dato la vita. Soprattutto si è ricordato dell'inizio, di quando Dio, il Padre, passeggiava nel giardino alla brezza del giorno – come leggiamo nel racconto della Genesi – e non riusciva a trovare l'uomo e la donna, che erano nascosti, perché si sentivano nudi. E quando, finalmente, riuscì a trovarli, vide tutto il loro affanno e la loro vergogna, resi ancora più evidenti da quelle foglie di fico con cui si erano coperti. Allora «il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì» (Gn 3,21).

Ecco, sulla croce Gesù si è ricordato di questo inizio. Lui era innocente, non aveva nessuna colpa. Eppure anche lui, come Adamo ed Eva nel giardino, era nudo; anche lui sentiva il cielo chiudersi sopra la sua testa e vedeva la fine di ogni speranza. Ma non si è disperato, perché nei suoi occhi morenti brillava quel gesto protettivo di Dio, che cuce i vestiti all'uomo e alla donna. Ed è così che ha attraversato i cieli, che ha bucato e trapassato quel cielo chiuso e senza speranza.

E ora ogni credente – in questa domenica in cui contempliamo la croce di Cristo – può volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto per apprendere la medesima fede e addirittura bucare il cielo.

 

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