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TESTO L'amore chiede strada

mons. Antonio Riboldi

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XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/07/2001)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Venne chiesto una volta a Gesù quale era il comandamento, ossia la legge fondamentale perché l'uomo sia degno della vita eterna. E Gesù: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso".

Non si poteva certamente mettere in dubbio che ogni uomo è creato da Dio, il Padre che non solo ci ha fatto dono della vita, ma quello che più conta del Suo amore, che è il senso della vita, la gioia che dà ragione alla nostra esistenza. Ma la domanda più difficile, quella che si pone ancora oggi è "Ma chi è il mio prossimo?"

Potremmo rispondere, ogni uomo sulla terra, perché tutti siamo figli dello stesso Padre e tutti amati alla stessa maniera da Lui. Dio non fa preferenze: ama ciascuno di noi come un papà ama ogni suo figlio, pronto a dare la vita se fosse necessario. Non è neppure pensabile che nel cuore di un papà ci sia un figlio trattato meglio, emarginando gli altri. Anzi noi vediamo ogni giorno come nelle famiglie, papà e mamma privilegiano i figli che sono più deboli. Un giorno, andando a visitare una famiglia che aveva tra gli altri figli una figlia disabile e che chiedeva cure notte e giorno, pensai che dovessi portare chissà quale conforto. Mi sentii invece dire dai genitori: "Eccellenza, questa figlia è la nostra gioia, la nostra preferita, perché sappiamo che è così anche per Dio. Tanto è vero che da quando esiste nella nostra famiglia, Dio ci colma di ogni benedizione".

Se ogni uomo o donna sono nostri fratelli, figli dello stesso Padre, ed ognuno di loro fa parte della nostra felicità o sofferenza, è giustissimo quanto afferma la Chiesa nel documento pastorale del Concilio: "Le gioie e le speranze le sofferenze e le angosce di ogni uomo sono le gioie e le speranze, le sofferenze e le angosce di ogni cristiano".

Ma le cose non vanno così. Pare che quel "pilastro" dell'amore, su cui deve reggersi l'umanità perché abbia il volto di una civiltà dell'amore e sia davvero l'anticamera del Cielo, non sia conosciuto se non da pochi.

E rimane ancora oggi la domanda, che sarebbe bello porre ai potenti del mondo - ma poi perché chiamare così quanto invece dovrebbero essere saggi amministratori, servi degli uomini - "chi è il mio prossimo?"

Gesù con insuperabile icone traccia i diversi comportamenti, che si possono avere verso l'uomo, nostro fratello e prossimo. E lo fa con la parabola del buon samaritano, "che scriverei nella sala dove si radunano i grandi per chiedere loro conto di come intendono amare il prossimo.

Gesù mette al centro della parabola "un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico", ossia un uomo in viaggio, come è la nostra vita. E incontra tre modi di considerare il rapporto con l'uomo. La prima categoria sono "i briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo "semivivo". In altre parole non l'uccisero ma lo abbandonarono, impossibilitato a tornare a vivere, senza che qualcuno gli desse una mano.

Da quando si è come svegliata la coscienza pubblica del mondo è ben in vista la moltitudine di "semivivi", quasi due miliardi, che non riusciranno a sopravvivere se non si interviene a loro favore. E' questione di amore e di giustizia, che è la vera misura di ciò che noi siamo davanti a Dio.

La seconda categoria è rappresentata dal sacerdote e dal levita che "passano" e, quando lo vedono, passano dall'altra parte della strada. Sono i troppi che non credono sia loro dovere fermarsi e delegano ad altri il compito di curarsi del semivivo. In altre parole, se quell'uomo dovesse morire, sarebbero colpevoli di mancato soccorso e la morte del semivivo, sarebbe condanna davanti a Dio. La grande mobilitazione della Chiesa e del mondo per ricordare i miliardi di poveri costretti a sopravvivere nutrendosi delle briciole che cadono dalla lussuosa tavola del ricco epulone, come per il povero Lazzaro, credo abbia messo in discussione il nostro star bene, forse indifferenti ai tanti "semivivi": e dovrebbe scuotere la coscienza di quanti decidono dei beni della terra (che Dio ha dato per tutti e non solo per pochi).

Ed infine la stupenda figura del samaritano: un uomo qualunque, che fa la stessa strada, imbattendosi nel "semivivo" lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino: poi caricatolo sul suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Fino a che il semivivo tornò a vivere e così continuare il suo viaggio.

"Chi di questi tre - chiede Gesù a ciascuno di noi oggi - ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?" "Quegli rispose: chi ha avuto compassione di lui". E Gesù: "Va e anche tu fa lo stesso" (Lc.10,25-37) Non voglio neppure pensare che i cosiddetti 8 grandi si uniscano ignorando il grido dell'umanità che li invita a fermarsi e ad avere cura dei poveri della terra. Sarebbe quello di Genova un clamoroso insulto alla giustizia e sarebbe grande bestemmia lanciata contro l'umanità. Prego Dio che abbiano la capacità di fare sedere al loro tavolo di trattative, sia pure idealmente, i poveri della terra, perché nessuno sia più ricco epulone e nessuno sia più Lazzaro. Noi sappiamo bene che verremo giudicati sull'amore da Dio.

Mi raccontava un missionario, che conosce molto bene i poveri della terra, perché ne condivide la povertà. "Un giorno incontrai un bambino che stava morendo di fame e morì tra le mie braccia. Aveva di vivo due grandi occhi, che sembravano una grande domanda: "Perché devo morire?" una domanda che era anche preghiera. Quegli occhi li ho stampati nei miei e mi accompagnano ovunque, alimentando la mia voglia di farmi vicino a chi soffre, perché non soffra più. Quei due occhi sono lo specchio, in cui confronto la mia carità.

 

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