TESTO Quanto è lontana da noi la via di Dio!
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/06/2010)
Vangelo: Lc 7,36-8,3 (forma breve: Lc 7,36-50)
In quel tempo, 36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
Forma breve (Lc 7,36-50):
In quel tempo,36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Giudicare in che misura Dio sia capace di perdonare e stabilire le condizioni e i destinatari del suo perdono, è proprio di chi è solito predicare bene e razzolare male, facendosi forte di una presunta erudizione sulla Scrittura e sulla Legge di Dio. Tipico insomma del fariseismo, che Gesù condanna e dal cui lievito invita tutti noi a guardarci (Mt 16, 6. 11); lievito, cioè pedagogia di mera falsità e ipocrisia, incentrata sulla pura osservanza dei precetti esteriori di provenienza umana, piuttosto che nella vera interiorità di cuore da cui scaturisce il monito dell'amore verso il prossimo, unico comandamento indispensabile di Dio. Il farisei erano soliti osservare puntualmente ritualità, costumi, usanze tipicamente umane per un finto perbenismo e per una presunta compitezza ed eleganza, in realtà solo sterile e apparente. Solitamente erano anche illuminati conoscitori della Legge e dei Profeti, e tuttavia poco inclini a mettere in pratica quanto queste insegnavano. Una classe insomma doppia e ipocrita, pronta a predicare bene e a razzolare male.
In forza del loro presunto sapere teologico, essi potevano quindi anche sostituirsi a Dio quanto all'amore e al perdono, come sta facendo questo tale Simone, che oltre a confermare la vanità del lievito farisaico, sta anche smentendo se stesso.
Infatti, quelli che Gesù gli rimprovera di aver omesso nei suoi confronti, sono proprio precetti umani, consuetudini proprie dell'epoca che solitamente il fariseismo era pronto ad osservare e che adesso invece egli stava di fatto disattendendo, permettendosi di giudicare una donna peccatrice e per ciò stesso anche l'atteggiamento di Gesù: dare il bacio di benvenuto, offrire l'acqua per il pediluvio, ungere i capelli con olio di nardo erano comuni norme di rispetto e di educazione da parte degli anfitrioni nei confronti dei loro ospiti, paragonabili al nostro salutare, stringere la mano e aiutare a togliere o rimettere la giacca e questo Fariseo le sta disattendendo, venendo meno non solo alla Legge di Dio, ma anche alla tendenza farisaica medesima. Come può allora, in piena coscienza, biasimare una donna che mostra molta più accortezza di lui, non soltanto mostrandosi educata e rispettosa ma addirittura manifestando sincerità e amore in ciascuna delle sue azioni? Certamente quella donna era una peccatrice, indubbiamente era rea di colpa grave, ma proprio lui non ha voci in capitolo per giudicarla e soprattutto non ha alcun argomento per giudicare l'atteggiamento di Gesù e di conseguenza per interpretare il vero insegnamento di Dio.
Come affermerà poi anche Paolo, la pienezza della Legge è l'amore e chi compie anche una sola opera di bene animato dalla consapevolezza di essere stato a sua volta raggiunto dall'amore di Dio e motivato dal fervore della carità operosa ed effettiva, ebbene ha certamente adempiuto la legge di Dio, anche prescindendo dalle disposizioni normative e dai decreti scritti. La carità supera le comuni inadempienze che la norma scritta dispone molte volte con rigorismo e fissità e poiché Dio è pronto ad amare anche il peccatore più spietato e ostinato anche un solo atto di amore sincero da parte di questi gli merita il perdono delle colpe. Cosicché, indipendentemente da chi sia questa donna sopraggiunta a casa del fariseo trafelata e in preda alla concitazione, ella diventa destinataria della misericordia del Signore, del perdono e del suo amore infinito perché con questi atti umili, semplici ma disinvolti ha mostrato di saper amare. Non agisce infatti mossa da un puro desiderio di soddisfazione di usanze esteriori, non interessata da una possibilità di ricompensa o di soddisfazione meramente personale, bensì spronata da un sentimento di umiltà e di sottomissione che la porta ad accrescere e ad accentuare le stesse azioni di rito e di accoglienza nei confronti di Gesù. Simone fra sé e sé giudica l'atteggiamento di Gesù come troppo indulgente e spropositato: "Se fosse davvero un profeta saprebbe che donna è costei.." Ma appunto perché Gesù è al corrente che si tratta di una peccatrice, proprio perché sa di che estrazione sociale è quella donna e quale sia la sua condizione si mostra incline al perdono dei peccati nei suoi confronti: nonostante il suo stato, le sue abitudini peccaminose, la mancata formazione umana e spirituale per cui adesso vive battendo la strada senza il conforto di alcun riferimento morale, questa donna mostra molta più sensibilità e amore di quanto non ne manifesti chi invece si vanta di essere fra i giusti perché conosce la Legge di Dio solamente per via intellettuale. Seppure sconosce la normativa della Legge scritta, Ella manifesta con la sua stessa vita di esemplare sensibilità di vivere una relazione con il Dio vivo che è amore. Questa povera donna ha mostrato diretto ravvedimento per i suoi peccati semplicemente amando fino in fondo e senza condizioni.
