TESTO Commento su Giovanni 20,1-9
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Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (04/04/2010)
Vangelo: Gv 20,1-9

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
"Se Cristo non è resuscitato, vana è la nostra Fede e voi siete ancora nei vostri peccati!".
Una sola azione di un Dio-Uomo che da millenni giustifica una scelta di fede di milioni di persone e di una Chiesa umana.
Una solo azione unica che da millenni unisce e divide interi popoli, intere generazioni.
Una sola azione divina che come lama affilata divide la Storia umana e la nostra storia personale, costringendoci a scegliere se credere o non credere.
"Se"... un piccolo ma fondamentale termine che condiziona di fatto tutto il nostro credo...
Dubbi, perplessità, negazioni, sopravvengono sempre quando una "verità rivelata" si cerchi accettarla, giustificarla, comprenderla secondo gabbie mentali terrene, umane.
Confesso che, come qualche Apostolo, spesso penso al passaggio da qui all'aldilà e ammetto che il non sapere che cosa, come, quando è quello che più mi angoscia...ed è umano, e rimarrebbe umano se non vivessi questa esperienza di fede della resurrezione...
E proprio nell'umano, nel terreno, nell'ordinarietà della vita che Cristo ci chiama a credere oltre ogni ragionevole dubbio, oltre ogni "se", perché lui stesso ha vissuto nella sua Galilea-Giudea ordinaria, come si narra negli Atti (10,34a 37-43), ha vissuto accanto e con persone ordinarie, e nella ordinarietà della vita familiare ha manifestato l'obbedienza a Dio-Padre ringraziandolo nella gioia, pregandolo nel momento del dolore, affidandosi fino all'ultimo nella sua volontà certo che lo avrebbe giustificato agli occhi dell'umanità, nascendo, vivendo, morendo, risorgendo, apparendo, ascendendo, per la salvezza di ognuno di noi, per te, per me, per noi, per voi, per tutti...senza distinzione di religione, razza, sesso, cultura e fede, senza se e senza ma.. E se (ecco che ricorre il "se") siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Lui, cosa ci impedisce di credere senza dubbi?
Se Lui è in noi, e noi siamo in Lui, rimane chiaro che non possiamo non essere esperienza diretta dell'umano-divino della sua morte e risurrezione nel passaggio vita terrena-immortale.
Se è vero che nessuno, a parte Cristo, è mai ritornato dalla morte vera, è anche vero che per noi cristiani, quindi persone alla sequela del Cristo, l'esperienza del Cristo risorto è un fatto storico e non solo di fede... testimoniato duemila anni fa da persone umane che hanno vissuto con Lui, hanno toccato Lui, hanno parlato con Lui, e hanno testimoniato con la loro vita, Giuda Iscariota compreso, che la speranza dell'aldilà è una certezza, basta solo avere un briciolo di fede e crederci...fino alla vita eterna.
E il nostro crederci si può tradurre nel semplicemente agire nella nostra famiglia, nel nostro lavoro, nel nostro sociale, relazionandoci con la gioia e il dolore della vita accettando il noi, l'altro, il prossimo, anche se rompe i nostri tranquilli schemi di vita vissuta.
La nostra Pasqua è il continuo passaggio dalla morte del nostro egoismo, del nostro tornacontismo, del nostro intimismo alla vera Vita dell'attenzione, dell'accoglienza, della sussidiarietà, della solidarietà... insomma dell'Amore con la A maiuscola che è la Carità.
E allora facciamo sì che quel "Se..." condizionale/dubitativo diventi una certezza del nostro credere fondato sulla Parola di Dio-Padre, sulla Resurrezione di Dio-Figlio, e sull'Amore di Dio-Spirito Santo.
Domande:
- Quanto la mia vita sponsale è una Pasqua in cui so morire per rinascere ogni giorno con difficoltà ma anche con la volontà di amare sempre meglio?
- Come uomo, cristiano, fedele appartenente alla Chiesa di Cristo quanto so interpretare il mio sepolcro vuoto per riempirlo del Cristo risorto e vivente?
- La Pasqua è per me una esperienza emozionale ciclica o una la possibilità che mi offre Cristo per testimoniare il suo Amore attraverso la concreta Carità?