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don Daniele Muraro   Home Page

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2010)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Gesù non loda la disonestà dell'amministratore, ma la sua prudenza. L'uomo era stato accusato di sperperare gli averi del padrone, non di essersene indebitamente appropriato. Altrimenti avrebbe avuto di che vivere nell'agio anche senza cercare accomodamenti con i debitori.

Inoltre non era stato così sprovveduto da non far firmare a ciascuno una ricevuta. Prevedendo l'esonero dal suo ufficio, egli rimedia subito stimolando rinnovate amicizie da cui sperare riconoscenza nel futuro.

Presso gli antichi commentatori la descrizione del servo infedele è applicata talvolta al singolo cristiano, talaltra al ministro del Signore. Entrambi, dopo aver ricevuto da Dio tanta grazia di beni spirituali, non se possono dimostrare sprezzanti amministratori.

Però è facile cadere nel peccato di accidia, ossia nella pigrizia spirituale, per ritornare appiena nella lode del padrone occorrerà allora procacciarsi amici con i mezzi di cui si dispone, ossia offrendo aiuto a chi si trova nel bisogno.

All'opposto che degradare i beni relazionali in acquisti materiali, il vero cristiano è capace di convertire i beni materiali in ricchezza di rapporti umani e spirituali.

Anche per Gesù il danaro compra il prossimo e con lui la vita eterna, ma quando è donato. Se il tuo tesoro è presso il bisognoso, là sarà anche il tuo cuore, ossia avrai dimostrato di amarlo nei fatti e non solo a parole.

La remissione del debito la applicano quotidianamente i ministri della Chiesa, quando assolvono i penitenti dopo aver ascoltato le loro confessioni e averli istruiti, rassicurati e incoraggiati sulla via del Vangelo.

La carità però ha anche un versante materiale da non minimizzare. Gesù sottolinea l'importanza per il discepolo di gestire i suoi beni di fortuna in coerenza con la fede professata. Non si può ubbidire a due padroni. Ad un certo punto la scelta si impone: o si serve Dio o mammona, ossia non si può dire di essere aperti al comandamento dell'amore e intanto vivere chiusi nel godimento egoistico del proprio superfluo o nella sua ricerca sconsiderata.

Il cristiano maturo non deve cadere nell'inganno infantile di tenere il piede su due staffe e pensare di accontentare esigenze opposte, come se Dio si interessasse unicamente delle dichiarazioni di principio e non dei gesti quotidiani.

In questo, dice Gesù, sono più smaliziati gli uomini di mondo che, quando si prefiggono un obiettivo, per quanto sbagliato, lo perseguono in maniera decisa e senza incertezze. Al contrario tanti battezzati, illuminati dalla fede ma tiepidi nella pratica del Vangelo, rimangono a lungo esitanti nell'adempiere alle promesse alle quali si sono impegnati.

Con ciò Gesù non esclude che la scoperta di una gerarchia di valori e quindi lascia sussistere una ricerca lecita del benessere materiale sottoposta alla priorità della parola di Dio, cioè alle esigenze di condivisione e carità fraterna.

Quando le richieste del corpo rimangono sottomesse al vaglio della ragione, e corpo e anima assieme si sottomettono al dono della grazia nello Spirito, allora i padroni non sono più due, ma uno solo, Dio, il quale mentre ci spinge a cercare anzitutto il suo Regno di giustizia non disprezza una moderata cura delle proprie necessità materiali.

In caso contrario la persona rischia di cadere nella divisione, passando dalla distanza dell'alterità alla contrarietà della prevaricazione. Riconosciamolo: ogni prepotenza del fisico sullo spirito e dell'amor proprio su quello del prossimo è una mutilazione di se stessi e della propria vocazione spirituale e divina.

I problemi del mondo d'oggi, crisi economica da sovrapproduzione, bolla speculativa finanziaria, sbilancio nel commercio internazionale, inquinamento diffuso, iniziano da lontano, se è vero che, come continua il Vangelo di oggi, i farisei ascoltavano le parole del Signore sghignazzando.

In realtà bisogna accusare l'animo umano, quello che fino a quando non è chiamato a rendere conto delle sue abitudini sbagliate, sarà incline sempre a praticare malversazioni, sottrazioni illecite e appropriazioni egoistiche. Il Signore è venuto apposta per chiamare a conversione noi peccatori e lo ha fatto non nella forma repressiva della condanna pregiudizievole, bensì sotto la veste del Maestro che autorevolmente rimprovera, ammonisce, guida.

Siamo ancora a tempo per recuperare le lodi del Signore. Basta che ci mettiamo in ascolto della sua voce. Come fa il Signore a parlarci? Attraverso un'ispirazione interiore in un momento di pausa che ci prendiamo per riflettere, talvolta; talaltra dopo una avversità una perdita un incidente una malattia. Talora, perché no? ci parla attraverso un beneficio inaspettato o immeritato; ordinariamente quando ci mettiamo in ascolto del suo Vangelo.

A noi tocca di riflettere saggiamente sul da farsi, prevedendo i pericoli più gravi e come schivarli, valutando le nostre disposizioni di carattere ed arrivando ad un agenda certa di lavoro anche nel campo spirituale, ossia a definire che cosa conviene ed occorre fare e in che maniera, passando all'azione senza tergiversare.

"Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre la meglio sul giudizio." scrive san Giacomo nella sua lettera. Confidiamo nella misericordia del Signore, ma intanto per quel che ci riguarda siamo noi stessi attivi e non pigri operatori di misericordia.

 

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