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TESTO E perchè no?

Marco Pedron   Marco Pedron

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/09/2009)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Dopo essersi scontrato con i farisei e gli scribi su questioni religiose e aver constatato la chiusura mentale, la rigidità di pensiero e di vita di questa gente che si definiva religiosa, Gesù se ne va altrove. Forse è un caso o forse no, ma fatto sta che Gesù si ritrova in terra pagana, a Tiro e Sidone. E proprio qui, e non tra gli ebrei, Gesù trova una fede grande.

Mc che scrive non può che essere ironico, sarcastico: “C’è molta più fede a volte tra chi non crede piuttosto che nei religiosi”. La religione sono le pratiche di pietà, ma la fede è ciò che tu vivi dentro, la fiducia che hai nella vita, la Vita che scorre dentro di te e l’amore che pulsa nelle tue fibre. “Molte preghiere – dice Mc – tra voi farisei religiosi ma niente fede”. Gesù infatti poco più sotto dirà: “Avete occhi e non vedete, avete orecchie e non udite” (8,18).

E’ incredibile la libertà di Gesù: non si faceva impressionare da niente. Quello che le persone erano (la posizione sociale, i loro titoli, il loro alto rango, la loro autorità) non aveva nessun influsso su di lui. A Gesù, che fossero “i sacerdoti del tempo” non interessava affatto. Tutti erano semplicemente delle persone ai suoi occhi. Ciò che Gesù guardava non era il ruolo sociale, ma il cuore, quello che avevano dentro.

Si racconta che un giorno Giovanni Bosco stesse facendo catechesi a dei ragazzi. Arriva un confratello egli dice: “Don Giovanni, è qui sua eccellenza il vescovo”. “Digli che aspetti, andrò da lui quando avrò finito qui”. “Ma è il vescovo!”, riprese il confratello. “E questi sono i figli di Dio!”, rispose seccato Giovanni.

Quanto più ti lasci impressionare dal ruolo e tanto più ti senti inferiore e attribuisci potere a quella persona.

Un giorno andavo a benedire le case. Sono fuori e suono il campanello di una famiglia. Esce il ragazzo a vedere chi è e rientra dicendo a tutti: “E’ il prete, è il prete!”. In un attimo la madre ha preso la tovaglia del pranzo con piatti, bicchieri e posate e l’ha messa sul lavandino; ad una figlia ha detto: “Va’ a cambiarte che te me pari na singana (zingara!)” e la figlia è corsa a cambiarsi; all’altra: “Pettenate che te si na striga (strega!)” e l’altra è corsa a pettinarsi; al marito ha detto: “Parla ben adesso che ghe xe el prete” e il marito non ha detto una parola finché io ero lì. Mi hanno dato un potere che non ho o forse avevano una paura forte di sfigurare. Più ti lasci impressionare dall’altra persona e più ti stai creando un mostro che fra del tempo ti mangerà!

Prima di questo episodio, sempre in terra pagana, Gesù guarisce la figlia di una donna pagana. La donna si presenta da Gesù perché sua figlia è posseduta da un demonio, ma Gesù la caccia (non sarebbe credibile se non fosse scritto nel vangelo: Gesù si rifiuta di guarirla!). Ma la fede di questa donna è grande, enorme: non si arrende, lei crede che Lui possa e non si arrende di fronte al primo rifiuto. E di fronte a questa fede, Gesù deve ricredersi e guarisce la figlioletta.

Anche Gesù ha dovuto ricredersi. Anche Gesù si era fatto un opinione diversa, sbagliata di quella donna.

Gesù non aveva gli occhi a raggi laser per cui poteva capire, leggere, vedere, sapere tutto quello che c’era dentro alle persone. Aveva una consapevolezza profonda per cui riusciva a “sentire”, a percepire le persone che incontrava. Ma anche Lui poteva farsi un’idea errata, e qui accade. Non è meraviglioso che Gesù dica: “Pensavo che fossi una cosa. Poi ti ho conosciuto più in profondità e mi sono accorto di aver sbagliato”. Anche Gesù ha cambiato punto di vista.

