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TESTO Religio vera: la fede

don Daniele Muraro   Home Page

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/09/2009)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Fra i tanti miracoli compiuti da Gesù i Vangeli riportano i più rilevanti, quelli esemplari. La guarigione del sordomuto raccontata da san Marco presenta più di un aspetto emblematico.

Gesù aveva fatto una deviazione rispetto al suo intinerario consueto e si era inoltrato in pieno territorio pagano. La sua fama era arrivata fin lassù e gli abitanti del luogo presentano al Maestro un sordomuto pregandolo di imporgli la mano.

La risposta di Gesù supera la stretta richiesta di intervento e ingiunge al malato di apparatarsi. Lontano da occhi indiscreti e dai commenti della gente, Gesù non si riduce a mettere la mano sulla testa del malato come volevano i suoi accompagnatori, anzi non si il Vangelo non nomina nemmeno questa mossa.

Piuttosto Egli tocca il sordomuto nei punti della sua infermità, con le dita gli orecchi e la lingua.

Alzando gli occhi al cielo Gesù invoca Dio suo Padre. Nel sospiro che accompagna la preghiera noi possiamo intuire l'interiore partecipazione di Gesù alla sofferenza di quello sfortunato uomo impedito a comunicare.

Il Signore completa l'opera della guarigione con un ordine: "Apriti!": l'effetto è immediato sia sull'udito che sulla favella. Il poveretto che parlava farfugliando come fanno i sordi dalla nascita i quali imitano a stento i movimenti sulle labbra degli altri e non riescono mai bene ad articolare i suoni, adesso pronunzia correttamente e il suo eloquio è scorrevole.

Al termine Gesù chi aveva assistito al fatto a non divulgarne la notizia. È il tema del segreto ricorrente nel Vangelo di san Marco.

Gesù non vuole che si parli di lui, teme che si banalizzi la sua persona e il suo messaggio, che si isoli un episodio e se ne costruisca sopra un mito, che si deformi il suo annuncio.

Con quale metro giudichino gli uomini appare evidente dalle amare osservazioni di san Giacomo nella seconda lettura. Colui che è vestito lussuosamente viene accolto con tutti gli onori e gli si fa subito largo: "siediti qui, comodamente"; se uno è povero invece non viene preso in considerazione, tutt'al più gli si può dire: "mettiti da una parte stando 'in piedi'", oppure: "non vedi che c'è ancora posto 'qui ai piedi del mio sgabello'?".

Il criterio che san Giacomo denuncia all'interno presente della sua comunità e che nella Chiesa dovrebbe rimanere un'eccezione, nel mondo è la regola.

La circospezione di Gesù dunque era ben motivata. Anche la religione e non solo la qualità morale delle persone può andare soggetta a false interpretazioni.

Molte sono i malintesi cha ancora oggi circolano a riguardo di che cosa sia religione. Potremmo riassumerle in un'unica frase: tutte le religioni sono uguali. Il concetto lo troviamo espresso già in una supplica del 382 rivolta all'Imperatore Valentiano.

Gli ultimi nobili pagani chiedevano di ristabilire nell'edificio del senato a Roma il culto della dea Vittoria e argomentavano: "La verità è nascosta... Tutti venerano lo stesso Dio; noi pensiamo a un'unica cosa, contempliamo le stesse stelle, unico è il cielo sopra di noi, il mondo che ci circonda è il medesimo. Le diverse forme di conoscenza attraverso cui ciascuno cerca la verità non hanno importanza. Non si può giungere a un mistero così grande attraverso una sola via."

Il pensiero oggi dominante dice esattamente la stessa cosa: il senso della vita e l'esistenza di Dio sono misteri che non si possono ricondurre ad un unico schema e a una via obbligata per tutti.

Suggerendo la pratica della tolleranza si diffida chiunque a mettere la propria opinione al di sopra delle altre. Sostenere che tutto è relativo significa però negare che esista l'Assoluto e la Verità con la lettere maiuscola, in una parola il nocciolo della fede.

Secondo questa mentalità l'annuncio religioso si dovrebbe ridurre ad un'opera di propaganda simile a quella praticata dagli imbonitori sulla pubblica piazza con una differenza: i commercianti cercano di convincere i passanti ad acquistare le proprie mercanzie, i predicatori pongono sul mercato l'adesione ad una fede.

Gesù nel Vangelo vuole sfuggire proprio a questo rischio: quello di essere considerato un santone, un guaritore, un maestro spirituale, come ce ne sono tanti altri. Invece Egli è il Salvatore.

Ad ogni celebrazione del Battesimo la Chiesa ripete il rito dell'effatà (apriti) accompagnandolo con le parole: "Il Signore Gesù che fede udire i sordi e parlare i muti ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre."

Come nel Vangelo, così ancora oggi Gesù sblocca orecchi e lingua, apre mente e cuore dei suoi discepoli, ma questa specie di miracolo avviene solo in un contesto di quiete, nel segreto della coscienza, dove si ragiona si vuole si spera e si ama. Unicamente da un'esperienza di questo genere può nascere la fede che è adesione alla persona di Gesù e non a degli slogan o a delle trovate propagandistiche.

Religione nella sua radice antica vuol dire appartenenza. Di solito il concetto si applica ad un gruppo; per i cristiani invece la definizione si riferisce a Gesù Cristo: essere di religione cristiana vuol dire avere incontrato Gesù come Signore e aderire a Lui con fede e amore.

 

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