TESTO Solennità di Cristo, Re dell’Universo
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (22/11/2009)
Vangelo: Gv 18,33b-37
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
La Chiesa chiude il suo anno liturgico, con la solennità di Cristo Re. L'anno liturgico, agli occhi di Dio, è tempo senza fine, in cui si intreccia il dialogo tra Dio Creatore e noi uomini.
Un dialogo in cui Dio non si arrende ai ‘no' dell'uomo, ma va oltre, cercando di vincere la nostra resistenza con un amore che è davvero infinitamente grande: il Padre non vuole che alcuno si perda! Gesù, venendo tra noi, fattosi uomo, cerca di riportare non solo la verità, ma l'amore, chiamandoci ad entrare nel Suo Regno.
Così, durante l'anno liturgico, che inizia con l'Avvento, si 'fa memoria' - rivivendola - della passione di Dio per noi. Ci si ripresenta la vita del Figlio, perché noi possiamo farci coinvolgere, partecipare e così, raggiungere la mèta: entrare nella salvezza.
Dobbiamo sempre ricordarci che ciascuno di noi non è, come qualcuno ha definito l'uomo, 'uno scherzo della naturà. Dio sa quanto siamo grandi ai Suoi occhi: e non può essere diversamente, se pensiamo anche solo un attimo all'amore immenso di un padre che genera un figlio.
Ed è giusto che oggi facciamo festa a Gesù, nostre RE, per quello che, non solo ha operato, ma opera continuamente tra noi e in noi.
Basterebbe pensare alla Sua presenza nell'Eucarestia, al farsi 'pane della nostra vità, prendendo addirittura fissa dimora in ciascuno di noi, partecipando della nostra vita, qui, che lo vogliamo o no. Questa è la santità e il vero significato di una vita vissuta con Dio: 'vivere di Gesù', o, come dice Paolo :'Vivere Gesù'.
Troppi neppure sanno o pensano che Dio prende tanta parte nella nostra vita. Che perdita! Facciamoci illuminare dalle parole che oggi ci dice l'Apocalisse:
"Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti, e il principe dei re della terra.. A Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, Amen, ecco viene sulle nubi e ognuno Lo vedrà: anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per Lui il petto. Sì. Amen. Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente" (Ap 1, 5-8).
Leggendo il Vangelo, pare che Gesù abbia scelto i momenti più drammatici per affermare le grandi verità, che non ammettono ombre. Davanti a Pilato, che aveva il potere di giudicare e condannare, Gesù si poteva difendere da una precisa accusa, imperdonabile: 'Tu sei il re dei Giudei?'. Quell'accusa poteva essere, agli occhi di Pilato, una grottesca invenzione degli avversari di Gesù. Come poteva infatti essere re senza incoronazione, senza territorio da governare, soprattutto senza potenza? Altra era Pilato, che aveva alle spalle l'impero romano, pronto a intervenire con la forza militare, altro era Gesù, solo, abbandonato da tutti, forte solamente per il suo essere Figlio di Dio, ma volutamente alieno da ogni esercizio di potere terreno.
La Sua potenza era l'Amore del Padre. Pilato aveva davanti a sé un uomo che non faceva assolutamente paura: una povera cosa che si poteva schiacciare quando e come si voleva. E Gesù, con semplicità, sapendosi totalmente in mano ad un simile mostruoso potere e avendolo accettato con la logica ferrea dell'amore, risponde con chiarezza disarmante:
"Gesù rispose: Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto? Pilato rispose: Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto? Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo: se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei: ma il mio regno non è di quaggiù. Pilato allora disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Gv 16, 33).
Sappiamo che di fronte a questa proclamazione della verità, Pilato chiese: "Ma cos'è la verità? e non ebbe risposta.
Due modi diversi, contrapposti, di esercitare la regalità e il potere.
Il primo, quello di Pilato, è lo stesso del mondo in tutti i tempi, quando addirittura il potere diventa assoluto, annullando la libertà delle persone, come è nelle dittature. É diventare 'padroni degli uomini e delle cosé, è la potenza o prepotenza, a cui poco importa che gli uomini trovino pace, ricevano rispetto della propria dignità e libertà. É un potere che a volte si esercita con tanta virulenza da suscitare terrore.