A volte le persone dicono: “La prima impressione è quella giusta”. Ma chi l’ha detto? La prima impressione è la prima impressione. A volte capiamo molto, a volte no. Dire così è un modo semplicistico per non verificare le nostre idee che ci siamo fatti sulle persone, per etichettarle in base a pochi indizi e non fare più la fatica di rimettere in gioco ciò che avevamo pensato. Se la prima impressione è quella giusta, perché ci sono così tanti divorzi e separazioni? Se è scattato l’amore perfetto, come mai dopo finisce così? Se sembrava una cosa, perché poi è cambiato?

E’ meraviglioso che anche Gesù abbia dovuto imparare da questa donna. Una volta noi pensavamo che Gesù sapesse già tutto. Aveva in testa l’enciclopedia Treccani e aveva quindi tutte le risposte a tutte le domande. Perché lui aveva la “scienza infusa”. Ma invece, non fu così.

Anche lui come tutti imparava da sua madre, da suo padre e dalla gente.

Nessuno può andare all’università se non ha fatto le scuole superiori. Nessuno può essere maestro se non è stato discepolo; nessuno può essere genitore se non è stato bambino.

Discepolo, μανθανο in greco e disco in latino, vuol dire “colui che impara”. Impara da tutto e da ogni cosa. Imparare vuol dire essere cristiani, essere discepoli del Signore che tramite la Vita ci insegna. “E da cosa devo imparare?”. “Da tutto!”. Guarda le persone e osserva. Invece di giudicare guardale e impara. Guarda gli alberi, il vento, la pioggia, gli animali, guarda come si muovono, come esistono, cosa producono e impara. Guarda a te stesso e non giudicarti. Ma da quello che vedi, impara a capirti. Da quello che senti, impara a gestirti, ad essere il padrone della tua vita, a indirizzarla secondo i tuoi scopi. Guarda chi ami e non giudicarlo, impara. Impara a capire chi è, perché agisce così e cosa si vive dentro. La Vita è la grande scuola, se vuoi imparare.

Solo che imparare è spostare i limiti delle nostre idee e quindi diventare diversi. E se voglio rimanere sempre lo stesso, cercherò di non imparare niente.

S. Tommaso dopo aver scritto la Summa Theologica e di più (uno che scrive la summa cos’altro ha da imparare? Eppure...!) disse: “Caro amico mio, brucia tutto quello che ho scritto, perché ho capito stanotte che devo imparare ancora tutto”.

Il vangelo racconta questo incontro tra Gesù e il sordomuto. Posso ritrovarmi in quel sordomuto? Può avere qualche attinenza con la mia vita questo episodio o è solo un esempio di quanto sia stato bravo Gesù che faceva guarire anche un sordomuto?

Innanzitutto mi chiedo: chi è un sordomuto? Per dire sordomuto si usano due termini. κωφος (kofos) vuol dire ottuso, spento, senza energia, sordo e insensibile, stolto, pazzo. μογιλαλος (moghilalos) invece vuol dire con difficoltà di parola, balbettante. Potremmo pensare addirittura ad un uomo scemotto, con qualche ritardo. Moghilalos indica in genere qualcuno che tartaglia, qualcuno non che non ha mai parlato, ma che non riesce a farlo più correttamente. Si tratta probabilmente non di un sordo dalla nascita, ma di qualcuno che ha perso la sua facoltà di sentire e di sentirsi.

Chi è sordo è sempre muto (interiormente parlando): solo se mi sento posso esprimere qualcosa di me. Non si può esprimere quello che non si sente. E se non senti ascoltati, fermati e inizia ad percepire quello che hai dentro. Il silenzio, cioè smetto di ascoltare i rumori esterni per ascoltare le voci e i suoni interni, è la base di ogni crescita, di ogni conoscenza, di ogni progresso umano e spirituale.

Un uomo pieno di tic al viso (occhi e bocca) e con le gambe sempre in agitazione ha detto: “Sa padre io sono una persona con una calma nel cuore immensa!”. Per fortuna!!! Ascoltati! Una donna: “Io non sono come molti dei preti e della gente di chiesa; io non giudico nessuno. E lei (rivolto a me) sarebbe meglio che si vergognasse!”. E che non giudicava nessuno! Ascoltati!

A Gesù portano un sordomuto e lo pregano di toccarlo. Ancora una volta dei pagani hanno più fede dei religiosi ebrei. Gesù ha guarito varie volte persone non religiose, cioè non secondo la religione del Tempio.

