TESTO Cinque pani e due pesci
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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (06/06/2010)
Vangelo: Lc 9,11-17
11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
In genere e a ragione questa festa veniva associata all'eucarestia. Tutti noi ricordiamo le processioni del Corpus Domini che si facevano una volta. Il sacerdote con dietro i chierichetti e tutta la folla passava per le strade e le piazze del paese portando in esposizione il Pane consacrato. Tutt'ora questa tradizione vive in molte zone.
La festa nasce dal miracolo di Bolsena a cui dobbiamo il duomo di Orvieto. Un sacerdote dubita della presenza reale di Cristo nel pane e nel vino. Così durante una messa, quando spezza il pane, un po' di sangue scorre dalla piccola ostia. Dal 1264 questa festa viene estesa a tutta la chiesa.
Nei primi secoli della chiesa si parlava di tre Corpus Domini: la presenza del Signore avveniva in tre luoghi.
1. Gesù, il corpo reale, fisico: il corpo di Gesù è vissuto duemila anni fa, adesso non c'è più.
2. Il pane consacrato, l'eucarestia, che veniva chiamato il corpus misticum (poi nei secoli è diventato il verum corpus): Gesù è presente simbolicamente, misticamente, in quel pane, ricordando il suo gesto dell'ultima cena dove lui stesso ha detto: "Fate questo in memoria di me". Ogni volta che alcuni cristiani vivono la Cena, Lui è presente in mezzo a loro.
3. Il corpo delle persone: il verum corpus nei primi secoli, diventato poi il corpus misticum.
I tre Corpi di Cristo mettono in luce una grande verità: Dio è visibile solo attraverso un corpo. Dio ha avuto bisogno del corpo di Gesù per incarnarsi e per rendersi visibile personalmente al mondo. Dio ha bisogno di pane e vino per rendersi presente ogni domenica a noi. Dio vive nel corpo e sangue delle persone e di tutto ciò che esiste. L'universo stesso e tutto ciò che in esso vi è contenuto non è altro il corpo di Dio.
Per tanti secoli si è diviso corpo e anima. Il corpo era il contenitore dell'anima. Non aveva valore in sé ma solo perché conteneva la parte nobile della vita: l'anima. Per cui tutto ciò che era corpo era insignificante, pericoloso o addirittura diabolico.
L'abate Oddone di Cluny nell'XI secolo (Cluny era una grandissima abbazia e un centro di spiritualità enorme per quel tempo) poteva dire riferendosi al corpo: "Se ci ripugna toccare il muco e lo sterco con la punta del dito, come potremmo mai desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?".
Il corpo della donna per molti secoli è stato il simbolo del peccato, della tentazione; l'affettività è stata negata e repressa come infantilismo e la sessualità è stata catalogata come strumento del diavolo.
Non sono cose così lontane da noi. Quanti di noi hanno sofferto per mancanza di affettività pur avendo avuto un grande accudimento (la frase classica: "Non ti abbiamo fatto mancare niente", il che era proprio vero da un certo punto di vista)! Si veniva presi in braccio, ma solo per essere cambiati o zittiti dal nostro pianto. Ma gli abbracci? Le coccole? Le carezze? Il contatto pelle a pelle? Il gioco?
Quanti di noi sono analfabeti delle emozioni! Il linguaggio delle emozioni per molti di noi è ignoto.
Le emozioni? Non si sa cosa si prova, non si riesce a dare un nome a ciò che si vive, non si conoscono neppure certe emozioni. Al di là di "bene" e "male" sembra che proprio non sappiamo dire.
La rabbia? Ci hanno insegnato che bisogna tenerla dentro, che non bisogna esprimerla, che "non ci si deve arrabbiare". Certo che non si deve mica spaccare la faccia alle persone quando si è arrabbiati; ma se non la esprimiamo (urlando, cantando, piangendo, parlando, rompendo o pugnando oggetti simbolici) dove andrà a finire? Poi ci si chiede perché la gente è così nervosa, irritata, suscettibile o giudicante: per forza!
