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TESTO Rinunciare a mettersi avanti

don Daniele Muraro   Home Page

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/09/2010)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Sembrerebbe a prima vista che questo vangelo valga per alcuni e non per altri: per due volte Gesù ripete che chi non è disposto a determinate rinunce non può essere suo discepolo. Ma è così importante essere discepoli del Signore?

Sì, se è vero che Egli è quella porta stretta, da cui bisogna necessariamente passare per avere la salvezza. Chiediamoci allora a che cosa rinunciare e come farlo, per rientrare nella categoria dei discepoli.

Gesù parla di affetti e di beni materiali e in mezzo ci mette la croce. È chiaro che per sé Gesù vuole un amore assoluto. In ciò si colloca ad un livello uguale a quello del Padre. Mai nessuno aveva parlato così. Paolo nella seconda lettura implora Filèmone di seguire il suo consiglio, ma senza pretese, da amico ad amico. Gesù invece non ammette resistenze.

Un atteggiamento così intransigente è credibile in quanto Gesù per primo dà l'esempio. Infatti chiede di essere seguito: Lui starà sempre davanti. I problemi incominciano quando si prende un'altra strada o Gli si taglia il passo.

In chiusura della sua Regola, così dettagliata per altro, san Benedetto riassume tutte le prescrizioni in questa frase significativa: "i monaci... non antepongano assolutamente nulla a Cristo..." Finché si tiene Cristo davanti agli occhi, sembra dire san Benedetto, il monaco, non corre alcun pericolo, ma ciò vale per ogni singolo cristiano.

Infatti abbandonare padre, madre, la propria parentela originale e quella acquisita è un passo che solo alcuni riescono a fare, quelli più direttamente coinvolti nel mistero del Regno. Di tutti i cristiani però deve essere il distacco, ossia che usando lecitamente dei beni terreni, non si distolgano da quelli eterni, ma nell'intenzione li tengano continuamente presenti e soprattutto non perdano di vista Cristo.

Si va dietro a Cristo quando lo si prende ad esempio e per guida, ci si riconosce piccoli davanti a Lui senza pretendere di raggiungerlo, ma non per questo si smette di imitarlo e perciò un giorno si arriverà a conseguirlo.

Un simile cammino di sequela riguarda ogni condizione perché ad ogni stato di vita corrisponde una sua determinata croce. Che le croci siano abbondanti e che nessuno se ne possa dire privo, il Signore non se lo inventa, ma lo constata e a chi non lo sa lo rivela. La sua proposta originale non consiste perciò nella fabbricazione della croce, quanto nel mettersi in strada dietro a Lui con quella croce che ciascuno scopre di avere di già.

Se uno pensa che lontano da Cristo non si trovino croci, si inganna e pretendendo di vivere senza se ne troverà caricato di ben più pesanti di quella che al principio aveva rifiutato. Oppure un siffatto soggetto dovrà trovare sempre nuovi bersagli sui quali scaricare i pesi di cui inevitabilmente si troverà caricato.

Dietro al Lui che apre la strada dunque, il Signore non ci chiede di portare una croce che non ci appartiene, ma quella nostra personale, quella sopraggiunta a motivo di circostanze esterne avverse o quella che ci siamo fabbricati da soli con le nostre scelte sbagliate.

Tutti allora possono essere discepoli del Signore, perché a nessuno manca una croce gettata a intralciare il cammino, croce da non respingere, ma da accogliere e sotto il peso della quale proseguire.

Dietro a Gesù la croce cambia di valore: da supplizio comminato per colpa come nel caso del ladrone e da angheria subita per debolezza come nel caso del cireneo diventa strumento di salvezza. Infatti il cammino di Gesù non termina sul Golgota, ma continua fino all'alba della Pasqua.

In questa prospettiva può succedere che uno scelga di portare la croce non solo resistendo con fatica contro il suo egoismo, ma anche accettando con gioia la causa del suo dolore. Non mancano infatti persone provate nel corso della vita da tante sofferenze e perdite che avendo accettato le loro vicissitudini in spirito della fede sanno dimostrarsi sereni e quasi ilari e così infondono coraggio a chi le avvicina.

Resta ancora un dubbio: l'unico atteggiamento adatto ad un cristiano sarebbe forse il disprezzo del mondo e la mortificazione? Non esiste in lui alcuno spazio per la vita ordinaria e per l'impegno nel mondo?

Le due parabole della torre e del re ci dicono il contrario, ma ci avvisano di far bene i nostri conti, ossia di essere prudenti. Se infatti non di tutti può essere l'abbandonare, da ogni cristiano il Signore si aspetta la rinuncia, ossia che non si attacchi ad affetti e beni terreni tanto da venire impedito di amare Dio con tutto il cuore.

Sempre più spesso nella nostra società la vita viene presa come una gara a chi arriva più in alto e a chi possiede di più. Gesù ci chiede di fare i nostri calcoli, se non valga la pena per così dire di venire a patti con i nostri concorrenti e accettare un sano arretramento nelle cose materiali per non essere costretti a scendere a compromessi sul piano religioso ed esistenziale.

In questa maniera realizzeremo le parole del salmo: "Insegnaci, Signore, a contare i nostri giorni, e acquisteremo un cuore saggio... Rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda."

Saldo è ciò che dura nel tempo e che resiste alle prove e noi sappiamo che solo quello che è stato fatto secondo Dio adempie questi requisiti.

A tutti la vita impone delle rinunce, il tempo non può essere una eterna vacanza, ma rinunciare alle cose cattive che alimentano il vizio e anche a quelle buone in vista di quelle migliori, far questo per amore del Signore vuol dire aver trovato in Lui un compagno di viaggio affidabile ed una guida sicura.

 

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