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TESTO L' Anima del mondo

Marco Pedron   Marco Pedron

Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (23/05/2010)

Vangelo: Gv 14,15-16.23b-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-16.23-26

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

La festa di oggi, la Pentecoste, è la festa dello Spirito Santo: Dio non è più presente in carne ed ossa, non è visibile, ma è presente con il suo Spirito. Dio c'è realmente, ma siccome non lo si vede con gli occhi, alcuni ritengono che Dio sia assente o poiché non riescono a coglierlo credono che non sia poi così significativo per propria vita. La festa di oggi ci ricorda (il cuore ri-corda) una verità che è inscritta naturalmente nell'uomo, a meno che non venga dimenticata (la mente di-mentica): Dio abita in me, Dio abita nell'uomo. Lo Spirito vive e risiede in me. Lo Spirito è l'Anima del mondo.

Anima vuol dire in tutte le lingue indoeuropee "soffio vitale" (inanime, il suo contrario: "senza soffio vitale, morto, vuoto, senza peso, senza vita"). Anima viene dal sumero: "an, ani" è il "Dio del cielo", mentre la particella "im" vuol dire "vento, soffio".

Spirito è una parola latina che deriva da quella greca "pneuma" che vuol dire anima, vita, tutto ciò che respira. In latino spiritus viene da "spiro" che vuol dire respirare, vivere, soffiare. L'uomo ha un'anima perché lo Spirito lo abita. L'uomo è soffiato da Dio e per questo esiste. Il giorno in cui esalerà il suo ultimo re-spiro morirà a questa vita per diventare solo spirito, solo vita.

Quando guardo il fiume con i suoi meandri, lo scorrere dell'acqua a volte impetuoso da farti paura, a volte lento da tranquillizzarti, allora colgo che quel fiume ha un'anima. Quando guardo il bosco dove ogni cosa ha il suo posto: l'albero, l'insetto, il serpente, il muschio, il ramo secco e quello morto, allora colgo che quel bosco ha un'anima. Quando guardo gli uccelli del cielo nel loro volteggiare libero o nel loro cantare le lodi dell'altissimo dal mattino alla sera io colgo qualcosa di sacro in quelle creature. Quando vedo mamma orsa o qualunque mamma animale prendersi cura dei suoi figli, delle sue creature (ed è solo un animale!) io vedo l'amore, la tenerezza, la saggezza e la loro forza viscerale. C'è qualcosa di regale in tutto ciò. Un amico mi ha raccontato un episodio. Si trovava in una tribù africana e dovevano tagliare un particolare albero della foresta. Allora gli dissero di portare con sé del riso e del vino di palma. "Perché?", chiese lui. "Perché dobbiamo fare un sacrificio all'albero. Gli togliamo la vita, dobbiamo pregarlo di perdonarci e gli diremo tutti i motivi per i quali lo tagliamo". Quando giunsero sul luogo si inginocchiarono, parlarono all'albero, gli dissero i motivi per cui lo tagliavano e gli versarono come ringraziamento il riso e il vino di palma. Poi con grande rispetto lo tagliarono. A noi tutto ciò sembra profondamente stupido: solo perché non capiamo. Uomini così non distruggeranno mai il pianeta, né le grandi foreste, né inquineranno mai le acque che ci dissetano e che danno vita. Mi risulta difficile pensare che uomini così, che chiedono perdono per un albero tagliato, potrebbero uccidere un essere umano.

Tutto ciò che ci circonda vive. Si può distruggere solo ciò che è morto. Se il fiume non vive allora lo si può inquinare. Se la foresta non vive, se è solo una cosa, se non ha una vita in sé, allora si può distruggere, cancellare, eliminare. Ma ciò che oggi si fa con la foresta, domani lo faremo con l'acqua e dopodomani con l'uomo. Tutto ciò che vive è sacro.
Tutto ciò che vive merita il mio amore e il mio rispetto.

Com'è possibile pregare l'Onnipotente, l'Altissimo, il Creatore di ogni cosa e non pregare, non soffermarsi in adorazione di fronte al ramo mosso dal vento o al rumore sublime delle foglie mosse dal medesimo vento? Com'è possibile pregare nelle chiese e non avere parole di adorazione per la chiesa che è il mondo, per il suo sacrario che è la terra, il fuoco, l'acqua, il sole e tutto ciò che esiste? Com'è possibile pregare affinché gli uomini si amino e non fermarsi in venerazione o in silenzio di fronte all'amore della madre terra?

