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TESTO Commento su Gal. 3,24-26

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Sabato della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (09/10/2010)

Brano biblico: Gal. 3,24-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

La Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù.

Come vivere questa Parola?

La contrapposizione legge e fede torna più volte in Paolo, talvolta con sfumature polemiche. Lo zelante fariseo di un tempo ha forse rigettato la legge, prima difesa strenuamente, quasi si trattasse di un inutile e intralciante fardello? No! Paolo riconosce la validità della legge come propedeutica a Cristo, ma è cosciente della sua relatività.

La legge - commenta Paolo - è un buon pedagogo, non un assoluto. Alla sua luce l'uomo è messo in grado di distinguere il bene dal male e può prendere atto della propria radicale impotenza a salvarsi da solo, perché pur vedendo e desiderando il bene che la legge gli indica, finisce col compiere il male che non vorrebbe: si scopre, quindi, schiavo del peccato (cf Rm 7,14-24).

La consapevolezza di questo nostro pesante limite ci fa comprendere e apprezzare il dono di Cristo disponendoci ad aderire a lui con l'atto di fede. Veniamo così affrancati da questa umiliante schiavitù ed elevati alla dignità di figli di Dio, che ci impegna a vivere conformemente ad essa e, al tempo stesso, ce ne dà la possibilità con il sostegno della grazia.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi lascerò penetrare da questa consolante certezza: per la fede sono figlio e non schiavo. Di questa libertà è segno il mio libero aderire al bene, col sostegno della grazia. Con profonda riconoscenza faccio mio il grido di Paolo:

Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! (Rm 7,25)

La voce di un padre della Chiesa

La legge, che era stata imposta a degli schiavi, educava gli animi con mezzi esteriori e corporei, attirandoli, quasi come una catena, all'osservanza dei comandamenti, perché l'uomo imparasse ad obbedire a Dio. Ma il Verbo, liberando l'anima, insegnò anche al corpo di abbracciare una spontanea purificazione sotto il dominio dell'anima. Fatto ciò, si rese necessario sciogliere i vincoli della schiavitù cui l'uomo era ormai assuefatto, e invitarlo a servire Dio senza vincolo.
Ireneo di Lione

 

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