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Santissima Trinità (Anno C) (30/05/2010)

Vangelo: Gv 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 16,12-15

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

In apertura del Vangelo di oggi Gesù dice ai suoi discepoli: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso."

Questa frase potrebbe indurre alla sfiducia e allo scetticismo: le cose che intendeva dire Gesù, se non erano alla portata degli Apostoli allora, tanto meno saranno comprensibili e interessanti per noi oggi. Sarebbe temerario e presuntuoso anche solo volerne indovinare il contenuto...

A riguardo sant'Agostino svolge il seguente ragionamento. Durante l'Ultima Cena Gesù aveva detto agli Apostoli: "Adesso non potete seguirmi", intendendo sulla via della passione e Pietro, che pretendeva di essere già pronto, fece un'esperienza negativa e dovette ricredersi.

Tuttavia in seguito tanti credenti di ogni età e condizione furono capaci di sostenere la prova del martirio. I cristiani comuni diventarono degni di affrontare ciò che, nel momento in cui parlava il Signore, i pastori non avrebbero potuto soffrire.

Allo stesso modo secondo qualcuno non bisognerebbe dire al popolo cristiano le cose a cui allude Gesù nella frase considerata. E invece, molti sono in grado di ascoltare quanto allora Pietro non era capace di comprendere. Risulta evidente gli Apostoli non erano in grado di sostenere le cose che a cui si riferiva Gesù, perché su di loro non era ancora venuto lo Spirito Santo.

A Lui infatti Gesù rinvia subito dopo: "Quando, però, verrà lui, lo Spirito di verità, v'insegnerà tutta intera la verità"

A questo punto Sant'Agostino fa un passo avanti. Altro è infatti sapere che se ne può portare il peso, e altro è sapere quali siano tali verità. Dal momento che il Signore non le ha dette, chi di noi può dire se sono queste o quelle? E se qualcuno osasse dirlo, come potrà dimostrarlo?

Sicché, conclude Agostino, "o carissimi, non aspettatevi di ascoltare da noi quelle cose che allora il Signore non volle dire ai discepoli, perché non erano ancora in grado di portarle; ma cercate piuttosto di progredire nella carità, che viene riversata nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che vi è stato donato, di modo che, fervorosi nello spirito e innamorati delle realtà spirituali, possiate conoscere, non mediante segni che si mostrino agli occhi del corpo, né mediante suoni che si facciano sentire alle orecchie del corpo, ma con lo sguardo e l'udito interiore, la luce spirituale e la voce spirituale che la sola intelligenza umana non sono in condizione di portare."

Non si può certo amare ciò che s'ignora del tutto. Ma quando si ama ciò che in qualche modo si conosce, in virtù di questo amore si riesce a conoscerlo meglio e più profondamente.

Chi dunque progredisce nella carità che viene dallo Spirito Santo, egli riceverà un insegnamento su tutta la verità, o, detto altrimenti, Lo Spirito santo guiderà verso la verità totale.

Alcuni teologi pensano che parlando di queste verità per cui gli Apostoli non erano pronti e che lo Spirito santo avrebbe rivelato in seguito, Gesù abbia voluto alludere ai dogmi della fede e in particolare a quello della santissima Trinità.

Così può essere; ma sulla base delle considerazioni svolte finora a nulla vale conoscere la formula di fede se non la si accoglie con il cuore e se non si matura nella disposizione di amore che essa sottintende.

Infatti non basta dire che Dio è in tre Persone, se non si tiene presente che Egli è un solo Dio, un solo Signore, nel legame di amore che unisce le tre Persone.

Questo è il mistero della vita divina, che si comunica all'uomo perché credendo in essa gli uomini abbiano anche loro vita cioè partecipino dello stesso amore che lega il Padre, il Figlio e lo Spirito santo.

Vera Sapienza è risalire dalla grandezza e bellezza delle cose create alla perfezione del Creatore e vera fede è dal mistero conosciuto per Rivelazione proiettare sulle vicende terrene un raggio della luce divina.

Quanto avviene nei rapporti umani ci guida a capire come dobbiamo credere. Per dare amicizia e amore al prossimo ci fondiamo su dei segni esterni di credibilità, ma l'amore non si può dimostrare. Non si può avere la certezza che esso è ben riposto.

Pretendere delle prove, sarebbe distruggere l'amore, e già quando si arriva al punto di chiedere delle conferme all'altro delle sue intenzioni vuol dire che si è già incrinata la fiducia reciproca.

Tutto ciò che capiamo della Rivelazione di Dio lo crediamo, ma non tutto quello che crediamo necessariamente prima lo abbiamo capito con la nostra intelligenza. Resta sempre qualcosa che si accetta per fede.

Il Signore ci chiede di credere in Lui e di lasciarci guidare dalla forza di persuasione del suo Spirito santo. Se noi entriamo nell'amore di Dio, allora saremo condotti dal suo Spirito di amore a intuire anche quello che prima ci sfuggiva e per noi diventerà vitale quello che sembrava lontano e astruso.

 

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