La tristezza? Ah no, non si poteva essere tristi. Bisogna sempre ridere, sempre fare la bella faccettina e non mostrarsi mai tristi, perché un "bravo cristiano è sempre felice". Così sembrava che tutti fossero felici e contenti e tu, che non ti sentivi così, pensavi di essere anche sbagliato.
La gioia? Mai esprimerla troppo, sempre contenersi, mai esagerare. Quando si era felici bisognava pensare alle persone tristi e a chi stava peggio di te. Così quando eri felice, quando c'era da godersi la vita e le giornate, ti sentivi sempre in colpa.
Quanti di noi vivono con sospetto ogni manifestazione corporea. Un abbraccio: "Se la vuole portare a letto!". Una carezza: "Ci sta provando!". Un bacio sulla guancia: "Un approccio".
E la sessualità: non se ne parlava mai, perché il solo argomento imbarazzava gli adulti. Quando se ne parlava era solo per stabilire "cosa si poteva fare e cosa non si poteva fare". Quanti di noi l'hanno vissuta come un peso, una vergogna, un tabù; e quanti sensi di colpa!
Tutto ciò che era corpo era pericoloso o negativo. Qual'era il modello dell'uomo spirituale? Il modello spirituale era il monaco che si disinteressava completamente del proprio corpo e che notte e giorno era rivolto a Dio. Così il corpo si poteva fustigare, colpire, umiliare, e tutto questo era santità (oggi diremmo masochismo).
In realtà la festa di oggi dice che Dio non esiste senza un corpo. Il corpo non è un optional, un di più, un contenitore. Il corpo è la realtà visibile di ciascuno di noi e di Dio stesso. Non c'è un'anima dentro al corpo, una vita dentro un involucro di nome corpo. Ma l'anima è corporea e il corpo è animato.
L'anima è corporea. Se l'anima sta male il corpo lo manifesta. Se l'anima sta male il corpo sta male.
Molte persone sorridono di fronte al parallelismo corpo-anima ma io lo trovo fonte di grande conoscenza mia personale, quella conoscenza che ti mette di fronte la verità anche se non vuoi vederla.
Ce lo insegna la psicosomatica; ce lo insegna Gesù nei miracoli. Ce lo insegna la spiritualità ebraica, cinese e tutte le grandi tradizioni spirituali. Analizzando i miracoli di Gesù si scopre che Gesù guariva le persone perché le malattie fisiche erano la visualizzazione delle malattie dell'anima. Gesù lavora così: il corpo è lo schermo dell'anima. Guarisco l'anima e guarisco il corpo.
L'uomo dalla mano inaridita (Mc 3,1-6): il problema di quest'uomo è la stima di sé. Non fa (mano inaridita) perché ha paura di sbagliare e di essere al centro dell'attenzione. Dev'essere stato educato nella paura: "Guai a te se sbagli! Questa cosa non la devi fare!" o nella derisione per cui ha imparato che per non essere rifiutati è meglio non fare. Cosa gli fa fare Gesù? Gli dice: "Mettiti nel mezzo!". Finché non trova la forza nell'anima di ri-mettersi al centro, di vincere la paura di sbagliare non guarirà.
Ogni volta che cambiavo di parrocchia mi slogavo le caviglie. Perché? La caviglia è la direzione e la flessibilità di movimento: era ovvio, non volevo conformarmi alla direzione che mi veniva imposta.
