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XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2010)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La pagina evangelica di questa domenica è il prosieguo del brano di domenica scorsa. A mò di parallelo con la parabola della vedova, troviamo anche qui due personaggi: un fariseo e un pubblicano, rappresentanti di due categorie di persone molto conosciute all'interno dell'ambiente religioso, sociale, politico e culturale del popolo di Israele. Tante volte viene sottolineato l'atteggiamento positivo del Pubblicano a discapito del Fariseo, e quest'ultimo viene spesso indicato come modello da evitare in un eventuale cammino di fede o momento di preghiera. Fermo restando tutto ciò, mi sembra opportuno, per la nostra riflessione, pensare che in ogni caso sono due persone, che indipendentemente dal giudizio degli altri, hanno e sentono il desiderio di rapportarsi a/con Dio, e manifestano questo loro intento recandosi al tempio. È questa un'immagine poco consona alla maggior parte degli uomini di oggi, che preferiscono eludere il rapporto con Dio; e se ci si reca in un luogo di culto non è certo per iniziare un dialogo, ma anche qui, come nella maggior parte dei casi, lo si fa da "turisti/visitatori": è meglio fare l'elogio agli artisti che hanno adornato la struttura, che fermarsi, sostare e dialogare con Colui che è presente e abita quel luogo (bisogna notare che si partecipa con questo spirito anche ai nostri numerosi pellegrinaggi). Il motivo di questo atteggiamento forse è da rilevare nel fatto che si vive lontani da Dio e si pensa che di Lui possiamo tranquillamente farne a meno... non pensare a Lui è la cosa migliore... Dio è visto come qualcosa di astratto e irrilevante. Gli uomini, ma per fortuna non tutti, volgono le spalle a Dio. Anche se ci si dice credenti, bisogna precisare che alcune volte la fede che professiamo è blindata, granitica, molto personale, tanto da portare a nessuna apertura o convivenza con domande e problematiche che riguardano la nostra esistenza.

Inoltre, seguendo il testo evangelico e la riflessione che i due personaggi fanno, bisogna evidenziare come il loro dialogo con Dio è legato alla norma etica che deve regolare la vita umana. I Due sanno che Dio ha stabilito una legge oggettiva rispetto alla quale uno si dice trasgressore o osservante. Anche questo aspetto è assente dalla vita della maggior parte degli uomini. Si può constatare che si ruba facilmente, si scavalcano gli altri in una forma illecita, ci si abitua alla "scappatella" e al tradimento, si concedono favori in cambio di altri, si fanno tranquillamente compromessi, etc... l'uomo arriva a ciò, perché preferisce essere l'interlocutore di se stesso, dei suoi bisogni, dei suoi piaceri, delle sue "voglie" e delle sue necessità... per cui evita, per pura convenienza, l'Altro. L'uomo legifera per il proprio tornaconto. Così ci si pone in una situazione di comodo, per evitare di essere scomodati e iniziare a riflettere sul significato delle proprie scelte. La cosa più deleteria è che questo modo di pensare e di fare lo troviamo anche all'interno della Chiesa: che male c'è nel fare o dire alcune cose? Se questo è il quadro costruito da una buona parte della società, c'è da dire che il vangelo non si ferma a presentarci una parabola fredda e insignificante, ma invita tutti, e in modo particolare la comunità ecclesiale, ad essere testimoni della propria fede ed autentici annunziatori del vangelo.

Dunque la Chiesa è chiamata a considerare la sua vita e la sua storia non semplicemente da punto di vista umano, ma deve porsi (o salire) a livello di Dio, cioè guardare il mondo come lo guarda Dio, amarlo come Dio lo ama, agire con esso e in esso, come fa Dio. In atteggiamento di fiducia e di speranza, animata dalla presenza di Dio nella sua vita e nella sua storia, la Chiesa è invitata a camminare e a vivere in atteggiamento di perseveranza, di testimonianza e di annuncio della Parola di Dio, a non lasciarsi ingannare dalle false apparenze né dalle cose facili che spesso vengono presentate. Così facendo, la comunità ecclesiale, inserita nel mondo, si mette innanzitutto in uno stato di purificazione interiore, si sottomette al "giudizio" della Parola di Dio e diventa capace di interiorizzare la voce dello Spirito; così Essa trova la sua vera identità: capisce che è animata dallo Spirito Santo; scopre che il Cristo del Mistero Pasquale è presente, la purifica, la rinnova e la illumina con la forza scaturita dalla Risurrezione. Ecco allora che se per l'uomo moderno ciò che riguarda lo Spirito e l'interiorità diventa irrilevante; per il cristiano professare la propria fede diventa un invito a salire al tempio con lo stesso atteggiamento dei protagonisti della parabola, in particolare interiorizzando l'invocazione del pubblicano: O Dio, sii benigno con me, peccatore. Tale supplica dà speranza a chi si sente lontano da Dio e dice che c'è una via di ritorno al Padre, come dimostrano gli innumerevoli esempi disseminati lungo il corso dell'intero vangelo.
Buona Domenica!!!

 

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