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TESTO Il denaro misura il mio senso di realtà

Marco Pedron   Marco Pedron

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/08/2010)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Gesù sta parlando a migliaia di persone. Dice che chi lo seguirà "sarà rinnegato, portato di fronte ai tribunali, ma di non aver paura perché anche i capelli del nostro capo sono tutti contati" (12,7.9). Gesù sta parlando di cose profonde, del centro della vita, dell'essenza del vivere e cosa succede?

Viene fuori questo tale con un problema personale, particolare, specifico. Ma stava veramente ascoltando Gesù? Ma quanto concentrato, piegato su di sé era quest'uomo se in mezzo a migliaia di persone e a tutte quelle parole di vita pone questa questione?

Questo uomo non stava pensando a nient'altro che al suo raccolto, che ai suoi magazzini e siccome non riusciva a riempirli, visto che il fratello (probabilmente il maggiore) gli aveva sottratto la sua parte, era tutto intento a trovare il modo di riempirli. Questa parabola è detta per lui: "Anche se avessi l'eredità, anche se i tuoi magazzini fossero pieni, anche se ricevessi un raccolto maggiore delle tue aspettative, non ti serve a niente se non sei libero, non ti serve a niente se vivi per i soldi, se vivi per accumulare, per avere".

Questo uomo cerca di appropriarsi di Gesù, dice: "Mio fratello sta commettendo un'ingiustizia, come puoi non darmi ragione Gesù!?". Ma Gesù gli legge dentro: "Amico, tu vuoi giustizia non per il valore della giustizia, ma perché sei attaccato ai soldi, perché ne sei avido, perché invidi chi li ha, perché li brami. Allora non chiamarmi in causa, non usarmi per i tuoi scopi, non sequestrarmi per i tuoi interessi".

In certi momenti della vita mi sono trovato a pregare perché Dio togliesse la ricchezza ai ricchi e la desse ai poveri (io ero povero e non mi sarebbe affatto dispiaciuto essere ricco!); in certi momenti mi sono trovato a lamentarmi perché le chiese erano vuote di fedeli e volevo che Dio riempisse la mia; in certi momenti pregando Dio per nobili cause stavo solo cercando di aumentare il mio magazzino di potere, successo e ammirazione. Gesù non dice a quest'uomo: "Tu hai ragione e tuo fratello ha torto". Dice: "Tu, tuo fratello e tutti quelli che confidano solo nelle ricchezze perderanno la vita, l'anima, la parte feconda, creativa, vera della vita".

Gesù va oltre la divisione giusto/sbagliato e dice: "Tutti quelli che vivono così moriranno così". Perché se uno è preoccupato di accrescere l'esterno, se uno ha quest'ansia da prestazione, da "di più" (più di l'immagine, di potere, di fama, di rendite), non potrà che trascurare l'interno, l'anima, le relazioni, il regno di Dio. E' ovvio.

La parabola sembra quasi una maledizione di Dio: "Tu hai accumulato tanto, ma io ti tolgo tutto". Sembra che Dio se la rida di noi, che ci prenda in giro, ma la parabola non vuole dire questo. E' una constatazione di ciò che accade a tutti quelli che non arricchiscono davanti a Dio, a tutti quelli che non si curano della propria anima e che si proiettano sui magazzini, sull'avere, sul riempirsi di cose: "Per chi vive così finirà così, sappilo", dice Gesù.

Certe persone dicono: "Padre, sono vuoto, mi sento solo, sono così solo, così insicuro, così depresso, così triste, non provo più niente per mia moglie, non mi sento più vivo, sento la morte dentro". Bisognerebbe dirgli: "Te lo sei voluto, non ti lamentare tanto. Hai lasciato morire la tua anima, non te ne sei mai preso cura, hai pensato solo al lavoro e ai soldi e adesso ti lamenti? Ma come facevi a pensare che non succedesse questo?".

Mi hanno regalato una pianta. Ma me la sono dimenticata, non le ho dato acqua per molto tempo ed è morta. Allora ho iniziato a pensare che cosa potesse essere stato: qualche animale, il troppo caldo, la terra non buona... o non era semplicemente che non me ne ero preso cura? Forse era inutile trovare scusanti, giustificazioni o fare la vittima. Perché lamentarsi, cosa potevo pretendere?

A volte le persone si lamentano che il loro matrimonio è fallito, che non c'è più amore, che non ci si capisce più, che i figli sono così, ribelli, degeneri, che sono nervosi e nevrotici, che sono infelici, ma a ben pensarci cosa pretendere di diverso? Poteva finire in altro modo? Ti sei preso cura della tua anima, del tuo mondo interiore o lo hai lasciato morire?

