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TESTO Annunciare e proclamare, nonostante tutto

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2010)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Sia il profeta Geremia che nostro Signore Gesù Cristo ci stanno categoricamente illustrando che il ruolo di chi annuncia la Parola di Dio è tutt'altro che semplice e piacevole e in molte occasioni si rivela anche minaccioso e controverso. Fin quando del messaggio di cui siamo latori noi si comunica quello che al popolo risulta piacevole e incoraggiante e comunque non sia contraddittorio e lesivo delle altrui preferenze, noi sacerdoti siamo sempre apprezzati, guardati con ammirazione e ascoltati con interesse; quando invece ci si disponga perentoriamente all'annuncio della verità richiamando le anime all'attenzione e alla responsabilità su determinati punti, ebbene non di rado avviene che la sottoscritta verità non sempre è piacevole ad ascoltarsi, che parecchie volte urta con le coscienze degli interlocutori mettendoli in crisi e reca fastidio perché mette in evidenza colpe e lacune recondite che non si vorrebbe mai venissero a galla. Di conseguenza i pastori vengono avversati, diventano oggetto di scherno e non di rado anche esecrati per mezzo di stereotipi e illazioni da parte di chi non vorrebbe che determinate cose venissero comunicate o proferite. Si discute al giorno d'oggi dello scandalo (certamente innegabile) della pedofilia diffusa nel clero e in tal caso si è sempre pronti e ben disposti alle invettive e alle riprovazioni; raramente però si considera che parecchie di queste accuse possono essere nient'altro che semplici manovre di chi si coalizza per tramare contro un sacerdote: è sufficiente infatti che due o tre persone, di comune accordo e senza alcuna rilevanza oggettiva, decidano di lanciare un'invettiva di pedofilia contro il parroco severo o poco simpatico perché l'interessato venga inopinatamente ad essere "colpevole" e di conseguenza oggetto di pubblica diffidenza e dispregio. E' sufficiente storpiare un malinteso accaduto in parrocchia o aggravare volutamente l'entità di un fatto spiacevole, perché un sacerdote venga reso oggetto di critica e di abominio e quello che più è triste è che questo avviene non di rado solo perché la persona in questione non è simpatico, non ha le stesse caratteristiche del precedente o non è gradito quello che organizza o quello che proferisce dall'altare. Molte volte è semplicemente colpevole di essersi pronunciato su argomenti che in campo etico o dottrinale sono fastidiosi e insidiosi, perché ci rimproverano nel profondo...

Circa due anni or sono, nella chiesa in cui ancora adesso mi trovo a vivere e ad operare, avevo realizzato un piacevole itinerario di formazione rivolto ai ragazzi e ai ministranti dal risultato piacevole e incoraggiante; trascorsi alcuni mesi, senza alcuna ragione plausibile e senza (in coscienza) alcun demerito, colpa o mancata responsabilità, vidi sparire improvvisamente i ragazzi dalle mie riunioni e dagli incontri settimanali, senza che sapessi spiegarmene la ragione che tuttora resta oscura... E' evidente che a "qualcuno" non piaceva la mia opera, forse dava troppo fastidio o non era ben accetta. Si tratta di un solo esempio, fra i più banali, di quante avversioni noi pastori siamo costretti a subire a volte per motivi ridicoli e banali.

La cosa non deve affatto stupire, visto che la Bibbia ci parla di avversioni e contrarietà a cui sono costretti profeti, apostoli e lo stesso Signore Gesù Cristo in nome della verità e della trasparenza dell'annuncio di salvezza che, se da una parte comporta garanzie e soddisfazioni, dall'altra esige impegno, costanza, determinazione e non di rado rinuncia alle nostre certezze e preferenze: non di rado la Parola di Dio non è compatibile con le nostre scelte e ragioni di comodo e non può che contrastarci e lenirci fino in fondo quando venga a redarguire la nostra coscienza colpevole. Il tal caso si preferisce colpevolizzare il profeta che annuncia il messaggio scomodo gettandolo nella cisterna come nel caso di Geremia o tentando di precipitarlo dal pinnacolo di un monte come sta capitando adesso a Gesù che non si è arreso allo stupore degli astanti mentre applicava a se stesso la profezia del profeta Isaia: Gesù non può disattendere di proclamare se stesso il Messia promesso dalle genti e di proporsi come il Figlio di Dio che è venuto a salvare il mondo, ma neppure può omettere di porre delle condizioni indispensabili che, al pensiero di coloro che da sempre frequentano la sinagoga, risultano di fatto improponibili e scandalose, eppure sono quelle volute dalla novità del Regno di Dio apportata dalle parole e dalle opere dello stesso Signore. I Nazareni, suoi concittadini, avrebbero senz'altro elogiato Gesù e lo avrebbero colmato di onori e di gratificazioni qualora avesse proferito dei commenti alla Scrittura conformi alle loro aspettative e Gesù nella sua città sarebbe stato reso oggetto di privilegi, omaggi e favoritismi e invece non teme ritorsioni o recriminazioni nei suoi confronti nel proferire quello che obiettivamente ritiene vero e fondato, costi quel costi e indipendentemente dal pubblico che lo sta ascoltando.

Come afferma l'apostolo Paolo infatti evangelizzare realmente e senza retoriche e limitazioni, annunciando la Parola vera e risoluta, non è un vanto ma una necessità alla quale nessuno può sottrarsi e per la quale occorre essere pronti al coraggio disinvolto della verità, anche quando questa comporti spiacevoli inconvenienti e l'amicizia di Dio paga molto più di tutti i favori umani.

 

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