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TESTO Che cosa farò ora?

mons. Gianfranco Poma

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2010)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Iniziamo oggi la lettura del cap.16 del Vangelo di Luca e riprendiamo, con Gesù, il cammino verso Gerusalemme. Non dobbiamo dimenticare la meta verso cui tendiamo che è la partecipazione al mistero pasquale di Cristo come senso dell'esistenza cristiana: il dono totale di sé come via per entrare nella pienezza della vita. Con gradualità pedagogica raffinata, il Vangelo ci dischiude gli orizzonti sempre più vasti della vita che ci è offerta e ci educa perché sappiamo attuarla: una vita di libertà e di amore, non ripiegata su sterili gelosie o invidie, una vita di fraternità e di concreta condivisione, possibile perché è la vita di figli amati da un Padre con infinita gratuità e misericordia. Il Vangelo di Luca ci ha fatto sedere alla mensa del Padre, chiedendoci di non aver paura di metterci agli ultimi posti; ci ha fatto gustare la gioia dell'abbraccio del Padre e ci ha chiesto di imparare a vivere concretamente lo stile di fratelli mostrando il volto gioioso di chi sente amato e diffonde l'amore del Padre. La meta verso cui il Vangelo ci guida è lo splendore del volto pasquale di Cristo che risplende sulla quotidianità del nostro volto: ma non ci nasconde che per arrivare alla gioia della libertà e dell'amore occorre passare attraverso il dono totale di sé del venerdì santo. Luca non si stanca di ripeterci che il Vangelo ci chiede tutto per poter donarci tutto: con estremo rigore e realismo pedagogico ci guida nel cammino della nostra liberazione da ciò che ci chiude in noi stessi, le nostre paure, il nostro egoismo, gli idoli a cui ci aggrappiamo, illudendoci della nostra possibilità di autoliberarci.

Il cap.16 del Vangelo di Luca ha una grande importanza in questo senso: ci presenta la necessità di scelte radicali, senza compromessi; ci svela con estrema chiarezza che la ricchezza può diventare un idolo che rendendoci schiavi ci chiude la strada verso la libertà; ci mette di fronte alla nostra responsabilità perché, in piena libertà, decidiamo quale senso dare alla nostra vita.

Occorre tuttavia osservare che, se è molto chiaro ciò a cui tende questa pagina evangelica, è molto più difficile coglierne la ricca complessità del pensiero: qui più che mai appaiono le caratteristiche del Vangelo di Luca, la chiarezza nel porre la radicalità della proposta evangelica e nello stesso tempo la necessità della mediazione culturale che rende possibile che la forza trasformante del Vangelo si innesti nel concreto della storia. "Nessun domestico può servire due padroni: o odierà uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà a uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e mammona". (E' significativo questo termine "mammona" che indica la ricchezza, ma che nella sua radice ebraica significa la fede, quasi ad indicare che la ricchezza può diventare una fede che compete con la fede in Dio) Luca non lascia spazi all'illusione della conciliabilità dell'amore per Dio e dell'amore per la ricchezza: amare Dio è libertà, amare la ricchezza è schiavitù. E' ugualmente cosciente il Vangelo della complessità concreta del vivere la logica evangelica nella storia: il rischio di inutili e facili moralismi, integralismi è evitato con la dialettica che Luca riesce a stabilire tra la radicalità escatologica del Vangelo e l'attualità della mediazione culturale in continua tensione. Questo richiede, di conseguenza, uno studio attento, non semplicistico delle pagine evangeliche: per Luca il problema non è la demonizzazione della ricchezza come tale, ma la coscienza che la ricchezza può diventare facilmente l'idolo attraverso il quale l'uomo pensa di poter diventare onnipotente mentre ne diventa solo schiavo. La radicale scelta di Dio rende l'uomo libero a tal punto che può usare anche delle ricchezze senza esserne schiavo: la pedagogia lucana tende a far sperimentare al discepolo di Cristo un Amore talmente totale per Dio da farne un uomo che nella libertà sa usare di tutto.

In questa prospettiva va letto il nostro brano: Lc.16,1-13. Purtroppo la lettura liturgica si ferma a questo punto, omettendo i versetti successivi che sono molto importanti per l'interpretazione di tutta la pagina evangelica: "I farisei che erano amanti del denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole". Luca ancora una volta dice senza mezzi termini che la proposta evangelica appare risibile a chi non vive quella profonda esperienza di Dio che ha descritto nel Magnificat: Dio è colui che compie meraviglie per il povero che si affida a lui, che riempie di beni gli affamati e manda i ricchi a mani vuote... E Luca ancora ci presenta Gesù come colui che rende visibile nella storia questa presenza di Dio. A questo proposito diventa molto importante la parabola iniziale che con grande superficialità chiamiamo dell' "amministratore infedele": in realtà, anche questa parabola, come tutte, parla di Gesù e della sua presenza nel mondo. "Un uomo era ricco e aveva un amministratore e questo fu denunciato a lui come dissipatore dei suoi beni...": non è certamente di facile spiegazione questa parabola che termina con l'elogio dell'amministratore denunciato come "dissipatore dei beni". Il suo significato si chiarisce se ricordiamo che, secondo l'uso comune nel mondo mediterraneo orientale, l'amministratore si pagava da sé aumentando quanto era dovuto al proprietario. L'accusa rivolta all' amministratore è di trattenere troppo per se impedendo il progresso degli affari del proprietario. Dopo che il proprietario gli ha chiesto ragione della sua azione, l'amministratore riflette e decide di diminuire a ciascuno i suoi debiti, riducendo il proprio compenso e rinunciando al suo supposto arricchimento. Per questo comportamento viene elogiato e viene di nuovo accolto come amministratore: per la sua accortezza nel riflettere e la sua abilità nell'uso dei beni questo amministratore diventa un esempio per i discepoli di Gesù. La parabola, in linea con i capitoli precedenti, presenta ancora il progetto di Dio sull'umanità: una comunità che gode dei beni del Signore: Gesù vuole mostrare che questa non è una utopia irrealizzabile di cui ridere con compatimento. Nella sua vita egli ha mostrato di essere l'amministratore che sa riflettere concretamente sulla realtà, che sa che i beni gli sono affidati per il bene di tutti, sa non mettere il proprio tornaconto al centro di tutto, sperimentando che la logica della condivisione è l'unica che assicura il vero bene per tutti. Ma solo chi fa l'esperienza dell'amore del Padre, ha il cuore, la mente e le braccia del Figlio per gustare con i fratelli la gioia della condivisione dei suoi doni.

 

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