Come diceva Lucia all'Innominato che la teneva prigioniera (Manzoni) "Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia" anche perché, quando esercitate con reale sprone di carità e senza il minimo interesse personale, le opere di carità sono indice di ravvedimento dal male commesso e chi le compie è certamente pentito del male che ha fatto.
Esempio eloquente di colpa grave, deprezzabile e ignominiosa è quella commessa da Davide e smascherata dal profeta Natan, della quale ci parla la Prima Lettura di oggi. Per mezzo di un suggestivo racconto parabolico, l'uomo di Dio infatti mette il monarca di fronte alla sua propria colpa, giacché in precedenza con uno stratagemma sottile questi aveva mandato a morte l'Hittita Uria dopo aver reso gravida la sua consorte a sua insaputa. Facendo morire il coniuge in battaglia, Davide credeva infatti che nessuno potesse scoprire della sua relazione segreta con Betzabea terminata con la gravidanza di quest'ultima e di conseguenza aveva risolto di essere al sicuro da qualsiasi punizione. La colpevolezza pertanto è anche triplice: 1) aver avuto una relazione illecita con la donna di un altro uomo, che aveva reso feconda; 2) aver escogitato un piano per condurre a morte l'ignaro coniuge usando in questo cattiveria e falsità interessata; 3) aver presunto ipocritamente di poterla fare franca perfino agli occhi di Dio, come se Dio non scrutasse in profondità le intenzioni e i propositi dell'uomo. Turpi atti come questi meriterebbero di per sé immediata quanto spietata condanna, rivendicherebbero una punizione almeno proporzionata alla gravità della colpa e non contemplano - umanamente parlando - comprensione e indulgenza alcuna.
Eppure sempre lo stesso racconto dimostra l'incompatibilità incommensurabile, in fatto di giustizia, fra l'agire di Dio e i percorsi dell'uomo, rilevando come sia tanta e tale la distanza fra le vie divine e i propositi umani di giustizia: un solo atto di pentimento sincero e spassionato merita infatti al re Davide il perdono di colpe che, nell'accezione odierna, meriterebbero l'ergastolo.
Davide riconosce l'entità e la gravità delle sue malefatte, ne prova dolore ed è disposto anche a porvi rimedio attraverso opere di bontà e di giustizia, anche se di natura differente. Il suo animo è turbato perché ha appena commesso un abominio e non è solo il timore della pena ad animare la sua richiesta di perdono a Dio; sicché egli viene riconciliato con il Signore e riammesso nella comunione con Lui anche se il fatto sortisce comunque un castigo severo: il bambino nato dalla relazione illecita con Betzabea dovrà morire.
Un simile epilogo non può mai essere accettato da parte di chi è solito equiparare la giustizia con la vendetta e da chi è stato colpito da ingiustizie tali da covare adesso risentimenti atti ad omettere e sconfessare ogni argomento relativo al perdono, poiché chi ha subito atrocissime ingiustizie e terribili cattiverie è tendenzialmente propenso a giustificare anche teologicamente la logica del sangue e della vendetta. E' quanto ho riscontrato io stesso alcune settimane or sono, impartendo la benedizione presso uno studio legale: ho incontrato persone a cui erano state barbaramente uccisi fratello e cugino, che riprovavano anche con (presunti) argomenti biblici le conclusioni di "certi preti che parlano di perdono", visibilmente sfiduciati dall'evidenza di cattiverie e di barbarie che non meriterebbero altro che risposte corrispondenti di ritorsione e di violenza.
Che dire? Certo, l'esperienza che provano certe persone gravate in prima persona dall'odio e dalla malvagità umana umanamente parlando non può che scuoterci alla comprensione e alla pazienza nei loro riguardi; ma non si deve desistere dalla considerazione che Dio sceglie altre vie molto lontane dal nostro modo di pensaare e che lui stesso, in Cristo e negli apostoli, ha patito persecuzioni, pene, flagelli molto più insostenibili delle nostre; l'umanità dello stesso Signore Gesù Cristo è di esempio che il perdono e l'amore non sono impossibili e restano sempre la soluzione migliore ai nostri raffornti con la malvagità e a lungo andare offrono più serenità di quanto non ne diano vendette e misure di sangue. Saper amare e perdonare è condizione per essere amati e perdonati da Dio, che assume altri parametri di resistenza al male. E si aspetta che questi diventino i nostri.