Allora: “Anche se non credo nella Chiesa, anche se ho avuto rapporti difficili, anche se ho avuto esperienze negative, Gesù mi può guarire. Se mi avvicino e mi fido di Lui, Lui può cambiare la mia vita. Non devo aver pregiudizi o diffidenze. Gesù mi salva, mi guarisce non perché io sono cristiano ma perché Lui mi ama”.

Osserviamo cosa fa Gesù. Perché ogni particolare è importante; ogni dettaglio condensa un tempo molto più prolungato dell’attimo in cui lo troviamo scritto nel vangelo.

Anche noi possiamo essere come quell’uomo sordo e quindi muto.

Ti sei sposato e hai basato la tua vita sul matrimonio e sulla famiglia. Poi tua moglie, un giorno, ti lascia per un altro. E si porta via pure i tuoi due figli! Il mondo ti cade addosso. Tu la ami ancora (lei no) e speri sempre che tornerà. Ma il tempo passa. Non vuoi accettare che non tornerà. C’è una verità che devi ascoltare (“E’ finita!”) ma tu non vuoi sentirla: sei sordo.

Tuo figlio ha un comportamento deviante. Non riesce a sostenere gli impegni della sua età (a scuola non termina l’anno: lui dice che non è la sua scuola; non riesce a finire un impegno, perché si distrae o perde la voglia, ecc), frequenta “gentaccia” dove si sente accettato e importante. C’è una verità che devi ascoltare (“Qualcosa nella relazione fra te e lui non funziona”) ma non vuoi sentirla, sei sordo.

Non dormi di notte: perché non ti ascolti? Sì certo puoi raccontarti che è il cambio della stagione, che è perché hai qualche anno in più, ma perché non fermarsi e ascoltare cosa ti agita? Perché voler essere sordi?

Sei pieno di ansia: puoi prendere un ansiolitico, una pastiglia che ti calma (e ti rimbecillisce), ma perché non ascoltarla? Perché vuoi essere sordo?

Sei sempre arrabbiato: puoi dire che è il mondo, che è la società, che è il lavoro; ma che sia proprio vero? Perché non ascoltare la rabbia che ti abita?

Sei pieno di disturbi psicosomatici: l’eczema di qua, il dolore di là, l’eritema dall’altra parte, ecc. Puoi dirti che sei tu, che è la tua costituzione, che sei fatto così, ma perché non ascoltarti?

Hai sempre il mal di testa: puoi dirti che sei soggetto all’emicrania, che è il tuo punto debole, che non ci puoi fare niente, ma perché non ascoltarla?

Sei attratto da un’idea, da un’intuizione: senti il desiderio e il fascino di cambiare vita. Ma poi ti dici che è difficile, che è rischioso, che non sai se è la scelta giusta, se poi le cose andranno come pensi tu. Perché non ascoltarla?

E se qualcuno ti mette la pulce all’orecchio, se qualcuno ti fa presente che magari ci potrebbero essere altre risposte (lo fa per te, eh!, perché tu possa star meglio), ti arrabbi e diventi furibondo: “Come si permette!”. E se fosse vero? E se tu proprio non ti accorgessi certe cose? E se fossi proprio sordo?

Innanzitutto “lo portano”: spesso sei così sordo, così ostruito che certe situazioni proprio non le senti, non te ne rendi conto. Allora è importante lasciare che gli altri ci aiutino. C’è una donna (con il marito “non funziona tanto!”) che dovunque vada si porta con sé il figlio sedicenne. A messa prima viene con il figlio; al supermercato ci va sempre con il figlio; perfino dalle sue amiche ci va con il figlio. Un giorno una sua amica si è permessa di dirle: “Ma lascialo a casa Riccardo (il figlio)!”. Dentro di sé ha commentato: “Come si permette di dirmi queste cose? Che si faccia gli affari suoi e che si guardi!”. Ma perché non ascoltare quello che gli altri ci dicono e chiederci: c’è qualcosa di vero?

Spesso a scuola quando incontriamo i genitori e diciamo: “Suo figlio è iperattivo (un modo soft per dire: “Suo figlio è una vera peste, fate qualcosa al più presto perché è pieno di tensioni e di rabbia; cosa sta succedendo in casa vostra?)” la maggior parte dei genitori se ne esce fuori dicendo: “Strano sa, a casa è un angelo!”. Oppure: “Suo figlio è un po’ timido (un altro modo soft per dire: “Signora, suo figlio è pieno di problemi, non parla con nessuno, tutti lo escludono, è insicuro, è impaurito nell’anima; a casa deve avere a che fare con un dittatore)” la maggior parte risponde: “Sì è solo un po’ chiuso ma è molto bravo: ascolta sempre, è educato e non ci crea problemi”. Permetti a chi ti è vicino di portarti da Gesù, verso la luce, verso la salvezza, di aprirti gli occhi su certe situazioni!

