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TESTO Il nostro è tempo di guide cieche?

mons. Antonio Riboldi

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/02/2001)

Vangelo: Lc 6,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

Il Vangelo di oggi, VIII domenica "per annum", riporta una frase di Gesù che sembra una descrizione esatta dello sbandamento che è tipico del nostro tempo. La riferisco per meditare insieme a voi che con vero amore mi leggete: ed alcuni con sentimenti di vera amicizia, che è la qualità necessaria per un dialogo ed un ascolto. Grazie di cuore.

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca? Il discepolo non è più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro..." e più avanti: Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: "non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo" ( Lc.6,39-45)

Ogni giorno ci troviamo di fronte a fatti di cronaca che non coinvolgono solo i giovani, vittime troppe volte della inesperienza più che dalla cattiveria, ma anche adulti che dovrebbero avere pure imparato a distinguere il bene dal male. A meno che abbiano falsato la propria coscienza.

E tutte le volte, soprattutto, per fatti eclatanti, ci domandiamo: "Come mai è potuto accadere questo"? Talmente è assurdo quello che capita: come il delitto del giovane nel tempo di scuola, compiuto sulla ragazza che lo aveva respinto: o come l'adolescente che si toglie la vita solo perché non riesce bene negli studi: e potremmo continuare il rosario all'infinito.

Ogni volta che succede questo gli opinionisti vanno a caccia delle cause e puntualmente ci dicono che il nostro è "tempo che ha cancellato i valori fondamentali dell'uomo su cui poggia la gioia dell'esistenza". E i valori eterni e fondamentali sono quelli che Dio, il nostro Padre, ci ha dato nelle tavole della legge. Oppure più semplicemente affermano che è venuto a mancare il "senso della vita". Parole che dicono ben poco e spiegano nulla.

La verità è che oggi si seguono falsi modelli di vita, a volte proposti dai massmedia, che si fanno riferimento di esperienze. Sono i "cattivi maestri".

Al tempo della sconfitta dei terroristi, ebbi modo di parlare con tanti di loro essere delinquenza ma via la loro, così affermavano, non voleva essere delinquenza, ma una "guerra" civile per un cambiamento della società, che mostrava vistosi segni di ingiustizia: come oggi del resto. Davanti ai tanti uccisi, fermati nel loro folle disegno, ebbero modo di riflettere su tutto. "Siamo stati ingannati dai cattivi maestri", era la frase ricorrente.

"Non siamo soldati sconfitti", diceva uno di loro che si era dissociato, ma criminali: e dovremmo portarcelo scritto in fronte per ricordarcelo sempre.

Ma ci sono oggi i "cattivi maestri", ossia quelle guide cieche che pretendono di fare strada a ciechi? Si usa molto il termine di "riferimento". Ossia copiare ciò che fanno altri che sono poi la moda del momento, senza chiedersi se questa è davvero la strada giusta per interpretare la vita nel modo giusto: il modo che ti realizza interiormente dandoti quella serenità di cuore che ti fa amare la vita.

Per esempio, mia mamma, mio papà sono sempre stati sicuri punti di riferimento, perché testimoniavano nella vita una condotta che era la via della sapienza. E stavano attenti che noi ragazzi non "uscissimo di strada". E la loro strada era Gesù Cristo. Mia mamma prima di morire, a 99 anni e sei mesi, pur essendo io Vescovo e quindi guida spirituale scelta dal solo Maestro, si preoccupava al punto da farmi questa raccomandazione: "Antonio, stai attento, fa giudizio". Mi veniva da sorridere che queste parole fossero dirette a me, Vescovo: ma aveva ragione.

Aveva bene in mente mamma, che non era solo importante avermi fatto dono della vita, ma era più importante "darmi il senso della vita", che era la fede.

Quanti giovani si sono persi, nascondendosi dietro la scusa: "fanno tutti così": oppure "l'ho visto fare in Beautiful o cose del genere".
E "i frutti si vedono poi dall'albero".

Ma la domanda è: "Chi sono oggi le guide cieche?". Sarei felice se voi che mi leggete mi aiutaste a scovarle o insieme smascherarle per salvare tanti che si perdono nella infelicità: come è l'esercito dei tossicodipendenti o dei suicidi. E vi chiedo, chi oggi può essere "un riferimento che sia come un faro della vita da seguire"?

Ci possiamo fidare della famiglia, della scuola, della Chiesa, della compagnia, delle mode di interpretare la vita della società?

Ho tanti esempi nella mia esperienza pastorale che a volte mi dicono come i giovani, soprattutto cerchino "riferimenti di vita". Basterebbe pensare alla giornata mondiale della gioventù.

Nel mio piccolo, una sera giunsi ad un dibattito con i giovani in una parrocchia, completamente afono. Cercai di annullare l'incontro ma non era possibile. Al momento di prendere la parola davanti a più di mille giovani, mi trovai con il silenzio in bocca. I giovani compresero il mio dramma ed uno di loro si alzò e così espresse il sentimento di tutti: "Don Antonio, non è necessario che tu parli: basta che tu ci sia".

Quando si va in montagna ci si sente sicuri soprattutto nei punti più difficili, stringendo forte la mano della guida alpina. Ti dà sicurezza. E così dovrebbe essere nella vita.
Carissimi, diamoci una mano a scoprire i "veri maestri"!
Voglio riportare una bella poesia di Trilussa:
"Quella vecchietta ceca che incontrai
la notte che me persi in mezzo ar bosco,

me disse: "Se la stra nun la sai te ci accompagno io, che la conosco".
Se ciai la forza de venimme appresso
de tanto in tanto te darò una voce
finno là in fonno, dove c'è un cipresso,
fino là in cime, dove c'è la Croce.."
Io risposi: Sarà...ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede.."
La ceca, allora, me pijò la mano
e sospirò: "Cammina". Era la fede

 

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