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TESTO La domenica dei cristiani anonimi

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/08/2010)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

So che sembra una roba da matti, ma secondo una recente e ben documentata indagine - stupefacente - di F. Garelli, un numero impressionante di giovani - circa un milione - in Italia ha pensato almeno una volta nella propria vita a... farsi prete.

Sì, avete sentito bene: 1.000.000 (un milione) dei nostri ragazzi ha sentito questo desiderio nel cuore.

Ancora più incredibile sembra questo: duecentomila giovani italiani hanno avuto questa attrazione per almeno tre anni, e questo indipendentemente dall'intervento di qualche animatore vocazionale.

Gli esperti del settore, che hanno analizzato le statistiche, sono giunti a una conclusione sconcertante: più che di crisi dei desideri vocazionali nei giovani, oggi, si deve parlare di crisi di accompagnamento del desiderio vocazionale.

I nostri ragazzi non trovano qualcuno che li ascolti e li accompagni nel realizzare i loro sogni, sembra.

Ma non leggiamo sempre, sui giornali, che i giovani sono quelli dei Sabati sera in discoteca, del bullismo, dello sballo obbligatorio, della crisi dei valori, della vita facile, ecc.?

Per farci venire definitivamente il mal di testa sarebbe, poi, interessante vedere quanti di loro si impegnano in variegate forme di servizi, assistenza e volontariato. Anche lì incontreremmo delle sorprese, capaci di mettere in crisi il nostro schema preconfezionato che ci siamo fatti sull'argomento.

Verrebbe da dire che, con percentuali in picchiata relative alla partecipazione alla Messa domenicale e alla conoscenza della fede cattolica, le statistiche siano sbagliate. Oppure c'è da mettere a registro qualcosa nella nostra valutazione.

Una cosa è certa: se crediamo che i giovani cristiani siano solo quelli che vanno a Messa e al catechismo, forse non abbiamo capito bene come stanno le cose oggi.

Lo stesso si potrebbe dire rispetto agli adulti.

Non so se avete mai sentito parlare dei cosiddetti cristiani anonimi.

Cristiano anonimo, spiega il grande teologo gesuita Karl Rahner, è: chiunque segue la propria coscienza, sia che ritenga di dover essere cristiano oppure non-cristiano, sia che ritenga di dover essere ateo oppure credente. Un tale individuo è accetto e accettato da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come fine di tutti gli uomini. In altre parole: la grazia e la giustificazione, l'unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza di un uomo (Karl Rahner, La fatica di credere, Edizioni Paoline, 1986, p. 86).

Ascoltando le letture di questa Domenica, potremmo, umoristicamente, ringraziare la Chiesa per aver dedicato una Domenica ai cristiani anonimi: a coloro che, considerando il classico adagio extra Ecclesia nulla salus, si trovano fisicamente fuori della Chiesa terrena... ma rischiano di precederci in quella celeste, se prendiamo per buone le parole di Gesù.

Loro non sono in Chiesa con noi, oggi, ma la Chiesa spiega a noi, che siamo presenti alla liturgia, come dobbiamo guardare a loro. Dobbiamo correggere un po' le nostre idee su una domanda fondamentale, che spesso ci facciamo.

La domanda fondamentale è bene espressa da quel tale del Vangelo: "Sono pochi quelli che sono sulla via della salvezza?" (questo è il senso esatto del versetto 23).

A questa domanda, la prima lettura dà una risposta interessante: sono diversi da quelli che ci immaginiamo. Infatti tra di essi ci sono anche quelli "che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria". La cosa ancora più sorprendente è che proprio questi, oltre ad essere sulla via della salvezza senza saperlo, "annunceranno la mia gloria tra le genti" e "anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti". È un invito alla speranza, una esortazione che ci consente di allargare il nostro orizzonte per abbracciare una visione più ampia. Il cammino che porta alla salvezza è stretto, ma è percorso anche da persone che non immaginiamo.

"Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche" riprende la seconda lettura. Anche qui ritorna un invito alla speranza, cioè ad accogliere il punto di vista di Dio, più ampio del nostro, una prospettiva che non è integralista o settaria, ma fondata sulla misericordia.

Noi crediamo in un Dio che è Padre e che quindi corregge le visioni sbagliate di coloro che ama. "Qual è il figlio che non viene corretto dal Padre?" ci dice l'autore della lettera agli Ebrei. Viene ripresa l'immagine della Domenica precedente, cioè quella sportiva della corsa. In questa strada non siamo soli, noi cristiani, ma abbiamo tanti compagni. "Rinfranchiamo la nostra speranza e la nostra fiducia e lanciamoci con passo allenato e sicuro sul difficile cammino della vita" (G. Ravasi).

Gesù conferma tutto ciò nel Vangelo: per essere sulla via della salvezza è necessario aver attraversato "la porta stretta" (versetto 24), cioè l'impegno e lo sforzo personale nella ricerca di una retta coscienza, direbbe Karl Rahner. Noi invece preferiamo dire: l'impegno e lo sforzo personale nella ricerca del regno di Dio.

Non è rilevante essere iscritti a una chiesa, presentare le proprie tradizioni religiose, praticare dei precetti, appartenere a un gruppo: per essere sulla via della salvezza è necessaria una scelta di vita concreta, fatta di retta coscienza, costruzione della pace, pratica della giustizia, amore e perdono al prossimo.

"Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio" dice Gesù. Ritorna ancora la visione di speranza, che spezza i nostri schemi mentali ristretti.

"Meglio essere cristiani senza dirlo che dirlo senza esserlo", predica sempre l'Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, citando Ignazio di Antiochia.

Forse in questa espressione c'è la sintesi di quanto detto finora.

Ci sono cristiani che non sanno di esserlo. Altri che credono di esserlo e non lo sono.

Forse la soluzione ideale sarebbe una terza via: "Essere cristiani e dirlo": mettere in pratica ciò che Gesù raccomanda nel Vangelo odierno e testimoniarlo in una vita coerente e chiara.

Possiamo senz'altro essere d'accordo che fuori della Chiesa non vi sia salvezza. Però possiamo anche dire, rimanendo pienamente dentro l'ortodossia cattolica, che, accanto ad una Chiesa ufficiale, esista una comunione di cristiani formalmente non sancita dall'ufficialità di questa appartenenza (R. Vernini).

Preghiamo in silenzio qualche istante, riprendendo le parole del Gloria, che abbiamo pronunciato all'inizio della messa: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".
Non è "Pace in terra ai cristiani".
È "pace in terra agli uomini di buona volontà".

Pace in terra anche ai cristiani anonimi, quindi.

Commento a cura di Alvise Bellinato

 

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