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TESTO Sperare: affidarsi alla diversità

don Maurizio Prandi

II Domenica di Avvento (Anno C) (06/12/2009)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

La settimana scorsa abbiamo sostato sul verbo sperare in riferimento al nostro futuro, provando a disegnare il nostro futuro come il luogo del compimento della parola buona (prima lettura), come il tempo dello spenderci abbondando e sovrabbondando nell'amore (seconda lettura), come fiducia totale nella presenza del Signore (vangelo), in questa seconda domenica di Avvento possiamo, credo, guardare al nostro presente. S. Paolo si rallegra ora per la fede dei Filippesi, la parola di Dio scende ora e il Battista è ora la voce che grida nel deserto.

Inizialmente mi ha colpito il riferimento alla gioia (alegria traduce il testo in spagnolo...) che appare nella prima lettura in riferimento a Dio. Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui. Fonte della gioia in Dio è la sua misericordia... forse è per questo che spesso siamo scontenti, scontrosi, tesi, nervosi... perché non siamo misericordiosi, con noi stessi e con gli altri. Ma la seconda lettura anche ci parla di gioia... una gioia forse un po' strana, perché s. Paolo, quando indirizza queste parole (prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera) ai Filippesi, scrive dalla prigione, incatenato... il primo invito che colgo qui è che sono chiamato a guardare con fiducia al mio presente nonostante le difficoltà che ci possono essere. Nella tribolazione, nella prova, nella difficoltà, la presenza di Dio è certa. Paolo può pronunciare quelle parole per tutto il bene che prova nei confronti della comunità di Filippi e per tutto il bene che riceve da questa comunità... non so, ma qua mi pare ci sia un'altra importante indicazione: la presenza di Dio è resa viva dall'amore dei fratelli. Là dove non si sperimenta questa fraternità è difficile vivere esperienze di bene. Questo relazione così intima, stretta, nasce, (con un calco dal testo greco), a motivo della vostra comunione con l'evangelo. La gioia nasce dalla comunione con l'evangelo, quello che mi pare di sperimentare qua a Cuba grazie alla responsa-bilità condivisa con molti missionari è qualcosa di molto simile o che per lo meno mi aiuta a capire quello che scrive Paolo. Quando con i missionari di Manacas o di Cascajal arriviamo nei più lontani villaggi nei campi di canna da zucchero, le persone ci ricevono sempre con una gioia grandissima. Dicono che quella dei missionari è una presenza che è una parola buona per loro: la parola buona della visita, del ricordo, della cura, dell'appoggio... ed ecco che la tribolazione non è l'ultima parola. Non è l'ultima parola sulla vita di Mina e del suo sposo, Francisco Caridad, colpito dalla demenza senile... Avevano quattro figli e sono morti tutti e lei, quando partiamo è ancora capace di salutarci sorridendo... non è l'ultima parola sulla vita di Diana, che, fidanzata, è diventata cieca dopo una operazione al collo non riuscita e non ha smesso di ridere e fare battute per tutto il tempo che siamo stati in casa sua... l'ultima parola è l'accoglienza, quella comunione con il Vangelo di cui parla S. Paolo. Ecco ciò che costruisce i legami... la comunione con il vangelo, con Gesù, comunione nella quale possiamo portare frutto grazie alla fedeltà di Dio, grazie al suo operare, grazie al suo desiderio di portare a compimento ciò che la povertà dell'uomo non riesce a fare... sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Scrive Enzo Bianchi: l'Evangelo plasma la comunità, le dà un volto, la vivifica, nel momento stesso in cui la comunità lo accoglie, lo proclama, lo diffonde.

Del brano di vangelo ascoltato sempre mi colpisce la lapidarietà ma anche la bellezza della frase: la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto... mi colpisce perché agisce in un oggi ben preciso della storia, in una quotidianità. E mi colpisce perché Dio non tiene di conto di nessuna gerarchia di potere (mi affido a chi può prendere decisioni importanti a favore dei miei) o di denaro (mi affido a chi può, a chi è coperto dal punto di vista economico...); la storia della salvezza, nel piano di Dio deve mettere le sue radici nei luoghi marginali, poveri, desertici perché lì e soltanto lì incontra anime che tengono una spazio per Lui. Oggi alla domanda: Avete fatto caso a dove scende la Parola di Dio? Una signora della comunità di Las Nieves mi ha risposto: su chi ne sente la necessità... una risposta che subito in me ha risuonato come importante... sento la necessità della Parola di Dio? la Chiesa oggi sente la necessità della parola di Dio? E' una domanda che mi pongo perché, tra le poche notizie che arrivano qua, quelle di incontri ai quali come relatori sono invitate persone come Pera o Ferrara sono quelle che mi innervosiscono di più. Brava gente eh? ma che con il vangelo mi pare poco abbiano a che fare e fortunatamente lo riconoscono anche grazie alla loro onestà intellettuale. Lo Spirito va nel deserto a scovare Giovanni, altri cercano i vari Tiberio o Ponzio Pilato di oggi. Peccato... occasioni perse...

Del vangelo mi colpisce anche la persona di Giovanni, con la sua radicalità (a cominciare dalla rinuncia ai privilegi dovuti ai sacerdoti, classe delle quale di diritto avrebbe potuto far parte visto che suo padre era sacerdote del tempio) e la sua profonda diversità rispetto a Gesù:

1. presentato come l'ultimo profeta dell'A.T., il regno di Dio non irrompe con lui, ma con Gesù;

2. molto austero, Gesù invece è amico dei pranzi e delle feste;

3. annuncia la penitenza e la conversione e il castigo di Dio, Gesù annuncia la misericordia, il perdono, la riabilitazione, uno sguardo di speranza sull'uomo;

Di questa diversità Dio non ha paura, anzi... a questa diversità Dio si affida per preparare la strada a suo Figlio... Giovanni Battista dal canto suo, ci mostra che la diversità non è lontananza, pericolo, minaccia... la diversità è capace del dono più grande quello della propria vita. Mi pare un invito grande a vincere le nostre paure, le nostra diffidenze e ad incamminarci con gratitudine incontro al Signore che viene a visitarci.

Un abbraccione a tutti, don maurizio
maurizioprandi@obistclara.co.cu

 

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