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TESTO Il seminatore uscì a seminare...

mons. Antonio Riboldi

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (11/07/1999)

Vangelo: Mt 13,1-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Forma breve (Mt 13,1-9):

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

Leggendo il Vangelo si ha come l'impressione viva di Gesù che percorre tutte le contrade della Palestina, portando dovunque la "buona novella" del Regno di Dio. Una vera pioggia di luce su un mondo che si è sempre distinto per il buio di cui sa circondarsi. E' come se la Verità, che è Dio stesso che si rivela e rivela l'uomo all'uomo, volesse ai nostri tempi rompere quella fittissima coltre di, nebbia che impedisce di camminare con sicurezza. Ad ascoltarLo correvano in tanti. Si parla sempre di folle che non si stancavano di pendere dalla sue labbra. E deve essere stato meraviglioso stare in ascolto di Dio stesso. Chi di noi non si augurerebbe di essere uno qualunque di loro?

Ma cosa si attendevano dalla bocca di Gesù? Verità da vivere o curiosità da raccontare o attese da soddisfare? Certamente ci sarà stato chi pendeva dalle labbra di Gesù.

Da qui la parabola del buon seminatore. Gesù si paragona al contadino che va nel suo campo desideroso che questo diventi una messe colma di frutti. Non lo vuole il suo campo un deserto che sa solo di morte: e neppure un groviglio di spine: e neppure un terreno sassoso dove è impossibile attecchisca la vita. Vuole un campo arato, "buono", disponibile ad accogliere il suo seme: come la rosa si apre per accogliere tutta la luce da cui prende poi bellezza, colore, profumo.

E trova invece, il contadino, che il suo campo è composto da tutto questo.

Trova un terreno che è diventato piatto, calpestato da tutto e da tutti, insensibile ormai ad ogni cenno di vitalità. Non è più in grado di comprendere le bellezze della Verità. Una insensibilità che fa paura: la constatiamo noi stessi giorno per giorno e in modo preoccupante. Quante volte si rimane increduli di fronte alla durezza di cuore. Addirittura ci si sente deridere quando si accenna alla gioia di essere nella Verità, alla serenità che viene a tutti di vivere i grandi valori che sono la dignità dell'uomo, il suo essere simile a Dio!

"Ci credi ancora a queste cose?" è la risposta secca alla proposta della "buona novella". Non c'è più neppure la sofferenza di chi cerca la verità o la bontà, perché si sente male all'oscuro e nel male. Una insensibilità che è peggio della morte. Ne sanno qualcosa dolorosamente tante mamme e papà. Anche in questi Gesù getta il suo seme, la sua parola. "Viene il maligno e lo ruba".

A volte il buon seme ha più fortuna: non trova "una strada totalmente calpestata", trova un terreno "sassoso": ossia ci sono nell'uomo piccoli spazi di bontà: non tutto è morto. Tanto è vero che la verità, la luce prendono vita. "E' l'uomo che ascolta la Parola e subito l'accoglie con gioia", ma ci sono quei sassi che impediscono al seme di affondare le radici. Potremmo dire che è "una gioia superficiale". Difatti appena giunge una tribolazione, il piccolo stelo che si era come affacciato al sole, si affloscia e della gioia, dell'entusiasmo che si era conosciuto nell'accogliere la verità di Dio, rimane nulla. Si torna al deserto di sempre. Come è vera questa descrizione di Gesù anche ai nostri tempi. Quante storie e testimonianze noi tutti potremmo raccontare in proposito: a centinaia, a migliaia. "Come mai – ci siamo chiesti tante volte – quella persona che sembrava rinata dopo un corso di Santi Esercizi, dopo una bella predica, è finita nella incredulità?".

C'è poi un terreno che sembra più fortunato, più aperto alla luce di Dio. Ma è un terreno che sembra ombreggiato da una ragnatela di spine. Il seme riesce a passare tra le spine, ossia l'uomo "ascolta": ma la ragnatela poi non perdona. Nel momento in cui lo stelo cerca libertà per la crescita impietosamente è fermato nello sviluppo dalle spine e dai rovi. Le spine, Gesù le chiama "le preoccupazioni del mondo e l'inganno delle ricchezze". Oggi, nella società che chiamiamo del benessere, come è facile trovare campi di spine. Forse qui abbiamo la lettura dell'animo umano ai nostri tempi. Anche tra di noi: o forse in noi. Occorrerebbe avere il coraggio di levare le pietre, o le spine, decisamente, fino a farlo diventare "terreno buono", se vogliamo che il seme porti frutto e in abbondanza. Quando il terreno è buono, si verifica sempre quanto dice il profeta Isaia: "Così dice il Signore: come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza avere compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55, 10-11).

In tanti anni di sacerdozio e di episcopato, ovunque, nella Chiesa che Dio mi ha affidato e su tante piazze di tutta Italia: quanta gente ho incontrato! Quanto "seme di Dio" ho gettato! E ogni volta che parlo, la parabola del buon seminatore si ripete. Con gente che forse "irride" a ciò che si dice (poche volte). Con tanta gente entusiasta che molte volte si commuove (e sono i più). E qualcuno che a distanza vive ciò che ha "accolto e compreso". La domanda è semplice e si pone a tutti: Gesù continua a seminare, ma io che terreno sono? Nella risposta c'è la chiave di ciò che siamo.

 

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