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TESTO Il grido dell'uomo e il soffio dello Spirito

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Pentecoste - Messa della Vigilia (08/06/2003)

Vangelo: Gv 7,37-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 7,37-39

37Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo [...].

Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno».

Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.

Il grido dell'uomo e il soffio dello Spirito

Sembra quasi di sentirlo quel grido della creazione di cui parla san Paolo nella lettera ai Romani (8,22-27), e che ci viene riproposto nella seconda lettura della Messa vigiliare di Pentecoste. «Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto». Sembra quasi che quel grido prenda forma e voce negli innumerevoli gemiti della nostra storia, nei sospiri e nelle sofferenze della nostra vita, nell'attesa a volte spasmodica del nostro cuore.

Sì, anche noi gridiamo interiormente: «anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo». C'è infatti un senso di paura e di insicurezza che sempre percorre le nostre giornate. In fondo, ci sentiamo sempre un po' orfani e spaesati davanti a questa nostra vita: abbiamo bisogno di un padre, di un redentore, di una guida che dia finalmente sicurezza e futuro ai nostri passi incerti.

Proprio come accadde un giorno al popolo di Israele, durante la traversata del deserto narrata nel libro dell'Esodo: troppo lontana sembrava a loro quella terra promessa da Dio, lontana al punto da apparire più un miraggio che una realtà. Fu allora che il popolo alzò la sua voce, e gridò contro il Signore e contro Mosé.

Quel grido di dolore era certo un grido giustificato, in quanto esprimeva tutta la sofferenza dei profughi di Israele, costretti a vagare nel deserto, assetati e affamati. E tuttavia quel grido di dolore era anche il grido di un popolo smemorato, che più non ricordava le grandi opere compiute dal Signore in Egitto, quando avevano attraversato illesi il Mar Rosso. «Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me» (cfr Es 19,3-8.16-20: prima lettura della Messa vigiliare di Pentecoste). Avevano certo visto gli israeliti queste grandi opere del Signore; ma già se ne erano scordati, e ora gridavano la loro sofferenza contro Dio e contro Mosé.

Appunto la mancanza di memoria rende disperato il grido dell'uomo; appunto quando non siamo più capaci di ricordare la bontà del Signore ci accade di smarrire il nostro futuro, e di gridare senza speranza contro Dio e contro i fratelli.

Non così invece fu il grido di Gesù sulla croce, quando si trovò faccia a faccia con la morte. L'evangelista Giovanni, testimone autorevole di quella morte, lo ricorda con nettezza: non fu la disperazione a far risuonare il grido di Gesù morente, ma fu lo Spirito Santo a gridare in lui. E fu un grido carico della memoria di Dio, un grido che si ricordava del Padre, ed affidava al Padre quella vita straziata, nella certezza della sua misericordia.

Ebbene, questo grido dello Spirito oggi è donato anche a noi. La promessa di Gesù è chiara: «Chi ha sete venga a me e beva... Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (cfr Gv 7,37-39: Vangelo della Messa vigiliare di Pentecoste). Anche noi, assetati e stanchi, possiamo cambiare il nostro grido disperato e senza memoria con il grido dello Spirito Santo, che ci dona una speranza, ricordandoci la bontà del Signore. Anche per noi lo Spirito Santo può diventare il soffio che dà finalmente voce ai nostri silenzi, alla frenesìa del nostro desiderio, al pianto dei nostri cuori... Anche noi, oggi e sempre, possiamo ripetere il grido pasquale di Gesù che si abbandona al Padre.

 

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