TESTO Ricevere il dono
Santissima Trinità (Anno C) (30/05/2010)
Vangelo: Gv 16,12-15
«12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Quello che celebriamo oggi è il mistero più grande della nostra fede, che non possiamo e credo nemmeno desideriamo spiegare, perché celebrare non vuol dire, (per me), risolvere o svelare: celebrare vuol dire affidarsi. Ecco allora l'atteggiamento con il quale proviamo a vivere questa domenica: affidarci, gettare ancora una volta la nostra vita in Dio vivendo conformemente a quello stile divino che ci rivela quel poco che del mistero della Trinità riusciamo ad intuire: vivere la comunione (l'unità delle tre persone) e non il fare da soli, di testa propria, e la ricchezza della diversità (le tre persone distinte) e non il piattume dell'uniformità, del conformarsi ad una certa mentalità. Ricevuto così, il mistero, ci aiuta anche ad affrontare e forse a vincere le nostre paure, che ci fanno accumulare per noi (la non-comunione) e ci fanno rifiutare l'altro (la diversità vista come una minaccia). Il mistero di Dio e il mistero dell'uomo vanno di pari passo e provando ad entrare un poco nel mistero di Dio illuminiamo qualcosa della nostra vita, capiamo meglio ad esempio che la dignità dell'uomo non sta nella forza, nel successo, in quello che possiede, nei traguardi che raggiunge, ma sta nell'essere immagine, specchio di Dio. Le letture di oggi ci aiutano a capire cosa significa essere uomini secondo lo stile di Dio. Trovo che il tema unificante le due letture, il salmo e la pagina di vangelo sia il tema del dono: è dono la creazione, è dono la fede, è dono lo Spirito santo ed è dono la elezione dell'uomo da parte di Dio della quale ci parla il salmo.
La prima lettura ci dice che il primo a fare, a costruire non da solo è Dio, che crea in compagnia della Sapienza. Gli uomini dell'Antico Testamento come hanno pensato Dio? Intanto non come una figura solitaria, ma come un essere in relazione e, stando al testo, come gioia di donarsi; è per questo che al momento della creazione c'è la Sapienza ad accogliere il dono... una adolescente è il primo volto che Dio ci mostra di se stesso. La Sapienza ha ricevuto da Dio il compito di instaurarsi in Israele, con il popolo d'Israele, per educarlo a ricevere il dono, per questo motivo alla Sapienza è stato dato il volto di Gesù, del Figlio di Dio. Il peccato dell'uomo è non voler accogliere il dono, non voler creare quel legame che Dio, con sommo rispetto della libertà di ognuno, non ha voluto creare... si, perché il legame non lo crea il dono, (perché questo sarebbe creare una dipendenza), ma chi lo riceve, perché desidera stare in quella relazione. Mi piace tanto questa sottolineatura che la prima lettura fa del divertimento, della gioia di Dio. Mi aiuta a pormi delle domande, serie e decisive pensando al mio servizio nella missione, a come vivo le mie giornate, le celebrazioni, gli incontri, le visite ai malati: come un obbligo? Come un dovere? Una necessità? Oppure con la gioia di donarmi? Dio si diverte perché è gratis, crea gratis: chi vuole ritagliarsi degli spazi per sé è troppo impegnato per potersi divertire. Per contro, ci sono persone sempre allegre, che non perdono occasione per fare festa, ma che poi alla domanda: perché sei così contento? non sanno rispondere. Non è vera gioia, non è vera allegria. La creazione raggiunge il suo vertice, il suo vero splendore, quando l'uomo vive la sua libertà, che è quella di donarsi. E' bello il termine spagnolo che traduce Sapienza, ossia sabiduria, che viene da saborear, gustare; Dio gusta la creazione, per lui è un assaporare il dono che sta per fare all'uomo.
La seconda lettura ci fa un invito importante: riconoscere il nostro limite, la nostra finitezza, perché le fondamenta della nostra vita di cristiani non le gettano le nostre capacità umane, ma l'amore di Dio. Non dobbiamo basarci sulle nostre personali capacità, la relazione con Dio non è uno sforzarsi per osservare la legge, ma un affidarsi alla promessa di Dio che ci dona una nuova vita. Tutto questo però ci dice S. Paolo è per porci in cammino, perché Dio non cancella la responsabilità di fare ognuno il nostro pezzo di strada per ricevere il suo dono.
Il dono di cui ci parla il vangelo di oggi è lo Spirito santo. E' bello il brano di vangelo perché parla del tempo della Chiesa, che è il tempo dello Spirito (quello che viviamo noi oggi), come di un tempo, dal punto di vista del comprendere, più ricco del tempo di Gesù. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso (la traduzione letterale, resa bene in spagnolo dice: ma per il momento non potete comprenderle). E ancora Giovanni ci dà un esempio di come all'interno della Trinità non ci siano "battitori liberi": lo Spirito non parlerà da se stesso, ma prenderà del mio e ve lo manifesterà... Sempre lo Spirito ci rinvia al centro della nostra fede, ci rinvia a Gesù, perché se questo nostro tempo è il tempo della comprensione, quello di Gesù è il tempo della salvezza; non dobbiamo attenderci altre rivelazioni.
Importantissimo è il tema della verità, perché se il nostro è il tempo della comprensione, questo è vero, come dicevo prima, per il mistero di Dio e per il mistero che siamo noi, quindi in un certo senso non possiamo sfuggire alla verità di noi stessi, delle nostre scelte, della conformità delle parole che diciamo rispetto alla vita che conduciamo. Guidati dallo Spirito, presi per mano dallo Spirito e quindi non giudicati, raggiungiamo il centro per capire che siamo sempre in cammino, che è tanta la strada da percorrere.