L'uomo della parabola non ha nome come quasi sempre i ricchi del vangelo (12,13-21; 16,19-31; 18,18-23). Il ricco nel vangelo non ha un nome, è anonimo, perché ha perso la sua identità, la sua personalità (il suo nome). Non ha più nome perché la sua attenzione si è spostata da sé (nome, identità), da ciò che possiede (il regno di Dio, l'anima) a fuori di sé, alle ricchezze, a ciò che non possiede, che non potrà possedere, ma che vuole raggiungere. In questa ricerca ha perso l'unica cosa che ha: se stesso, il suo tesoro, la sua vera ricchezza. Gesù diceva sempre: "Ma a che serve guadagnare il mondo intero se poi si perde la propria anima (psiché)?". Già a che serve, se perdi la tua libertà interiore, la tua creatività, la tua voglia di vivere, chi ami, se ti perdi l'infanzia di tuo figlio, l'amore di tua moglie, la forza dell'amicizia!

L'uomo del vangelo vive un terribile senso di irrealtà. Il suo rapporto con lo spazio e il tempo è sfasato. Parla sempre al futuro: "Che farò, farò così, demolirò, costruirò, vi raccoglierò". Non si pone neppure il problema "tempo", è astorico. Ma dove vive? Non sa che tutto finisce? Che tutto passa? Che tutto ha inizio e fine? Non vi pare di vedere qui tutte quelle persone che vivono l'intera vita solo per lavorare, per mettere da parte, come se vivessero sempre?

Tutto ha un tempo; tutto inizia, si svolge e finisce. Tutto passa. Io non sono eterno, tu neanche. Ciò che hai perso, lo hai perso per sempre. Ciò che è andato è andato e non torna più. Ciò che non hai gustato, non lo potrai fare più. Anche quell'uomo si diceva: "Eh sì, verrà un giorno dove mi riposerò, mangerò, mi darò alla pazza gioia. Molti aspettano la pensione, quando i figli saranno grandi, ma spesso è mai. Se non gusti, assapori oggi, se non sei capace di farlo adesso perché dovresti farlo domani?

Un giovane e una ragazza sono appoggiati al parapetto di una nave lussuosa. Si tengono teneramente abbracciati. Si sono appena sposati e questa crociera è la loro luna di miele. Stanno parlando del loro presente pieno di amore e del loro futuro che appare così roseo. Il giovane dice: "Il mio lavoro ha ottime prospettive e potremo presto trasferirci in una casa più grande. Fra otto-dieci anni potrò mettermi in proprio. Vedrai che felici che saremo". La giovane sposa continua: "Sì, e i nostri bambini potranno frequentare le scuole migliori e crescere nella serenità". Si baciano e se ne vanno. Su di un salvagente, legato al parapetto si può vedere il nome della nave: Titanic.

L'ex giornalista e commentatore televisivo John Chancellor si preparava a godersi la meritata pensione, quando fu colpito da un tumore allo stomaco. Con la malattia arrivarono i soliti sensi di colpa: "Ho fumato, bevuto e fatto altre cose che non dovevo fare. Mi sono preoccupato abbastanza della mia salute? Nella mia famiglia c'erano mai stati casi di cancro? Perché a me?". "Il cancro" diceva "ci ricorda che siamo legati ad un guinzaglio corto, molto corto. Come ho letto da qualche parte: volete far ridere Dio? Parlategli dei vostri progetti".

E poi lo spazio: il problema del ricco del vangelo è in-grandirsi, costruire altri granai, farli più grandi, arricchirsi di più. Ma farsi più grandi di case, di soldi, di beni, è assolutamente irrilevante per l'anima. Ci si fa grandi fuori proprio perché dentro si è piccoli. Altrimenti non ce ne sarebbe bisogno! E allora costruisce fuori perché dentro non è costruito; si cresce fuori perché dentro non è mai cresciuto; si continua ad allargarsi fuori per bilanciare la piccolezza interna. Non vi sembra di rivedere certi megalomani come Hitler, Alessandro Magno, qualche politico presente, che vorrebbero conquistare il mondo, tutto lo spazio disponibile?

La vita per molte persone è una continua e ininterrotta frustrazione perché credono che identificandosi in qualcosa e avendola saranno felici, raggiungeranno quello che cercano. Dentro di sé dicono: "Quando avrò quella cosa allora sì, quando sarò così allora sì che mi amerò, quando possiederò quella donna allora sì che sarò un uomo, quando avrò quella casa allora sì che me la potrò godere, quando sarò sposato allora sì che sarò diverso, quando i figli saranno grandi allora sì che non avrò più queste preoccupazioni, quando sarò potente allora sì che sarò rispettato".