Gesù lo prende e che fa? Come prima cosa porta l’uomo lontano dalla folla. Gesù spesso (5,40; 8,23) doveva portare le persone lontano dalla folla, cioè dai condizionamenti dell’ambiente circostante.

La folla è il giudizio delle persone che ti sono vicine e che magari tu ami. Finché tu sei attaccato al loro giudizio, non puoi guarire.

Finché tua madre ti dice: “Se vai a vivere da solo mi farai morire” è difficile ascoltare se stessi, il desiderio di far la propria vita e andare. E’ troppo forte la sua voce.

Finché ti viene detto: “Ma non ti vergogni di quello che fai; sai cosa si dirà in giro; cosa penseranno di te”, è difficile fare delle scelti che già sono complesse di per sé; se poi qualcuno ti dice così diventa impossibile.

Finché ti viene detto: “Se fai così io non ti voglio più”, è difficile ascoltare quello che si ha dentro.

Quando ti viene detto: “Se diventi prete (o la variante: se sposi quella donna) non farti più vedere in questa casa” è difficile fare certe scelte e rinunciare all’accettazione di chi si ama.

La folla ti dice: “Tu devi fare così; tu devi fare come dico io”. Quante volte abbiamo sentito quella frase: “Così non va bene” che voleva dire: “Non fai come va bene a me”. La folla cerca di condizionarti, di determinarti, di dirigerti, di farti fare quello che vuole lei. E finché tu non ti sottrai, non ne esci, non te ne tiri fuori, tu non ti puoi ascoltare e non puoi essere te stesso.

La folla è “quella cosa” che hai dentro, per cui quando devi fare una scelta e seguire ciò che tu senti, vuoi, desideri, ti frena perché sai che non sarai approvato, sai che qualcuno non sarà contento, sai che ti attirerai le ire di qualcuno o che sarai rifiutato.

Ma non si possono seguire due padroni dice Gesù: o segui te stesso o segui gli altri. O fai felice te stesso o gli altri; o realizzi te stesso o quello che vogliono gli altri: scegli.

La folla è tremenda, ha un potere enorme. Perché noi, e non a torto, siamo attirati dalla maggioranza. Cioè: quello che fa la maggioranza è la cosa giusta, poiché se lo fanno tutti (pensiamo noi) dev’essere certamente giusto. Per cui, se tu fai qualcosa di diverso, in automatico inizi a pensare che sia sbagliato (e gli altri te lo confermano). Per cui quello che in genere fa la maggioranza è la cosa buona, giusta, e ha un potere di influsso su di noi enorme. E c’è bisogno di una maturità, di una forza interiore enorme, per affermare se stessi quando la maggioranza fa cose diverse da noi.

E’ esperienza di tutti noi: se tutti si sposano, tu che non sei sposato ti senti uno “sfigato”. Ma perché?

Se tutti i preti vestono in una certa maniera, tu che vesti diversamente ti senti “fatto male” o giudicato.

Se tutti vivono lavorando in due e invece in casa tua lavori solo tu (e si tira chiaramente la cinghia perché i soldi sono proprio pochi), pensi di trascurare i tuoi figli e ti senti “cattivo” perché i tuoi figli non hanno quello che hanno gli altri.

Se tutti hanno il cellulare e usano internet tu, che nemmeno sai cosa siano, ti senti “retrogrado”.

Quando una folla osanna un re o urla una cosa, tu che pensi diversamente, ti senti “sbagliato”, “in errore”. E così fu ucciso Gesù. Tutti gridarono: “Crocifiggilo” e il povero Pilato che sentiva giusto, un po’ per paura, un po’ perché non si fidò di sé, lo crocifisse.

La frase: “Lo fan tutti” è una delle verità più false. Perché tutti fanno così o adottano un comportamento, non vuol dire che sia corretto o giusto. In ogni caso non ti giustifica il farlo perché lo “fan tutti”, e soprattutto non ti esime dal ricercare quello che tu vuoi o che desideri o quello che tu pensi.