E Lazzaro? Lazzaro è morto (Gv 11,1-44) perché le sorelle Marta e Maria lo hanno soffocato (bende). Morto vuol dire spento, depresso, senza vita, angosciato, in una situazione dove uno non vuol che morire. Quante madri sono quelle due sorelle! Madri che per iperamore (o anche insicurezza loro) soffocano, stanno troppo con il fiato sul collo ai loro figli, li dirigono troppo o trasmettono a loro troppa ansia. Così il figlio muore dentro, non riesce ad uscire fuori, non riesce ad essere se stesso, non riesce a vivere. E' l'anima di Lazzaro ammalata. E, infatti, Gesù gli dirà: "Esci fuori!". Devi trovare il coraggio di uscire fuori anche se le deludi, anche se non ti accettano, anche se rompi certi equilibri. E' l'anima delle sorelle, il loro atteggiamento interiore che dev'essere modificato. A loro Gesù dirà: "Scioglietelo e lasciatelo andare". Bellissimo! Lasciatelo libero, non trattenetelo, non vogliate che lui sia un prolungamento della vostra vita, non vogliate che lui esaudisca le vostre pretese o le vostre vite non realizzate. Se lo amate, lasciatelo andare.
Avete mai osservato quante volte le persone si buttano alle ginocchia di Gesù, si prostrano. Perché? Il ginocchio è la capacità di piegarsi, di inchinarsi, la flessibilità. Se tu non ti pieghi, se tu non sai riconoscere i tuoi errori, i tuoi schemi sbagliati, non puoi guarire. Se tu rimani nelle tue posizioni, se tu sei testardo, se tu non sei umile, non puoi guarire.
Quando il corpo soffre è l'anima che soffre. Occhio? Cosa non vuoi vedere? Schiena? Quali pesi ti schiacciano? Stomaco? Cosa non accetti? Pelle? Quali relazioni, rapporti, ti hanno macchiato, ferito? Intestino? Cosa non vuoi lasciare andare? Fegato? A cosa non vuoi adattarti? Rene? Cos'è che non riesci a capire se è bene o male, se ti fa bene o male? Molti prendono queste indicazioni come "verità divina": no! I libri su questo vendono alla grande! E' un indicazione della tua anima. E' un cartello sulla strada con scritto: "Padova". Ti indica una direzione, ma non serve a niente se tu non percorri la strada. Applicare è inutile: è la tua anima che soffre e il tuo corpo te lo dice.
Come si può credere che nel pane della domenica ci sia Cristo se non si crede che il corpo riveli l'anima, il Dio dentro di noi? Come si può credere che un po' di vino, che se lo assaggi anche dopo la consacrazione sa sempre da vino ed è sempre buono da bere tanto come prima, sia il corpo di Cristo se non si crede che il mondo e tutto ciò che esiste sia il Corpo di Dio? O lo spirituale si rivela attraverso il corporeo sempre, o mai.
Il vangelo (9,11-17) dice: "Se tu ti lasci coinvolgere e tutti fanno la loro parte, l'impossibile a volte avviene". Gesù ha annunciato il regno di Dio e ha guarito molte persone (9,11). Adesso è sera e sarebbe bello poterli sfamare. Ma la cosa è impossibile: cinquemila uomini! Come si fa?
Gesù: "Dategli voi stessi da mangiare!". Gesù prende ciò che c'è, lo benedice, lo spezza e lo da a tutti. E il miracolo, ciò che sembrava impossibile accade e avviene.
Il vangelo vuol dire: "Certe situazioni sembrano senza via d'uscita (cinquemila uomini: e donne e bambini non si contavano in quel tempo!). Non ti spaventare. Lasciati coinvolgere ("date voi stessi da mangiare"), partiamo da quello che c'è, dalla realtà, anche se è poco o sembra insignificante ("cinque pani e due pesci"). Accettiamo la situazione, la prendiamo per quello che è e accettiamo che ciascuno può fare qualcosa. Se ognuno fa la sua parte (mette quello che ha) accade l'impossibile".
Troppo spesso guardando a ciò che dobbiamo affrontare, ci lasciamo scoraggiare, non abbiamo fede, fiducia.
Cinquemila persone: "Ma dove vuoi che andiamo? Ma cosa vuoi che facciamo?". C'è una difficoltà in casa, in famiglia: "Non c'è niente da fare, non c'è soluzione, non si può fare nulla". Uno ha una paura: "Troppo difficile! Troppo grande! Non c'è niente da fare!". Ma chi l'ha detto?