Sento importante rendere onore a tutto ciò che vive; sento importante inginocchiarmi in segno di rispetto e di accettazione della dignità di ogni cosa, perché tutto ha impresso il sigillo di chi l'ha creato.

Le cose hanno un'anima. Le cose sono create da Dio e portano il suo sigillo, la sua impronta, il suo timbro. Se l'uomo non si sa inchinare (non ci si inchina di fronte a ciò che non si rispetta!) di fronte al materiale povero (acqua, terra, organismi, ecc) mi chiedo come potrà mai ad accettare i poveri del mondo? Se l'uomo non si inchina di fronte al materiale povero (così almeno lo definisce lui!) senza accorgersene, rifiuta se stesso. Perché di cosa è fatto l'uomo se non proprio di ciò?

La Terra, Gaia, è un organismo vivente dal microcosmo al macrocosmo: le cellule sono parte degli organi e gli organi sono parte di un corpo; allo stesso modo gli esseri viventi sono parte di un ecosistema che, a sua volta, è parte del sistema terra che, infine, è parte del sistema cosmo. Tutti agiscono e interagiscono sincronicamente per garantire l'equilibrio dinamico (che include disordine, ordine, interazione) e consentono la vita. E' difficile non vedere un'anima, un principio unitario, una interdipendenza di tutti questi esseri. Basterebbe la più piccola variazione delle leggi dell'universo fisico e biologico che tutto collasserebbe. Il codice genetico è uguale in tutti gli esseri viventi. La differenza tra un ameba, un dinosauro e me che sto scrivendo in questo istante è nulla. La diversità sta solo nelle combinazioni diverse dello stesso alfabetico genetico. Gli atomi che mi abitano e che mi compongono possono essere appartenuti a Hitler, a Gesù, a Gandhi, a migliaia di altri uomini, piante, animali; possono essere atomi di qualche pietra, del mare, dell'albero o di quant'altro. Non è retorica, né romanticismo chiamare tutti gli esseri viventi fratelli, come faceva Francesco. C'è un reale fondamento fisico per questa parentela reale. Siamo di fatto e realmente fratelli e sorelle cosmiche.

C'è un'anima, c'è un'unità in tutte le cose; c'è un'interdipendenza tra tutti gli esseri viventi. La Pentecoste ci riporta alla grande verità che noi formiamo, come umanità, un'unica grande famiglia: una famiglia che include gli uomini ma anche il sistema terra, con tutti i suoi esseri, corpi e viventi. Anzi lo stesso cosmo è il nostro grande corpo. Tutto ciò che esiste e vive merita di esistere e di vivere.

C'è un'anima, c'è una traccia dello Spirito in tutto ciò che esiste. Una volta esisteva l'espressione "cura delle anime", il prete era il "curato" e le persone le "anime". Quando si parla dell'anima le persone si guardano smarrite: "Che cos'è l'anima?", si chiedono e iniziano a compilare disquisizione filosofiche che evidenziano che non hanno nessuna percezione di questa realtà. Sento il bisogno, sempre più urgente, per l'uomo di prendersi cura della propria anima (la coscienza della nostra realtà profonda) e per l'umanità di recuperare la sua anima (la coscienza dell'interdipendenza di tutte le parti). Perché un mondo senz'anima è inanimato: morto. Solo un mondo che abbia un'anima sarà animato, cioè vivo.

Il vangelo parla dello Spirito Consolatore. Vi sono molte immagini che definiscono i molteplici aspetti dello Spirito: lo Spirito è fuoco, vento, lingue di fuoco(At 2), colomba, ecc. In questo vangelo lo Spirito è Consolazione.

Consolare, parakaleo, vuol dire mandare a chiamare, invitare, invocare aiuto, incoraggiare, dire una buona parola. Quando viviamo una perdita, quando riceviamo una sconfitta o una ferita, quando c'è qualcosa che ci fa male, quando una persona ci ha offeso ingiustificatamente, quando una persona amata ci viene portata via dalla morte, allora tutti noi abbiamo bisogno di consolazione.

