TESTO Mc 1, 40-45
VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/02/2000)
Vangelo: Mc 1,40-45
40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Marco ci parla di un lebbroso, uno che vive la decomposizione da vivo.
Venivano isolati per evitare il contagio.
Possiamo immaginare che quest'uomo interpella Gesù per strada, mantenendo la debita distanza.
Dice: "se vuoi, puoi guarirmi".
Non dice: "perché non mi guarisci", oppure "Signore, guariscimi", come tante volte facciamo noi, pronti a criticare se non otteniamo ciò che vogliamo.
Dire se vuoi è come dire: "io non posso farci nulla alla mia malattia, e mi rendo conto che neanche posso pretendere nulla da te. Non posso costringerti a farlo".
E' una richiesta umile, senza prepotenza o ricatti morali.
Gesù si muove a compassione.
Non significa che dice: "poveretto".
Significa: "Sono disposto a prendere un po' della tua lebbra, a condividere la tua sorte, a vivere la tua emarginazione e la tua morte. Questo lo faccio perché penso che la sofferenza, vissuta nella condivisione, pesa di meno. Se siamo in due, non sei più solo".
Infatti Gesù lo tocca, e noi sappiamo che Gesù non ha bisogno né di toccare, né di essere presente per guarire. Se lo tocca è proprio per manifestare questo desiderio di condividere la sua situazione. E' una scelta che può essere dettata solo dall'amore.
Anche noi possiamo prenderci cura di un malato pagandogli le cure e le cliniche migliori, ed è una cosa ottima, ma la condivisione della sofferenza dell'altro implica una compartecipazione della sua situazione.
Anche oggi tanta gente viene ghettizzata negli ospizi, negli istituti, nelle comunità terapeutiche, nelle carceri, nell'abbandono e nella solitudine più nera.
Persino i lebbrosi tuttora sono isolati in una struttura che sta in Sicilia, ed è un bene.
Gesù non critica queste istituzioni che sono necessarie, non fa battaglie ideologiche, ma liberamente, decide di condividere la sorte di chi vive queste situazioni d'emarginazione.
Di fatto, Gesù morirà fuori della città, emarginato e rifiutato come un lebbroso.
Gesù guarisce e invita quest'uomo a presentarsi dai sacerdoti; questo ci fa vedere quanto Gesù è concreto, si preoccupa anche del suo futuro, del suo bisogno di essere reintegrato nella società. (Il lebbroso guarito aveva bisogno di un attestato che dichiarava che poteva rientrare nella società, e questo veniva rilasciato dai sacerdoti dopo i dovuti controlli e alcune pratiche rituali).
Lo invita anche a tacere il miracolo perché sa che la gente esalta il miracolo, e non vede il gesto d'amore e di condivisione che Gesù fa', per rivelarci il vero volto del padre, e la sua Passione per l'uomo.
Signore grazie per questa tua disponibilità a condividere e ad assumere il peso delle nostre emarginazioni.