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TESTO Si alzò e lo seguì

don Fulvio Bertellini

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/06/2002)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Selezione naturale

Uno dei tratti più caratteristici di Gesù è proprio il suo atteggiamento verso i peccatori. Disprezzati, considerati come nemici, sono persone da evitare per gli spiriti religiosi più alti dell'epoca. Il giusto non deve neppure frequentare i peccatori: non solo è pericoloso, ma rischia di diventare una specie di contaminazione: è questa la mentalità dei farisei, che noi istintivamente interpretiamo come grettezza, egoismo, chiusura d'animo. In realtà si tratta di una condotta saggia: una delle prime attenzioni inculcate dai genitori ai figli è appunto di non frequentare le cattive compagnie. Poi però arriva un'età in cui si frequentano volentieri proprio certe "cattive compagnie": ma anche in questo caso vale un rigoroso principio di selezione delle proprie frequentazioni. Chi vuol stare con certi amici, non deve frequentarne altri. E' la dura regola dei gruppuscoli in cui si frantumano a volte le giovani generazioni, creando strane e sconcertanti serie di ripicche, piccole vendette, guerre sotterranee...

Peccato privato

A noi oggi il peccatore non fa più paura. A dire il vero, non ci fa né caldo né freddo. Siamo troppo abituati a considerare la religione un fatto esclusivamente privato, da tenere ben confinato nell'intimità personale. Nessuno deve entrare in questa sfera privata, in cui volendo si crea un angolino anche per Dio. La tolleranza è un valore fondamentale, ed è segno di ottusità e arretratezza avanzare pregiudizi di vario tipo verso le persone. Ma Gesù era tollerante?

Discepolo a tempo pieno

Se guardiamo a quel che accade a Matteo, non parrebbe. Gesù gli fa una richiesta totale ed esigente: "seguimi". Si tratta dell'invito a diventare discepolo, accompagnando il maestro itinerante nei suoi vari spostamenti. Il discepolo rinunciava ad avere una sua vita, e condivideva in tutto quella del maestro e dei suoi compagni. Gesù non cerca accomodamenti con la situazione di Matteo: gli propone una scelta forte, la stessa rivolta a tutti i suoi interlocutori: "convertitevi, e credete al Vangelo". Su questo non c'è nessun margine di tolleranza. Esistono diversi modi di seguire e servire il Maestro, ma in ogni caso vale il principio della totalità. Gesù pretende l'adesione di tutta la persona al Regno di Dio, senza sconti. Uno così oggi non potremmo fare a meno di definirlo integralista e intollerante. Ma Gesù non si lascia inquadrare facilmente e incasellare nei nostri schemi.

Commensali occasionali

La seconda scena che il Vangelo ci presenta, è Gesù che siede a mensa, a casa (a casa propria? a casa di Matteo? o a casa di chi?) e lì accoglie i pubblicani e i peccatori che si presentano. Un contatto occasionale, senza vincoli, senza garanzie di riuscita. Nessuno viene escluso. In Gesù convivono atteggiamenti stranamente opposti: un discepolato duro ed esigente, più esigente di quello dei rabbini dell'epoca (che non erano itineranti); e nello stesso tempo la frequentazione occasionale di pubblicani e peccatori, proprio insieme ai discepoli. Ma un unico atteggiamento di fondo sta dietro ai gesti di Gesù. E' quello che emerge dal terzo quadro del Vangelo di oggi, l'obiezione rivolta ai discepoli da parte dei farisei.

Saggezza inutile

Indubbiamente mangiare con i peccatori è pericoloso: stando con loro è molto facile imparare. Stare alla larga dalle presenze negative è indubbiamebte un principio saggio, che può rendere migliore la nostra vita, ed evitarci molti guai. Ma Gesù oltrepassa i limiti della nostra saggezza. Lui segue un criterio diverso. Gesù non vede i peccatori, ma vede delle persone, per di più malate. Ciò di cui i malati hanno bisogno non sono le critiche, ma le cure.

