TESTO Non esistono strade impossibili per incontrare il Signore
II Domenica di Avvento (Anno C) (06/12/2009)
Vangelo: Lc 3,1-6
1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
5Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
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Sto scrivendo questo commento al Vangelo domenicale dopo che si è appena concluso un incontro molto particolare in parrocchia. Questa sera con i giovani abbiamo incontrato alcuni volontari di una associazione che si occupa dell'assistenza delle persone in carcere. Era presente all'incontro, per dare la sua testimonianza diretta, anche un ex-carcerato, dalla lunga storia di detenzione.
Come parrocchia abbiamo deciso nell'Avvento di dare particolare attenzione a questa realtà così particolare, che è vicina a noi fisicamente (abbiamo a Montorio una grosso carcere) ma nello stesso tempo assai distante per l'ignoranza e il pregiudizio che la circonda.
Le testimonianze dell'ex-carcerato e dei volontari sono state molto forti e ci hanno descritto una realtà carceraria caratterizzata da una estrema povertà e violenza.
Finire in carcere significa finire in un luogo dove il cammino della redenzione personale è ostacolato continuamente non solo dalla mancanza di libertà, ma anche dalla durezza del rapporto con altri carcerati, ammassati in strutture che contengono più del doppio delle persone per le quali sono state progettate. La mancanza di un cibo decente e persino del necessario per l'igiene personale porta la persona a scendere sempre più i gradini della disumanizzazione. Al carcerato è spesso negato anche il diritto a riscattarsi attraverso il lavoro, ed è condannato a un " non-fare-nulla" che non può che peggiorare la persona invece di migliorarla.
Io e i giovani presenti a questa serata sul carcere, siamo rimasti davvero colpiti da questo " squarcio" aperto nei muri della prigione. Non è mai stato messo in discussione il problema del reato commesso che non si vuole sminuire. Non si vuole nemmeno mettere in discussione il valore della giustizia, che porta a far pagare chi ha sbagliato, e a risarcire, anche in questo modo, chi ha subito un danno ed è rimasto vittima del reato di chi finisce in carcere. Ma non possiamo dimenticare che queste persone, anche se hanno sbagliato in modo grave, rimangono appunto " persone".
Ce lo hanno ricordato proprio i volontari che operano dentro il carcere. Mi viene spontaneo paragonarli al Battista del brano evangelico.
Giovanni, nel deserto, alza la voce e grida di fare tutto quello che è possibile per accogliere il Signore che viene. Usa le parole del profeta Isaia che invitano a fare una cosa che per noi è davvero enorme e quasi impossibile: abbassare le montagne e riempire ogni burrone, e rendere diritte tutte le vie storte.E' un impresa davvero impossibile... ma si può almeno cominciare a farla, perché in questo modo incontriamo il Signore.
Il cristiano crede che nessuna strada è del tutto impossibile per andare incontro al Signore.
E' forse proprio questo lo spirito che spinge questi volontari a entrare nel mondo difficilissimo del carcere, per incontrare e occuparsi di persone che hanno storie incredibili e a volte veramente drammatiche.
Entrano nel carcere cercando di abbattere le montagne di pregiudizi che ci sono, e cercano di raddrizzare le vie storte della comunicazione con il mondo esterno, il nostro, che tende a vedere nei carcerati solo dei condannati da dimenticare e rifiutare.
Il Signore Gesù lo incontriamo anche nel volto duro e segnato dalle colpe di un carcerato. Ce lo ha ricordato Lui stesso quando disse: "...ero in carcere e siete venuti a visitarmi" (Vangelo di Matteo, capitolo 25).
Prepararci al Natale significa quindi allenarsi a vedere Gesù non solo nel volto tenero di un bimbo piccolo in una mangiatoia (anche se già questo è di per se scandaloso se pensiamo all'idea classica di un Dio che deve essere sempre onnipotente), ma anche nel volto duro del carcerato. Se voglio davvero incontrare il Signore devo prendere sul serio l'invito di Giovanni Battista: abbattere le montagne dei pregiudizi, riempire le valli dell'odio e della vendetta, e raddrizzare le strade della solidarietà.