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TESTO Il mistero-dono della sofferenza

mons. Antonio Riboldi

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/02/2000)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,1-12

1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Un amico di Internet mi ha posto una domanda, all'apparenza dalla risposta difficile, – ma tutte le domande vere e grandi della vita trovano difficoltà nella risposta per il limite della nostra natura umana – "Sono anni che soffro, e sono sempre in attesa che Dio almeno mi faccia capire il perché porto questa croce. Debbo attendere ancora tanto per almeno vedere un segno di Dio che, come Padre che ama, certamente non si diverte a farci soffrire?"

La risposta l'ha data Gesù, parlando della Sua sofferenza. Lui era ed è il Figlio di Dio, e quindi avrebbe dovuto non conoscere nessun tipo di dolore: né quello fisico, né quello del cuore, più numeroso di quello fisico.

"E' necessario, ripeteva spesso a quanti avevano intenzione di seguirLo, che il Figlio dell'uomo venga un giorno, arrestato, flagellato, schernito, crocifisso...ma il terzo giorno risorgerà". Chiamava il giorno della Sua divina sofferenza: "La sua ora". La sua sofferenza non era una necessità come la nostra, ma era la scelta di Dio che volendo liberarci o dare un senso alla nostra sofferenza, seppe che l'amore per toglierci dalla croce passava inevitabilmente dalla croce.

Ogni volta che contemplo il Crocifisso che ho sempre davanti ai miei occhi per capire la mia vita, la inevitabile sofferenza che quotidianamente accompagna i passi della mia vita, cerco di trovare la risposta al mio dolore. E comprendo che amore e dolore camminano insieme. Non possono staccarsi. Inutile, se non dannoso, volere scindere amore e dolore.

E ogni volta che contemplo la Croce, mi pare di vedere le infinite croci che si alzano su questa umanità: mi pare di udire il gemito che sale dagli ospedali, dal letto degli ammalati: il grido disperato di chi è vittima della violenza: le lacrime soffocate di tanti papà e mamme per i loro figli; il volto spento di milioni che non hanno più nemmeno la forza di soffrire perché la loro vita è l'ultimo tratto che li separa da una morte che non meritano, perché non hanno trovato il cibo per vivere. E potrei continuare all'infinito a raccontare le voci della croce dell'umanità. Basta fermarsi un momento ed ascoltare chi ti è vicino o ti passa accanto e sempre c'è un racconto di un Calvario che si sale, ognuno con una via diversa, come diverso è il cammino dell'uomo. C'è una risposta a questo dolore? L'amore.

Credo tanti di voi abbiate visto le immagini televisive del Giubileo degli ammalati, celebrate a Roma l'll Febbraio. Erano decine di migliaia venuti da tutto il mondo. Si sono accostati alla Croce di Gesù trovando in essa la risposta che il S. Padre così spiegò: "La sofferenza è un dono di Dio". Ed è vero. I Santi (basta pensare a S. Francesco o a Padre Pio,) e troviamo che cercavano la sofferenza come un privilegio ed un dono di Dio. Quando Francesco chiese da Gesù le stimmate, spiegò questa sua preghiera così: "Non solo per soffrire quello che Lui soffrì, ma soprattutto l'amore per cui accettò quelle indicibili sofferenze".

Gesù lo troviamo oggi nel Vangelo che accoglie i sofferenti, dando un segno del Suo immenso amore, guarendoli. "Si seppe che Gesù – racconta il Vangelo di Marco – era a Cafarnao in una casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la Parola. Si recarono da Lui con un paralitico, portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede disse: "Figliolo ti sono rimessi i tuoi peccati. Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua" Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti (Mc. 2,1-12)

Per Gesù la sofferenza non è un male "solitario", ossia da vivere da soli. E' un richiamo alla condivisione, all'amore. Ossia tutti siamo chiamati a farci vicini a quelli che soffrono e diventare Cirenei. L'esperienza dice che quando nella sofferenza, qualunque sia la sua natura, si incontra un fratello che accetta di farsene carico, come fa la mamma con il bimbo, questa diventa serenità.

Dio solo sa quanti. 'crocifissi' ho trovato sulla mia vita di pastore: dal terremoto della Valle de1 Belice, alla vita quotidiana. La mia casa di vescovo è sempre il punto di arrivo di tante situazioni che a volte sanno di disperazione. Ed ogni volta che uno mi affida la sua sofferenza per me è un grande dono. La gioia di poter schiodare i crocifissi. Non c'è giorno che qualcuno non mi affida, anche per Internet, la sua storia di dolore. A tutti dico grazie, perché è amore che fa risorgere e si scrive a lettere indelebili in Cielo.

 

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