In queste situazioni si perde il proprio equilibrio, la propria stabilità, il proprio sostegno; ci si sente spazzare via, ci si sente una barca in preda alle onde e alle mareggiate della tempesta. Allora abbiamo bisogno di consolazione, cioè di qualcuno che ci ridia solidità ed equilibrio. Di qualcuno che con le sue parole e soprattutto con il suo silenzio ascolti tutte le nostre tempeste; di qualcuno che ci sia al di là di ciò che abbiamo fatto o che proviamo; di qualcuno che non dica niente ma che solo stia con noi con la sua presenza, con il suo abbraccio o con il suo ascolto; di qualcuno che non ci giudichi, ma che ci incoraggi.

Alcune persone credono che consolare voglia dire esprimere qualche parola di circostanza, qualche frasetta. Spesso, quando mi trovo nelle case di qualche defunto, sento delle belle frasi, belle parole di cui nessuno è convinto, retoriche, preconfezionate. Consolare è essere presenza, sostegno. Se qualcosa c'è da dire sia da cuore a cuore; trovare parole che nascono dal profondo del mio cuore (e perciò io devo essere dentro al gioco, devo essere coinvolto!) e che vanno al suo cuore. Se non c'è niente da dire semplicemente starò con lui, con ciò che vive, con ciò che sente: lo accompagnerò, sarò il con-solatore.

Consolare vuol dire, infatti, stare con chi è solo (cum-solus). Che parole ci sono da dire di fronte alla moglie che dopo un anno di matrimonio perde suo marito? Ci sono delle parole? O non ci rimane altro che stare, che accompagnarla, che rimanere con lei perché non possiamo toglierle il male. Se qualcosa possiamo è con-dividere questo male, far sì che lo esprima. Quando le persone mi raccontano certi traumi subiti (violenze fisiche, psicologiche, sessuali) che parole devo dirgli? Consolare non è dire delle parole pie, consolare è stare con loro con questa dura realtà, accompagnarli, a volte piangere con loro, a volte sentire in me tutto il loro dolore. Che cosa bisogna dire alla donna che ti dice: "Ho la leucemia!". Bisogna toglierle il dolore? Bisogna preservarla dalla sofferenza? Non è una sofferenza reale? Si può non soffrire in questi momenti? Perché allora toglierle il dolore? E' un bisogno nostro o suo? Posso sopportare il suo dolore o cerco di alleviarlo perché è un mio problema? E poi si possono togliere certe sofferenze?

Consolare non è togliere la sofferenza ma poter dire a qualcuno: "Io ci sarò". "Forse non ti sarò di aiuto, forse non potrò toglierti il tuo dolore, forse non avrò parole da dirti, forse avrò paura anch'io di ciò che ti succederà, ma sappi che io ci sarò".

La grande verità della vita è che siamo tutti soli (che è molto diversi da isolati) perché siamo unici. E la con-solazione è il modo, l'unico modo con cui possiamo essere vicini l'uno all'altro.

Perché lo Spirito, allora, è il Consolatore? Lo Spirito è il Consolatore perché Lui, Dio, è sempre con noi. Dio non è la soluzione ai nostri limiti, ai nostri problemi. Dio non è il talismano che ci toglie fuori da ciò che non possiamo risolvere noi. Non è vero che Dio toglie il dolore. Dio sta con il dolore, non lo toglie (il che è molto diverso): è il Con-solatore. Quando soffro non prego Dio perché mi tolga il dolore ma perché io possa sentire la sua presenza vicino al mio dolore, perché lui mi possa consolare e così anche il mio dolore possa essere più affrontabile.

Ci saranno momenti della vita in cui nessuno potrà raggiungerci, in cui saremo di fronte a scelte così personali che spetteranno solo a noi, in cui nessuno potrà scegliere per noi e dove saremo soli con noi stessi. Ma non siamo mai per davvero soli perché Lui, il Consolatore, è sempre al nostro fianco. Non prenderà la soluzione per noi, ma starà al nostro fianco. Non ci toglierà la solitudine ma ci prenderà la mano: è il Consolatore.

 

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