Viene una donna: "Il mio matrimonio è finito, le ho provate tutte, ma non c'è niente da fare. Non mi resta che separarmi; quanto vorrei che non fosse così!". Sembra che non possa essere che così. Alcuni giorni dopo viene il marito: "Ce l'ho messa tutta, amo mia moglie e le mie figlie ma non c'è proprio niente da fare; non mi resta che andarmene". Com'è possibile - mi son detto - che tutti e due vogliano stare insieme e che non sia possibile? Allora sono venuti insieme e siamo partiti dalla verità più elementare ma più difficile da accettare: "Non è colpa mia, non è colpa tua, ma noi abbiamo un problema (vari problemi)". Siamo partiti dalle difficoltà, dall'incapacità di comprendersi e di relazionarsi. All'inizio sembrava un'impresa titanica, impossibile; bisogna, in effetti, aver fede, crederci! Sono emersi dei traumi personali antichi che ciascuno è andato a elaborare da solo; ciascuno di loro si è messo in gioco e adesso, dopo un po' di tempo non solo sono ancora insieme ma l'amore fluisce e si comprendono in profondità. Anzi solo adesso possono dire di amarsi veramente.
Una donna di cinquant'anni, da trentacinque anni che non studiava, dice: "La mia vocazione è quella di fare massaggi". Quando lei inizia a comunicare il suo desiderio tutti si mettono a ridere. "A cinquant'anni ti metti a fare una cosa del genere?". A ben pensarci, in effetti, sarebbe un po' tardi (dice la paura). E' andata a scuola di Shiatzu, si è organizzata nella vita familiare, si è trovata un lavoretto per mantenersi gli studi, non ha guardato al niente di partenza, ha creduto nel suo desiderio profondo ed oggi pratica massaggi Shiatzu, vivendo di questo lavoro.
Quest'anno abbiamo organizzato i centri estivi. Il prezzo era troppo alto per le famiglie e non c'erano iscrizioni. D'altronde: la cooperativa ha le sue spese e le sue esigenze; il prezzo non era in realtà alto, ma è anche vero che le famiglie hanno le loro esigenze. Noi volevamo farli perché credevamo a quest'iniziativa e alla possibilità di dare ai ragazzi spazi educativi, ma sembravano non esserci vie d'uscita. Si poteva dire: "Va beh, ci abbiamo provato, è andata come è andata". Allora ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: "Cosa possiamo fare?". "Io potrei provare a trovare delle sponsorizzazioni... io potrei provare a chiedere fondi alla mia azienda... potremo fare una vendita di dolci... potremo chiedere al comune se ci aiuta... io potrei vedere se... io potrei sentire se è possibile...". Tutte cose piccole (cinque pani e due pesci) ma ognuno si è messo in gioco (date voi stessi da mangiare). Si è riusciti ad abbattere il prezzo dei centri estivi e le adesioni sono arrivate.
Anni fa c'era un ragazzo che voleva diventare musicista. Ma dopo una serie di tentativi tutti falliti decise di abbandonare il campo musicale. La situazione precipitò quando la sua ragazza, molto carina, lo lasciò e lui pensò che non avrebbe realizzato più nulla nella sua vita. Così pensò di suicidarsi. Sembrava impossibile ogni strada (musicale e sentimentale). Entrò in terapia e partì da quel poco di personalità che gli era rimasto (era depresso e ansioso). Si fidò di sé e realizzò i suoi sogni. Quel ragazzo si chiamava Billy Joel (e sposò la top model Christie Brinkely).
La gente si guarda e si dice: "Ma non vedi che faccio schifo? Ma cosa vuoi che faccia? Non sono capace!". La gente non crede in sé e non credendo in sé non crede in Dio che li ha creati grandi, unici e figli suoi. Invece, io devo prendere quello che sono, anche se mi sembra poco, anche se mi sembra niente e fidarmi.