La misericordia che guarisce

L'unica cura che può funzionare, nel caso di chi da tempo è caduto nel peccato, è la misericordia. Gesù cita a questo punto una frase famosa del profeta Osea, che si ascolta anche nella prima lettura. "Misericordia, e non sacrificio". L'atteggiamento fondamentale di Gesù è proprio la misericordia. Per essa Gesù accoglie i peccatori; per essa raduna i suoi discepoli; proprio per misericordia verso le folle Gesù sceglie e invia i dodici apostoli; dalla misericordia, cioè da un amore intenso e totalizzante, deriva l'esigenza di una sequela forte e coraggiosa, abbandonando tutto per il servizio al Maestro. Non è un capriccio di Gesù, una pretesa esorbitante: l'amore non ammette parzialità e tentennamenti. Ma dallo stesso amore misericordioso deriva l'accoglienza spontanea dei peccatori al pasto: e anch'essi un giorno si troveranno di fronte ad una richiesta forte ed esigente.

Andate e imparate

E infine, è sempre per misericordia che Gesù si sofferma a discutere l'obiezione dei farisei, rivolta ai discepoli., forse per paura di scontrarsi direttamente con lui. Anche i farisei in fondo sono un po' "malati", incapaci di comprendere la misericordia di Dio. E anche di loro Gesù si occupa. Qui forse sta l'aspetto più paradossale di questo vangelo: anche i farisei sono tra i malati, ma non lo sanno. E chiamandosi fuori, si precludono la via della guarigione. Anche noi rischiamo di essere, come i farisei, malati ambulanti, più intenti a giudicare le persone, che a comprendere il progetto di amore di Dio.

Flash sulla I lettura

"Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora...": dietro l'apparenza poetica, di parole dettate dalla fiducia in Dio, l'inizio della lettura racchiude un'ironia sferzante. Il poeta descrive la sicurezza orgogliosa di un popolo convinto di avere sempre e comunque Dio dalla sua parte. Dio risponde che in realtà "il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce". La presenza di Dio non è, come si aspetta il popolo, "pioggia di primavera che feconda la terra". Al contrario, egli replica "li ho colpiti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca". La parola profetica svela la falsità del popolo e la pochezza della sua fede, e indica la vera via della conversione e del riavvicinamento a Dio: non si tratta di compiere gesti esteriori, ma autentici gesti di amore; non si tratta di vivere una fedeltà esibizionistica, ma di compiere vere scelte di vita. Il profeta fa un discorso duro, che certamente infastidisce i suoi interlocutori. Ma non misura la sua azione in base al suuccesso personale. E' per il bene del popolo che egli scuote, incoraggia, denuncia. invita alla conversione. Oggi come allora, la cosa più difficile è invitare alla conversione chi si sente ormai già convinto e sicuro dell'appoggio di Dio, e crede di non aver bisogno del perdono di Dio.

Flash sulla II lettura

"Abramo ebbe fede, sperando contro ogni speranza". Paolo reinterpreta in chiave cristiana la vicenda biblica di Abramo, evidenziando il ruolo fondamentale della fede. Anche là dove sembra non esserci alcuna speranza, Abramo continua a fidarsi di Dio.

"E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia": il concetto biblico di giustizia è molto più ampio del nostro: stabilire la giustizia significa creare buone relazioni, stabilire una vita sociale positiva; trasportato nell'ambito del rapporto tra Dio e l'uomo, la giustizia appare come una prerogativa divina: solo Dio è il vero Giusto, che si fa vicino all'uomo per ristabilire l'amicizia distrutta dal peccato. "[...] ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato": si tratta di un fatto contagioso: la fede di Abramo, riconciliato e in amicizia con Dio, sta alla base della salvezza di tutti gli uomini. Credere in Gesù, riconoscendolo come Morto e Risorto, non è meno impegnativo che essere disposti a sacrificare il proprio figlio....

 

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