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TESTO Commento su Matteo 8,18-22

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Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (28/06/2010)

Vangelo: Mt 8,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: Maestro, ti seguirò dovunque tu vada.

Come vivere questa Parola?

Il Vangelo di oggi insegna l'essenziale per essere un discepolo di Gesù. Lo scriba che si avvicina a Gesù si offre come discepolo. Probabilmente è attratto dalle sue parole e dalle opere di guarigioni; vuole seguire questo Maestro distinto. Gesù lo porta subito al concreto: " ... il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Gesù non è solo un Maestro come i Rabbi, egli è la Via, la Verità e la Vita.

Quindi, seguire Gesù richiede un cammino arduo che porta il discepolo, gradualmente, a percepire la croce, il sacrificio di se e anche la morte, come strada irrinunciabile per seguire Gesù: servendolo nei fratelli, godendo fin da adesso una consapevolezza e una felicità che vanno al di là della nostra vita terrena. Solo l'Amore crocifisso può offrire doni così sublimi. Quindi la sicurezza del discepolo non sta nelle persone né nel possedere ma nella fiducia in Dio. Chi accetta la chiamata da Dio, mette la sequela come priorità nella propria vita. Non vuol dire annullare gli affetti umani, né fuggire le responsabilità della vita, ma aprire gli occhi ad una visuale sempre più chiara dell'esigenza dello ‘stare con Gesù'.

Nella mia pausa contemplativa oggi, accolgo questi tratti del vero discepolo: la chiamata viene da Dio; l'Amore che esige liberazione dalle persone e dalle cose, ci fa crescere e relazionarci con gli altri in un modo del tutto nuovo e trasformante. Infatti, incominciamo a trasformarci in Cristo!

Signore Gesù, vorrei sentirti dire: "Séguimi". Insegna al mio cuore come cercarti, come trovarti, come seguirti. Non valiamo niente senza di te. T amo Signore, mio Signore e mio Dio.

Un grande teologo dei nostri tempi

Quando si è compreso che Dio ci ha riconciliati con sé al prezzo di se stesso, nella persona del suo Figlio, soltanto allora non c'è più posto per la confortevole leggerezza che vorrebbe vedere la nostra malvagità limitata dalla nostra bontà.
Karl Barth

 

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