La gente si attacca a delle cose da raggiungere: "Devo essere così, devo raggiungere questo, devo arrivare lì, altrimenti..." e così lotta, combatte, spende il proprio tempo e le raggiunge anche ma l'amara sorpresa è che non basta, che arrivati non si sa che farsene di quelle cose lì, perché ce ne sono altre di più grandi, che c'è qualcuno più in là di noi.

Allora non si può che essere delusi, frustrati. Allora ci si dice: "Questa l'ho raggiunta ma sono sicuro che quando raggiungerò quell'altra allora sì che basterà, che sarò a posto, che sarò felice" (lo si aveva detto anche prima questo!) e si torna a correre.

L'illusione è: "C'è qualcosa che mi può fare felice (soldi, posizione sociale, ammirazione della gente). Questo sarà il mio tesoro e quando lo raggiungerò sarò a posto".

La realtà invece è: "Io sono il mio tesoro. Niente di esterno mi farà sentire importante se io non mi sento importante; nulla mi farà sentire sicuro se io non mi sento tale; nessun amore mi farà sentire amabile se io non mi amo; nessun Dio mi farà sentire vivo se io non riesco a vivermi ciò che sono". Questa è la differenza tra chi tesorizza per sé (continua ad ammassare tesori esterni) e chi tesorizza davanti a Dio (io sono il mio tesoro, la mia anima, Lui in me).

Quante persone dicono: "Senza di te non posso vivere". Allora ci si attacca a quella cosa. Se non la si raggiunge si è angosciati dall'averla; se la si raggiunge si è preoccupati dal trattenerla. Impara a vivere anche senza quella cosa e se l'avrai potrai gustarla.

La gente che ha un sacco di denaro è quasi tutta angosciata: il grande problema, infatti, è come tenerlo. E' sempre su e giù per le banche, a contatto con promotori finanziari, in panico ad ogni movimento della borsa, disperata se cala l'indice di mercato. La gente che non ne ha, invece, è invidiosa di chi ce l'ha e vorrebbe averlo, e vorrebbe avere di quei problemi, perché così si sentirebbe qualcuno, si sentirebbe importante ricca, potente. E' lo stesso ragionamento: "Ah, se avessi...!".

Un signore mi ha confidato che grazie alla sua azienda guadagna mensilmente 20-25.000 euro. Quando c'è stato il cambio lira-euro lui era davvero angosciato "perché adesso non si può più vivere". Tutto è relativo!

Un altro possiede una catena di alberghi. Un giorno mi ha detto: "Sì, è vero, padre, ho molti soldi, posso permettermi quasi tutto". Poi abbiamo parlato del più e del meno, e gli dico: "Quando vai in vacanza?". "Ah, non me lo posso permettere padre, devo lavorare". "E tu ti definisci ricco? Mi sa che sei molto povero!". Sarà ricco di soldi ma povero di tempo, di gioia, di vita.

Una coppia senza figli ha fatto sacrifici enormi, ha speso tutta la vita per mettersi da parte un piccolo gruzzolo. Sapete poi cos'è successo: sono morti!

Un ragazzo si è comprato un'auto nuova. Ha fatto un incidente e l'ha distrutta. Allora ha fatto un mutuo per comprarsene un'altra di nuova, è andato a prestito dai suoi genitori e dai suoi amici di soldi, lavora anche il sabato e la domenica. E accontentarsi di un usato a basso prezzo?
Chi si angoscia per le ricchezze, si angosci pure!

Molte persone passano tutta la vita ad ammassare, "avere" riconoscimenti di stima, non possono vivere senza questi, senza sentirsi dire dalla gente quanto siano bravi, forti, intelligenti, ricchi, bravi, simpatici.

Altri, che non li hanno, passano tutta la vita a cercarli, a volerli; si sfibrano per questo, ma per gli uni come per gli altri è una corsa infinita. La madre chiede al figlio: " Alla tua fidanzata cosa piace di te?". Il figlio: "Pensa che io sia bello, intelligente e simpatico e che possa fare carriera nel lavoro". "E a te che cosa piace di lei?". "Il fatto che pensi che io sia bello, intelligente e simpatico e che possa fare carriera nel lavoro".

