TESTO Poi si pentì e andò nella vigna
II domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (12/09/2010)
Vangelo: Mt 21, 28-32
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28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Uno fa le cose che ama. L'amore rende libero e gioioso anche ogni atto di obbedienza. Ma uno ama quando si sente amato. Per questo - dice Agostino - io amo Dio perché lui per primo ha amato me.
Per servire Dio con sincerità e gioia, non c'è che da porre come fondamento il suo anticipo d'amore verso di me. Allora andrò volentieri a lavorare nella sua vigna.
Qualora mi pesasse, mi rifiutassi per stanchezza o debolezza, si appannasse per un momento l'amore, la certezza dei fatti d'amore che mi hanno preceduto mi spinge sempre a un pentimento, a un ritorno, che dice un amore più grande, perché riconquistato personalmente e sofferto.
Naturalmente tutto dipende dal tipo di amore di Dio che Gesù ci ha fatto conoscere, che è essenzialmente pazienza e perdono, sempre pronto a darci credito.
1) I FATTI D'AMORE
"Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle" (Lett.). Immagine lirica d'una elezione gratuita, di una premura salvifica, di una passione d'amore espressa fino al segno della gelosia: tale l'opera di Dio per Israele. "Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?". Una alleanza che attendeva fedeltà e che invece non ha trovato che incorrispondenza: "Mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi. Si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi". Dio è deluso, ed è tentato di qualche richiamo forte perché il suo popolo si accorga che "senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5). Se ne accorgerà la moglie infedele di Osea: "Ritornerò al mio marito di prima, perché stavo meglio di adesso" (Os 2,9). Come è poi la vicenda del figlio prodigo (Lc 15,17-19).
Per Paolo la vita ha un solo senso e quindi un solo grande amore: "Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Epist.). Ad un amore così grande dimostrato da Cristo, non c'è alternativa: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me". Totalità per totalità. Sono stato comprato a caro prezzo - dirà san Pietro - "con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia" (1Pt 1,19); non mi appartengo più. "Voi non appartenete a voi stessi, infatti siete stati comprati a caro prezzo" (1Cor 6,19-20). Del resto, amore per amore: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici" (Gv 1513).
L'esperienza dell'amore di Dio avuta da Paolo è essenzialmente l'esperienza del perdono: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna" (1Tm 1,15-16). Quello di Cristo è un amore che non si stanca, ritenta sempre una conquista del cuore, va in cerca della pecora smarrita, sempre perdona, dà credito e stimolo a ricominciare da capo. "Vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte" (Lc 15,10). Tutta la premura di Gesù per i pubblicani e i peccatori è per dichiarare che ognuno può convertirsi sempre perché lo precede una disponibilità assoluta di Dio al perdono e alla riconciliazione: "Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo" (Gv 12,47).
2) LA RISPOSTA D'AMORE
"Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Certamente non chi ha detto, ma ha fatto; non chi ha avuto velleità, ma ha obbedito. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21). E ne viene tutto il discorso della coerenza tra fede e vita, tra culto e carità. Gesù è esigente: "In quel giorno molti diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità" (Mt 7,22-23). Non è sufficiente.. essere del giro, e forse neanche essere brillanti operatori pastorali; il Signore vuole il cuore. Che magari si esprime meglio con la preghiera!
La polemica di Gesù immediatamente si riferisce al fatto che molti di quelli che erano più preparati a riceverlo - gli Ebrei in genere, i farisei e i dottori della Legge - non l'aveva accolto, al contrario di chi invece sembrava il più lontano dal capire il suo messaggio: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Venne Giovanni a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto". Altrettanto, pensava la Chiesa primitiva, è avvenuto che i Giudei non hanno creduto, mentre masse di pagani hanno aderito al Signore Gesù. "Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi" (Mt 19,30).
"Voi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli". Ecco il punto: pentirsi. Sentire anzitutto di aver bisogno di conversione e non sentirsi giusti (è il peccato dei farisei di sempre, convinti di una loro giustizia!). La parabola del fariseo e del pubblicano è un quadretto icastico e chiaro (Lc 18,9ss.). Diceva sant'Ambrogio: non è santo chi non pecca mai, ma chi, una volta caduto, si rialza! La santità sta nel ricominciare sempre a lasciarsi riconciliare con Dio. Con umiltà. Se Dio ha permesso anche nel più santo le sue debolezze, è per creare la coscienza che anche nel fare il bene dipendiamo da Lui. "Anche noi abbiamo creduto in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge" (Epist.). Dove si intende che non salva neanche una religiosità soggettiva che esclude il confronto e l'obbedienza a ciò che Cristo ha stabilito per la salvezza. E oggi è di moda tra molti che si credono cristiani.
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La risposta d'amore deve essere da figli, non da schiavi. Non per la paura di un castigo o di un giudizio. Ma rispondere ad un amore così grande come quello di Dio.. si è sempre in debito. Appunto, in fondo, questo è il senso e il contenuto del peccato nel credente. San Carlo si confessava tutti i giorni, perché davanti al Crocifisso sentiva tutta l'incorrispondenza ad un amore così totale che esigeva risposta totale.
Ma forse anche questa è presunzione. Tanto vale l'atteggiamento di un abbandono umile e povero come la fiducia (innocente e incosciente) di un bambino tra le braccia di sua madre (cf. Salmo 130).