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TESTO Una vita che non si ferma mai

mons. Antonio Riboldi

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/10/1999)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 23,1-12

In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

"La moltitudine immensa che nessuno poteva contare" è la visione che usa Giovanni l'Apostolo nell'Apocalisse per descrivere "quanti" popolano il Paradiso: ossia la moltitudine dei santi. A prima vista potrebbe sembrare un'affermazione esagerata, quando ci fermiamo forse troppo superficialmente sulla realtà che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. E' così raro ammirare i "tratti della santità" nella gente comune che ci sta attorno che si vede il Paradiso come una meta irraggiungibile. "Ma chi ci andrà mai?" Ci si chiede. E questo soprattutto confrontando la grande fatica che facciamo per trapiantare il "divino", che è poi la santità, in noi. Ci imbattiamo in tante di quelle debolezze che sembriamo proprio tagliati fuori da ogni possibilità di santità. Vorremmo essere umili e vediamo tutti i nostri gesti imbrattati di superbia che non riusciamo a contenere tanto è grande. Vorremmo essere "poveri in spirito" e ci sentiamo le mani continuamente sporche delle cose cui siamo attaccati fino a diventare chiusi e gretti verso la più elementare generosità che ci insegni a liberarci da noi stessi per aprirci alla luce e alla vita dell'amore. Vorremmo contenere nel cuore tutta la gente, soprattutto quelli che soffrono, fino a diventare solo amore e poi ci accorgiamo che per indifferenza o per scelta di stare comodi, non riusciamo a mettere neppure il naso fuori dagli interessi della propria vita. Chiediamo al Padre continuamente misericordia per questo nostro stato di peccatori e dopo un attimo ci sembra di ripeterci nelle stesse mancanze fino a dubitare di essere sinceri nella stessa richiesta di perdono. E viene da domandarci: "Ma la santità è di tutti, o è atto eroico di qualcuno che Dio privilegia ed ama in modo particolare?".

E' giusto chiederci tutto questo oggi, solennità di tutti i Santi, quando da una parte i nostri occhi, chinandosi sopra le tombe dei nostri cari contemplano il grande mistero della morte che è per tutti; e ci interroghiamo su ciò che ci attende dopo la morte. Non è possibile che tutto finisca lì, sotterrato sotto una manciata di terra, come non fosse mai esistito. E neppure può finire lì in un mesto ricordo tutto il vincolo di amore che ci univa in vita con chi ora non è più tra di noi. Non può essere possibile costruire un amore che non abbia dimensioni di eternità. Può benissimo capitare che qualcuno di noi consideri la vita un "diario su cui scrivere sciocchezze", un diario da "buttare tutto per intero perché non vale la pena conservare" e peggio ancora, disonorerebbe chi l'ha compilato.

La vita, e lo sentiamo tutti nella esperienza quotidiana, è una cosa molto seria. Pensiamo alla vita quotidiana di una mamma in casa, la vita di una giovane nella sua fatica di crescere bene, la fatica di un uomo, di un padre di famiglia nel lavoro, la fatica di un missionario, di un prete, di una suora, di un ammalato, e via dicendo. E' simile ad una banconota di grosso taglio sulla quale investiamo tutto noi stessi, dignità, felicità, amore, onestà, sofferenze. Almeno nella volontà si vorrebbe fare della vita un "racconto" che splenda agli occhi di tutti, dagli occhi di Dio, a quelli degli uomini. Viene allora chiaro che la vita è innanzitutto Dio che ama e attraverso la sua volontà eseguita nella semplicità e durezza quotidiana, stende su di noi quella veste di santità che è la sua veste. Sempre che noi eseguiamo con fede e fedeltà questa volontà. Un vestito magari a volte lacerato dalle nostre infedeltà, contrastato dalla nostra insana voglia di metterci addosso un vestito che è solo rifiuto di bellezza, amore e divinità: ma che poi la sincerità della nostra continua conversione da a Dio la possibilità di ricucire negli strappi. A san Paolo che si lamentava presso Gesù per "il pungolo del peccato" che lo infastidiva, Dio rispose: "E' proprio quando sei debole che io sono forte".

La santità allora, carissimi, lo afferma il Concilio a note chiare, è di tutti. "Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità...". E dà un esempio per le famiglie: "I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono con costante amore sostenersi a vicenda nella grazia per tutta la vita e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole che hanno amorosamente accettato da Dio. Così infatti offrono a tutti l'esempio di un amore instancabile e generoso, edificano il fraterno consorzio della carità..." (L.G. 41).

O provate a pensare ad una regola semplicissima di santità: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua vita e amerai il tuo prossimo alla stessa maniera, come te stesso": vivere amando, o almeno in costante ricerca che la vita sia amore, solo amore, che non esita a farsi sacrificio, totale dono di sé. Allora senti che cammini veramente nella via della santità: una via che passa in questo mondo e non conosce le regole di questo mondo; passa accanto alla palude dei vizi umani, ma non la percorre. Una via che sembra non avere anni e che non si ferma alla porta del cimitero: vi entra solo per depositare un corpo disfatto dalla fatica di amare; un corpo segnato dalla sofferenza della croce, come quella di Cristo, in attesa della resurrezione.

 

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