Questo vangelo ci interroga sul nostro rapporto con i soldi. Molte volte in passato si è sentito dire: "I soldi sono del diavolo". Altri, invece, vivono per i soldi. Il denaro non è buono né cattivo. Il denaro è la nostra percezione della realtà. Come un uomo si rapporta con il denaro così egli è. Il denaro è la materializzazione dei nostri valori, di quello che crediamo, di ciò che abbiamo in profondità. Ciò che facciamo con il denaro riflette i valori in base a cui viviamo.

Il denaro non è la realtà, ma da come tu lo usi, io ti dirò chi sei.

Molte persone non sono state amate da piccole o hanno sofferto molto della mancanza o della scarsità d'amore e credono di poterselo comprare con il denaro. Ma avere tanto denaro non è garanzia d'amore oggi e non copre il buco di ieri.

Molte persone si sentono inferiori, piccole, percepiscono di non avere valore e il denaro (ma anche la fama, la notorietà) da "valore", da importanza. Allora avere soldi, avere denaro, riempie il buco: "Vedi chi sono; vedi cosa posso permettermi; vedi quanto valgo". Il denaro è un surrogato dell'amore. Ma essere ricchi, importanti, potenti, avere fama, convince (forse) gli altri, ma non noi stessi; influisce sull'immagine degli altri ma non cambia chi siamo noi. Non basterà mai e non farà mai felici perché non è il denaro che si cerca ma l'amore.

Molte persone si sentono insicure dentro. Allora si gettano a capofitto per avere, per raggiungere qualcosa. "Quando avrò una casa nuova il nostro matrimonio andrà meglio; quando sarò più bello, più magro, più affascinante, allora sì; quando mi farò rispettare dagli altri...". Ma niente ci darà mai la sicurezza che non abbiamo in noi. E'altrove che dobbiamo cercare.

Molte persone sono così angosciate dalla vita, hanno così paura di vivere, di esporsi, di rischiare, di buttarsi, di crescere, che diventano avari. Democrito (IV sec. a.C.) dice: "Gli avari si possono paragonare alle api. Lavorano come se vivessero in eterno". L'avaro di soldi lo è anche nei sentimenti e nell'amore. E' lui così. L'avaro accumula sempre perché teme di non farcela, che non possa bastare, che non "si sa mai". Lavora con accanimento, non si riposa, non gode della propria vita.

L'avaro è proprio l'uomo del vangelo che dice: "Domani mangerò, berrò, mi riposerò", ma il suo domani è mai. L'avaro non potrà mai smettere di accumulare perché ciò che lo spinge è l'angoscia che ha dentro. Ma accumulare tanto e sempre non sminuisce minimamente l'angoscia, la paura terribile che abbiamo dentro.

Altre persone hanno dei veri e propri attacchi isterici quando l'auto si striscia, quando qualcuno "frega" loro 50 €, quando rompono o perdono qualche oggetto. Credo che sia Dio in persona che faccia ciò: "Amico mio, ti sto aiutando a non attaccarti alle cose: lasciale, non aggrapparti, non ti salvano". Lo dovremmo ringraziare quando ci succedono certe cose.

Il denaro copre l'angoscia della morte. Con i soldi mi sembra di non poter invecchiare: cure cosmetiche, lifting, gioielli, vestiti; il denaro o l'avanzamento di notorietà mi danno fama, sembrano proteggermi dalla paura di essere dimenticato, di essere nessuno, di dover morire. Ma tutto questo non ci toglie l'angoscia bensì una vita sensata, vera, piena e nella fiducia di Dio.
Posso usare i soldi oppure i soldi possono usare me.

I soldi mi possono servire (per vivere più intensamente la vita) oppure posso servire i soldi. La gestione del denaro e l'attaccamento alle cose e al giudizio degli altri dicono il mio grado di libertà.

Tutto quello che hai non aumenta neanche di un centesimo chi sei.

"Rabbì, che cosa pensi del denaro?", chiese un giovane al maestro. "Guarda dalla finestra", disse il maestro. "Che cosa vedi?". "Vedo una donna con un bambino, una carrozza trainata da due cavalli e un contadino che va al mercato". "Bene. E adesso guarda allo specchio. Che cosa vedi?". "Che cosa vuoi che veda rabbì? Me stesso, naturalmente". "Ora pensa: la finestra è fatta di vetro e anche lo specchio è fatto di vetro. Basta un sottilissimo strato d'argento sul vetro e l'uomo vede solo se stesso".

Basta davvero poco per non vedere più nulla se non che se stessi!


Pensiero della Settimana

Quando la ricchezza occupa una posizione più alta della saggezza, quando la notorietà è più ammirata della dignità,
quando il successo è più importante del rispetto di sé
allora quella persona, quella società, è narcisista, è pazza
e sta decretando la sua fine.

 

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