Molte persone, siccome tutti fan così, neppure si chiedono se a loro vada bene: lo fan tutti. Ma fare una cosa solo perché lo fan tutti, è come vendere l’anima.

La terapia, il trattamento di Gesù con il sordomuto avviene a più riprese. Deve mettergli le dita nelle orecchie, cioè deve stappargliele, deve togliergli i tappi che gli impediscono di sentire.

Se non senti che stai male, come fai a guarire? Se non senti la tua insoddisfazione, come fai a toglierla? Se non senti il tuo dolore, come fai a farlo uscire? Se non senti che stai morendo, come puoi vivere?

Non dev’essere un caso che la nostra società sia zeppa di anestetizzanti e psicofarmaci; non dev’essere un caso che la gente corra sempre e che non si fermi mai; non dev’essere un caso che non si sappia più fare silenzio e che il rumore ci accompagni sempre. Tutto questo per un solo motivo: per non sentire.

E poi Gesù gli tocca con la saliva la lingua. Deve insegnargli a parlare, ad esprimersi, a dirsi. Gesù gli dice: “Devi tirare fuori quello che hai dentro. Devi dare un nome a ciò che provi. Devi definire la tua gioia, la tua rabbia, il tuo dolore, la tua emozione. Devi raccontarti. Devi vincere la paura di essere giudicato, di essere rifiutato, deriso. Devi tirare fuori chi sei”.

Poi Gesù guarda in cielo ed emette un forte sospiro, che è un urlo, un comando e gli dice: “Apriti”. I primi due gesti ci aiutano a cogliere la fatica di Gesù: questo uomo non voleva saperne di aprirsi.

“Apriti”, invece, non è diretto agli organi ma all’uomo. Gesù lo scuote, lo strattona. Gesù è quasi arrabbiato, gli urla dietro perché questo uomo si è rinchiuso e non vuole fare nessuno sforzo (ha tanta paura!) per tornare a vivere. Non vuole aprirsi, gli sta bene stare così, nella sua condizione. Allora Gesù urla per svegliarlo dal suo torpore, per spaccare la corazza che lo rinchiude. (Quante volte Gesù nel vangelo deve urlare per svegliarci, per destarci dal nostro sonno, dal nostro torpore!).

Allora io lascio risuonare quell’urlo di Gesù dentro di me: “Apriti... apriti... apriti... apriti... apriti!”.

L’apertura è una dimensione della vita. Aprirsi vuol dire far entrare e incontrare il nuovo. Noi ogni giorno ci apriamo e mangiamo del nuovo cibo e inspiriamo della nuova aria; il nostro corpo e la nostra pelle si rinnovano ogni giorno. Aprirsi è vivere. Chiudersi è morire.

Apri il tuo cuore. Non dire: “Io non ce la faccio”. E’ che hai paura di soffrire. Perché tenersi dentro certe sofferenze: “Apriti”.

Molte persone si sono messe dentro a dei carri armati: si sono corazzate. Vanno avanti ma non c’è incontro, perché da loro non esce niente di sé e niente di te le tocca veramente. Ti sfuggono sempre, non le prendi mai. Ma perché voler vivere così?

Perché nascondersi dietro ad una maschera, per paura che si possa vedere chi sei veramente? “Apriti”.

Un uomo dice: “Oh se gli altri sapessero. Tutti vengono da me e mi chiedono consigli; tutti mi cercano e tutti mi rispettano, ma io dentro ho un turbine, un vulcano”. Apriti! E perché no? Perché condannarsi a portare certi pesi e certe pietre?

Perché privarsi della gioia e dell’intensità dell’amore solo per paura di soffrire di nuovo? “Apriti”. Una donna con un matrimonio fallimentare alle spalle dice: “Ormai le mie carte le ho giocate. Basta così!”. Ma perché? E’ perché hai paura di essere ferita ancora, ma vinci la paura e apriti all’amore che è più forte.

Apri la tua mente. Leggi, impara, frequenta nuovi corsi e nuove esperienze. Non dire: “Questo mi basta”. E’ perché hai paura di perdere le tue vecchie idee, di doverle cambiare, di doverle verificare. Apriti.

