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TESTO Commento su Luca 17,11-19

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/10/2010)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Marco Simeone

Colletta

O Dio, fonte della vita temporale ed eterna, fa' che nessuno di noi ti cerchi solo per la salute del corpo: ogni fratello in questo giorno santo torni a renderti gloria per il dono della fede, e la Chiesa intera sia testimone della salvezza che tu operi continuamente in Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Alzati e va', la tua fede ti ha salvato.

Questa domenica si tocca un nervo scoperto in quasi tutti noi, perché si parla della sofferenza, della malattia, e di come Gesù agisca.

Il brano è interessante perché mostra il punto di vista del malato, in questo caso addirittura lebbroso, ma anche quello di Dio: e questo non è affatto scontato.

Cominciamo dai malati (perché è un plurale, addirittura sono 10, una cifra tonda che significa "proprio tanti") che cercano la salvezza; i verbi sono interessanti: gli vanno incontro, fermatisi a distanza, alzarono la voce, andavano, furono sanati. Verbi descrivono i tratti di queste persone: andare incontro significa cercare, questa non è gente che sta seduta all'angoletto a piangersi addosso, al contrario ci provano a credere, per cui nell'andare incontro c'è tutto quello che esprime la ricerca di Dio (la nostra preghiera, i voti, i pellegrinaggi, ecc.).

Stanno a distanza perché lo status di lebbroso gli impediva di avvicinarsi ai "sani", ecco perché gli stanno lontani; quindi erano rispettosi delle regole. Potremmo dire che certamente sono comportamenti da brave persone che, senza alcuna colpa, si trovano a fronteggiare qualcosa di molto più grande di loro, insomma, non se lo meritavano affatto.

Alzano la voce perché vogliono essere ascoltati da Gesù, è la loro ultima spiaggia: la loro storia non li ha ancora piegati.

Ricevuta la risposta di Gesù, gli danno retta, quindi senza aggiungere altro si dirigono dai sacerdoti (era stabilito dalla Legge che quando un uomo fosse casomai guarito dalla lebbra, i sacerdoti ne dovevano stabilire la guarigione e poi riammetterlo nella società); notiamo che meglio di Naaman (I lettura) non fanno storie, ubbidiscono, forse è segno di fede oppure solo di opportunismo.. sia come sia intanto si mettono in viaggio. Giunti a questo punto è chiaro che se anche noi avessimo questo livello di fede, "staremmo a cavallo" e, per inciso, il miracolo poi avviene; quindi lieto fine? ... forse.

Ma Gesù come vede tutto questo? È strano che parli di salvezza solo a quello che è tornato ... forse è proprio vero che i pensieri di Dio sono così distanti dai nostri, sono imperscrutabili. Se solo quello che torna a ringraziare viene rassicurato riguardo alla salvezza (grazie alla sua fede), allora significa che è necessario riconoscere la gratuità del dono. Agli occhi di Dio noi siamo e rimaniamo sempre figli suoi, è vero che ci confrontiamo con gioie e dolori, con la salute e la malattia, ma noi non siamo le nostre croci o i nostri corpi malati; c'è qualcosa di eterno in noi. Il samaritano (giudicato eretico dagli altri ebrei) è quello che si rende conto di aver incontrato il Messia, il che è infinitamente più importante di tutto il resto. Sei salvo non quando il tuo corpo guarisce, perché tu non sei solo il tuo corpo, ma quando incontri Dio; allora sai che la tua vita è indissolubilmente legata a Lui, che qualsiasi cosa dovrai vivere la vivrai con Lui "se dovessi passare per una valle oscura, Tu sarai con me". La fede funziona quando mi sento con Dio anche nella sofferenza, perché ho ben presente che sono stato fatto per l'eternità, è il paradiso che mi aspetta: per questo il samaritano è salvato, perché ha riconosciuto il suo Signore, si sente alla presenza di Dio. Ecco perché passa in secondo piano anche la sua guarigione fisica e la riammissione tra gli altri.

Ma se è proprio così, perché allora Gesù fa il miracolo anche agli altri 9? Perché con l'incarnazione Gesù ci ha insegnato che Dio sa chinarsi su ciascuno di noi e cammina al nostro passo, parla la lingua che noi possiamo capire per spiegare quello che - per le nostre paure - tante volte non vorremmo ascoltare, perché magari ci sembra un'acqua troppo profonda per nuotare. Quando nella seconda lettura S. Paolo dice che se anche noi manchiamo di fede, Lui rimane fedele per sempre, ci dice appunto che Dio non molla, che non ci lascia sperdere in questo mondo, brancolando in balia di noi stessi e del mondo; ma che instancabilmente prova a farci sollevare lo sguardo da questa terra al cielo, la nostra casa.

Il samaritano si è guardato, si è riconosciuto guarito e ha tratto le sue conclusioni.

Guarda cosa Dio ha fatto per te e scopriti guarito, riconosci le tante volte che Ti è stato a fianco per aiutarti e apri il tuo cuore alla lode, ringraziaLo per quanto ti è stato fedele "e non essere più incredulo ma credente."

 

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