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TESTO L'antico patto - 2

don Daniele Muraro   Home Page

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2010)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Gesù nel Vangelo cita due personaggi dell'Antico Testamento, Elìa ed Eliseo. Vissuti per un certo tempo assieme essi furono uno il più grande profeta che Israele abbia avuto e l'altro il suo discepolo e successore.

Quando Gesù dice che "nessun profeta è bene accetto in patria" può contare su dei solidi antecedenti. Anche il profeta Elìa ad un certo momento si trovò da solo contro tutti, quando sfidò apertamente i quattrocentocinquanta sacerdoti di Bàal, divinità dei vicini abitanti di Tiro.

Elìa fu perseguitato, costretto a riparare prima oltre il Giordano, poi a Sidone e infine nel deserto del Sinai. Proprio a Sidone in tempo di siccità e carestia fu soccorso da una vedova, pagana, più devota nei suoi confronti di tanti suoi compatrioti.

Scomparso Elìa, gli succedette Eliseo. Pure Lui dovette faticare non poco per mantenere viva la retta fede e favorire il giusto culto per il Signore. Quasi ad affermare l'apertura universale della sua rivelazione Dio concesse per mezzo di Eliseo la guarigione ad un certo Naamàn, capo dell'esercito della Siria.

Al principio del ministero pubblico non è senza motivo che Gesù cita Elìa ed Eliseo. Quello che Gesù intende dire nella sinagoga di Nazaret è che se non verrà accettato dai suoi conterranei ci saranno sempre degli altri, i pagani, pronti ad accogliere Lui e il suo messaggio.

L'Antico Testamento era stato il tempo della pazienza, più volte Dio si era per così dire pentito di voler nuocere al suo popolo e il patto di alleanza era stato prorogato.

Quanto più ci si avvicina a Gesù tanto più scompaiono i segni di forza esterna, come il miracolo del passaggio del Mar Rosso, o i lampi, tuoni e boati sul monte Sinai mentre Mosè riceve le tavole della legge, crescono invece le personalità eccezionali, quelle dei profeti e dei sapienti e il messaggio diventa sempre più diretto e spirituale.

La potenza evidente cede il posto alla misericordia e alla volontà di salvezza per tutti, quelli che aderiranno.

Non basta più essere figli di Abramo per meritare la promessa, occorre fare opere degne di Abramo, ossia dimostrare di avere la sua fede. Nel Vangelo secondo Giovanni Gesù rimprovera i Giudei: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me." Sempre in san Giovanni Gesù può dire: "Se credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me."

Gesù sembra delineare una legge della storia della salvezza: quando i primi destinatari più titolati rifiutano, subentrano i sostituti. Per Dio il rapporto con il popolo di Israele rimane sorgivo, ma non può diventare una steccato invalicabile.

Le nostre radici si trovano nella rivelazione di Dio già nell'Antico Testamento, il Dio dei nostri padri per la fede. È molto più difficile essere cristiani per scelta se la propria appartenenza non è cresciuta assieme con la propria cultura e la propria storia. Questo ci insegna il popolo di Israele con il suo attaccamento alla tradizione.

Purtroppo su di lui grava come una cortina che impedisce di comprendere: "Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto."

È san Paolo che parla così, lui ebreo fino in fondo che sentì dolorosamente il distacco dal suo popolo: "Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso () separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne." E profetizza: "L'ostinazione di una parte d'Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato."

"Forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia."

Dio ha chiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia. È il capitolo della storia della salvezza ancora aperto e che non si compirà fino a quando non includerà anche l'antico popolo dell'alleanza.

Al termine del Vangelo di oggi quando si pensava di poterlo eliminare, Cristo si divincola e si rivolge ad altri. Così è capitato anche per Israele, Gesù non è più in mezzo a loro.

Cercando la salvezza da un'altra parte Israele ha dato tanto al mondo, ma non può procurare ciò che solo Dio è in grado di offrire: la pace nei cuori e fra le nazioni.

Gesù rimane il Salvatore di tutti, di coloro che nascono pagani e solo in seguito diventano cristiani (e siamo noi) e di coloro che invece per nascita sono giudei, chiamati anch'essi a riconoscere il Gesù il Messia inviato dal Padre.

Non sappiamo quando, ma l'adesione a Gesù anche da parte del popolo ebraico nei suoi rappresentanti e nella suo corpo sociale dopo tanti rifiuti non potrà mancare. Questo previsione si realizzerà sicuramente, perché la chiamata di Dio è irrevocabile.

Si compirà allora quella parola che il Signore pronunciò qualche giorno prima della sua ultima Pasqua, allorché camminando arrivò in vista della città santa e scoppiando in pianto esclamò: "Gerusalemme, Gerusalemme... quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete" (cioè non avrete pace), "finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".

 

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