Ma l'autorità che si esercita nel potere, qualunque questo sia o da qualunque parte venga, dalla famiglia - se volete - dalla società, dalla stessa Chiesa, dovrebbe aiutare a crescere nella libertà, nella giustizia, nel bene: e tutto questo disinteressatamente, senza, con il potere, 'farsi strada', vincendo la tentazione di badare solo ai propri interessi, che, se diventano l'obiettivo del potere, si trasformano in squallide 'rapiné agli uomini e grave bestemmia alla nobile natura dell'autorità, che discende dal Cielo.
‘Fare strada agli uomini - affermava don Milani - senza farsi strada'.
Siamo, a dir poco, scandalizzati, dalla lotta dei partiti per i vari poteri nei governi, da quello nazionale a quello locale: una lotta che, a volte, è stata definita 'di coltellì, poiché non risparmia colpi.
Non avremo mai parole adatte per condannare le squallide scalate al potere, da qualunque parte vengano, vergognosi sfregi al 'servizio della comunità'.
Gesù, invece, - e con Lui tutti i fedeli che Lo seguono, con esemplarità in tanti Santi - continua a dirsi Re, davanti a Pilato e davanti a noi, nella sua nudità e apparente debolezza, che ignora ogni forma errata di potere.
Gesù continua ad affermare che il suo potere è l'amore: un amore che non si vergogna di essere servizio, fino a lavare, come avvenne nell'Ultima Cena, i piedi dei Suoi discepoli, scandalizzando gli Apostoli. Un potere che si fa dono, fino a dare la vita sulla croce, perché quelli che Lui governa, noi, abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Un potere che celebra la sua gioia nel farsi cibo nell'Eucarestia. Eppure Lui, a differenza di noi uomini, davvero ha potere su di noi, è il nostro Re, Lui e Lui solo può chiamarsi Via, Verità e Vita.
Per Lui tutte le cose sono state fatte e, con Lui, se accettano la sua regalità, condivideranno la gloria. Di Lui solo possiamo dire in pienezza: 'Tu sei la mia vita, altro io non ho'.
Eppure tanta regalità quasi non si fa sentire, fino a poterla ignorare, anche se così agendo è come oscurare il sole della vita, mettendosi le mani davanti agli occhi per paura della luce, come facciamo a volte, tanti.
E allora se regnare per Gesù è amare, noi possiamo donare a Lui un 'sì' con tutto il cuore, come è nella natura dell'amore.
DirGli 'Grazie, perché mi ami'; farsi portare sulle braccia, anche se qualche volta, seguendo Lui, le nostre braccia, con le Sue, si troveranno distese sulla croce, ma sarà sempre riposare in Dio.
Non resta che affidarci al grande amore a Gesù che aveva Paolo VI, che scrisse quella stupenda pagina, che amo spesso riproporre: ‘Tu ci sei necessario'.
Leggiamola con il cuore e con commozione:
"Oggi, l'ansia di Cristo pervade anche il mondo dei lontani, quando in essi vibra qualche autentico movimento spirituale. Il mondo, dopo aver dimenticato e negato Cristo, Lo cerca. Ma non lo vuole cercare qual è e dove è. Lo cerca tra gli uomini mortali; ricusa di adorare Dio che si è fatto uomo e non teme di prostrarsi servilmente all'uomo che si fa Dio. Ma oggi dall'inquietudine degli spiriti ribelli e dall'aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe una confessione al Cristo assente: di Te avremmo bisogno. Di Te abbiamo bisogno, dicono anche altre voci isolate, ma sono molte oggi e fanno coro.
È una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di generosi che da Lui imparano il vero eroismo; di sofferenti che sentono la simpatia dell'uomo dei dolori; di onesti che riconoscono la saggezza del vero maestro; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura; di volenterosi che sperano di incontrarLo sulle vie diritte del bene,
L'ansia di trovare Cristo si insinua anche in un mondo avvinto dalla tecnica del materialismo e della politica, e non vuole soffocare.
O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario per venire in comunione con Dio Padre, per diventare con Te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi, rigenerati dallo Spirito Santo.
Tu ci sei necessario, o solo e vero Maestro delle verità recondite della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne perdono.
Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del genere umano, per ritrovare la ragione vera della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace. Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa un valore di espiazione e redenzione.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi, per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli" (Quaresima 1955).
Vorremmo avere tutti, anche solo una briciola di questa 'passione per Gesù', gli stessi sentimenti di Paolo VI, che sono i sentimenti dei cristiani che amano e si lasciano amare da Gesù.
Che lo Spirito ci aiuti ad abbandonarci a tanto amore.