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TESTO Un amore tutto da scoprire e vivere

mons. Antonio Riboldi

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (02/06/2002)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

C'è una strada che è entrata nella mia memoria perché su quella strada ogni volta ho l'occasione di percorrerla, di mattino, è come se mi ricordasse la bellezza del mistero che oggi celebriamo ossia, la bellezza dell'Eucarestia. Sul marciapiede di quella strada di campagna incontro sempre - sempre di mattino; una donna anziana. Si regge ben diritta, appoggiandosi fortemente a due stampelle, che la sorreggono e facilitano i suoi passi. La fermai un giorno per chiederle dove andava, tanto raccolta da non accorgersi neppure di chi passava, tanto aveva il pensiero o il cuore chissà dove. Si stupì nel vedere un Vescovo fermarla e mi salutò così: "Sto andando, come ogni mattina a partecipare alla S. Messa e ricevere l'Eucarestia, ed oggi ho la gioia di incontrare chi rappresenta Gesù, un Vescovo! E' mia abitudine, da quando ero giovane, di non fare passare anche un solo giorno senza ricevere la S. Comunione. Ho 80 anni. Fatico molto a reggermi sulle gambe. Non voglio che alcuno mi accompagni, perché il tempo che passo camminando già pregusto la gioia di ricevere Dio nel mio cuore. E poi tornando, ho la possibilità di sentire l'infinita gioia di essere con Lui. E non sento più neppure la fatica, come se Lui mi sorreggesse". Davanti al mio stupore ebbe a dirmi: "Padre, nella vita si può fare a meno di tante cose, che spesso non hanno sapore o se l'hanno non soddisfa. Ma non si può fare a meno di amare e di essere amati. E quando chi ti ama, diviene tua vita, questo ti fa volare... E lei vuole che io non mi lasci riempire dell'amore di Dio? E il dono più bello che Dio mi fa...questa fatica che faccio a volte mi sembra sia un camminare verso il Paradiso..."Se la gente lo capisse!" Scrollò il capo e se ne andò tutta presa dall'attesa di ricevere presto "il pane della vita". "Se la gente lo capisse!

Quando Gesù annunciò l'Eucarestia non fu capito da tutti. Troppo alto quel concetto di amore che non è un dare qualcosa anche di utile e bello; non è neppure la dolcezza di una carezza, che è sempre un aprire le finestre del cuore, è il dono di sé quel farsi mangiare per essere una cosa sola con Lui. La gente, e forse anche noi, quando vogliamo comunicare un gesto di affetto a qualcuno, di solidarietà, di condivisione, il più delle volte ci limitiamo a "dare qualcosa": invece l'amore chiede di più ossia il dono di sé fino a farsi vita della propria vita. Quando due si vogliono veramente bene, non finiscono mai di fissare lo sguardo l'uno nell'altro, come a voler fare l'impossibile, ossia a entrare nell'altro fino a diventare quasi il "pane vivo" che si fa vita l'uno dell'altro, abbattendo il muro di separazione, che non permette di diventare una sola cosa. Dio, nel suo infinito amore, fece quello che noi uomini non sappiamo e non riusciamo a fare: ossia ha donato il suo amore divenendo una cosa sola con noi, facendosi carne della nostra carne, sangue del nostro sangue. S. Paolo, e tutti i veri discepoli di Cristo, definiva questo incredibile dono dell'amore di Dio che si fa una cosa sola con noi: "Per me vivere è Cristo!" Eppure quando Gesù annunciò l'Eucarestia, non fu capito. Narra Giovanni: Gesù disse alle folle: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la vita del mondo". Allora i Giudei si misero a discutere: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo resusciterò nello ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui". Sentendo queste parole, afferma sempre Giovanni l'Evangelista, molti di quelli che Lo seguivano, se ne andarono e non tornarono più. E deve essere stata grande la delusione del Signore, nel costatare che i suoi non riuscivano a entrare nel tabernacolo dell'amore di Dio e farsi invadere totalmente da Lui. Al punto che rivolgendosi agli apostoli disse: "Ve ne volete andare anche voi?" "Da chi andremo, Signore, è stata la risposta di Pietro, Tu solo hai parole di vita eterna" (Gv.6,51-59) E osservando come sono pochi ancora oggi quelli che si sono fatti "catturare" dall'amore di Gesù che si fa nostro cibo, si direbbe che sono troppi i suoi discepoli, che si definiscono cristiani, che hanno abbandonato la Messa e non sentono il bisogno di nutrirsi del "pane del cielo". Forse perché troppo sazi del pane della terra, che sa di terra, e poco o nulla dice di cielo. Abbiamo bisogno di tanto amore, ma tanto, e Dio sa quanto, poi voltiamo le spalle all'Amore che è la vita, Dio, cercandolo altrove, che poco può offrire se non nulla. Basterebbe guardarsi attorno, a quella vecchietta e come lei a tanti che ogni giorno iniziano la giornata con il Pane del cielo, per capire il sorriso che è nella loro vita, anche nei momenti difficili. Un sorriso che sanno poi distribuire a quanti accostano. Da giovane studente a Torino, ebbi la fortuna di avere un Padre spirituale che aveva veramente il dono della Sapienza divina che guida le anime. Comprendendo quanto era necessario che io, da religioso allora e da sacerdote poi, capissi la bellezza della vita, voleva che ogni sabato lo accompagnassi al Cottolengo, che allora era la "cittadella dei rifiuti degli uomini". Mi faceva visitare reparto per reparto cominciando da quelli che limitavano l'impressione negativa. Fino ad arrivare a reparti, che davvero non riuscivo a sopportare, tanta era la miseria cui era ridotto il corpo dell'uomo;...tanto che una volta svenni. Mi colpiva la grande serenità delle suore, che accudivano questi fratelli e sorelle. Non sapevo dove prendessero la forza per stare lì, vedere e dare gioia. Me lo spiegarono accompagnandomi un giorno nella grande cappella del Cottolengo. Ben 200 suore erano in adorazione del SS. mo Sacramento. Un'adorazione che non aveva mai una interruzione, giorno e notte. Capii l'origine di quel sorriso che veniva dato a chi non conosceva sorriso. Capii il sorriso di mia mamma, un sorriso che durò fino alla sua morte a 99 anni: capisco la serenità di tanti che sono davvero il sorriso di Dio sul mondo. Non sono loro a vivere ma è "Cristo che vive in loro". E' davvero questione di farsi catturare interamente dal mistero dell'amore di un Dio che non si accontenta di dirci "ti amo", "ti sorrido", ma si fa nostro cibo. Incredibile che ciò avvenga... Ma è immensa gioia. Incedibile che non venga capito, come successe con Gesù. Oggi, festa del Corpus Domini può essere l'occasione per capirlo e dire "Grazie!"

 

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