Mi sembra di non valere tanto? Mi sembra di non aver grandi doti? Mi sembrano impossibile certe cose? Bene, sono nella stessa situazione degli apostoli nel vangelo di oggi.
Prendo quello che sono (cinque pani e due pesci), lo accetto senza lamentarmi per quello che dovrei essere, per fare quella cosa o che dovrei avere, per fare questa scelta e benedico.
Benedico vuol dire che "dico bene" di me, che credo nelle mie possibilità nascoste e nelle mie risorse non ancora realizzate, compiute o sviluppate.
Quante volte mi guardo e mi dico: "Io? Cinque pani e due pesci!", come a dire: "Poca cosa sono! Non posso puntare in alto; non posso vivere appieno; non posso essere felice; non posso inseguire certi traguardi".
Ma credere in Dio è poter dire: "Questo è quello che sembra e che si vede. Parti da quello che sei, accettalo, benedici e vedrai che quantità di pane e di pesci c'è dentro di te!".
La chiesa oggi celebra la festa dell'eucarestia. Noi crediamo che un pezzo di pane diventi il Corpo di Cristo. Ed è così!
Ma se Dio è capace di fare di un pezzo di pane il suo Corpo, cosa può fare di noi? Quando io vengo a fare la Comunione e vengo a prendere sulla mia mano il corpo di Cristo dico due grandi cose.
La prima: "Guarda cosa fa un po' di pane! Sembra niente e invece sfama migliaia di persone".
Cioè: questo pane placa la mia fame d'amore, disseta il mio cuore arso, indirizza il mio sguardo cieco, trova ragioni per vite senza senso, illumina il buio e i tunnel. Questo pane è Dio stesso che viene in me, che non si vergogna di entrare nella mia casa, che ha voglia di venirmi a trovare, che vuole incontrarmi, che vuole saziarmi, che vuole amarmi.
Quando mangio questo pane mi sento a casa: Lui viene in me ma in realtà sono io che vado da Lui. Lui mi prende così come sono, senza maschere, né uniformi, né paraventi e mi dice: "Vai bene così. Io sto bene con te quando tu sei quello che sei, quando tu ti mostri per quello che sei senza nasconderti". Allora io tiro un grande respiro e mi sento finalmente a casa. Qui non c'è nulla da dimostrare e si può essere quello che si è.
La seconda: "Se io trasformo, cambio, questo pane, cosa posso fare di te?". Per me fare la comunione è un atto rivoluzionario, trasformativo, evolutivo. Quel pane è il Signore stesso; e il Signore stesso adesso è dentro di me (me lo sono mangiato!) e io stesso sono Lui. Lui in me ed io in Lui.
Quel pane è una forza enorme per me: "Tu puoi perché io sono in te". Così quando me la racconto, quando mi rassegno, quando faccio un po' la vittima e mi dico che non ce la faccio, adesso non ho più scuse. Magari io non credo di potercela fare ma Lui è in me. Non credere in me è non credere in Lui.
Quando vado a fare la comunione il sacerdote mi dice: "Corpo di Cristo". Che vuol dire:"Questo è il Corpo di Cristo" e si riferisce al pane, ma si riferisce anche a me.
E io sento un fremito, un sussulto, una potenza nucleare dentro di me: "Io sono Corpo di Cristo".
Se posso accettare questa forza, questa verità, questa realtà, veramente posso tutto. Veramente può accadere nella mia vita la moltiplicazione dei pani (di me). Se accetto e amo il poco che mi sembra di essere ("cinque pani e due pesci"), e lo metto in gioco, scoprirò di essere il molto che non conosco ("tutti mangiarono... e furono portate via dodici ceste").
Pensiero della Settimana
Se guardi a te non vedrai che cinque pani e due pesci.
Se guardi a Lui vedrai la moltiplicazione.