Apri i tuoi discorsi. Non parlare sempre delle solite cose: il tempo, i prezzi, la salute, il mangiare, le cose da fare, il calcio, la politica, ecc. Non dire: “E che altro c’è da dire?”. Perché non parli di te? Perché non ti ascolti e inizi a dire quello che tu hai dentro, quello che pensi veramente, quello che senti?

Apri le tue amicizie. Incontra persone nuove, stili di vita diversi: ascolta e impara. Non dire: “Nessuno mi vuole; sono tutti così”. E’ la tua paura di non saper essere all’altezza di fronte ad altre esperienze di vita.

Un’educatrice di un quartiere malfamato di Napoli, dove i bambini delle elementari andavano a scuola già con il coltello e facevano “i duri” con i compagni e con le maestre minacciandole, mi raccontava che gli stessi ragazzi portati lontano dal loro ambiente e fra persone diverse sembravano degli agnellini. Lì si sentivano forti, solo perché conoscevano tutto. Ma in realtà dentro erano terribilmente insicuri.

Se un ragazzo tutte le sere frequenta sempre i soliti amici che si ritrovano sempre sui soliti gradini della chiesa o del comune e poi vanno sempre al solito bar e fanno sempre le solite cose, non può che sclerotizzarsi. Penserà che non ci sia nient’altro da fare nel mondo, che sia tutto così. Frequenta altri gruppi, conosci altri amici; esci dal tuo paese, vai alcuni mesi all’estero, frequenta altre esperienze. Apriti!

C’è una coppia di giovani sposi che tutti i sabato sera si ritrovano con gli stessi amici e vanno a mangiare nella stessa pizzeria; tutte le domeniche sono a pranzo dai genitori di lei e la sera dai genitori di lui. Non dite: “Li amiamo”. E’ che avete paura di sperimentarvi diversamente.

C’è una famiglia che da ventisette anni va in vacanza sempre nel solito posto. Non dire: “Qui è bello”. E’ abitudine, è non voler affrontare la fatica di cambiare. Apriti!

In quanti ambienti si fanno sempre le solite cose, i soliti incontri, ci sono i soliti riti e fatti sempre alla stessa maniera. Apriti!

Apri il tuo modo di concepirti. Perché dovresti fare tutta la vita lo stesso lavoro? Non puoi pensare a qualcosa che faccia più per te e che nel tempo scopri? Non puoi pensare che Dio voglia da te qualcosa d’altro, di diverso? Perché la tua vita dovrebbe andare avanti sempre in questo modo? Apriti alle sorprese, alle intuizioni, ai sogni che hai dentro e alle novità che bussano. E perché no!? La tua vita non potrebbe avere una svolta improvvisa? Non potresti sentire ad un certo punto una voce irresistibile che ti chiama da qualche parte o avere un’intuizione che ti affascina? Apriti e accoglila.

C’è una frase che dovremmo ripetere più volte al giorno: “E perché no?”. Di fronte ad una nuova esperienza, ad un’idea o ad un incontro nuovo, prima di rifiutarlo chiediamoci: “E perché no?”.

Se rimani aperto la Vita, ti entrerà e ti colmerà di lei. “Io sto alla porta e busso” (Ap 3,20): aprigli!

Ero un tesoro. Ero nascosto in un campo. Ero ricco. Contenevo perle preziose, gioielli, monete d’oro. Immaginavo la meraviglia di chi mi avrebbe scoperto. Immaginavo la gioia di chi mi avesse aperto. Immaginavo che cosa avrei potuto fare o essere. Immaginavo quanto ricco avrei potuto fare la persona che mi avrebbe trovato. Immaginavo... Nessuno mi ha mai trovato. Sono un tesoro inutile.

Se non ti apri, chi ti può conoscere? Se non ti apri, chi ti può amare?

Se non ti apri, potresti vivere tutta la vita con un altro nome! Se non ti apri, il tuo partner potrebbe stare con te e amare tutta la vita una persona che non sei! Se non ti apri, muori.


Pensiero della Settimana

Chiusure necessarie.

“Sei il solito prepotente!; impossibile che tu non sia capace di mangiare senza sbrodolarti!; non riesci proprio a controllarti!; perché tutti gli altri... e tu invece...!; non sei capace di essere un po’ gentile?, ci risiamo!; che cos’hai combinato questa volta?; sei troppo piccolo per queste cose!; ora che sei grande dovresti...!; grande e grosso come sei, non ti vergogni?; mai una volta che si possa contare su di te!; bravo, per una volta...; che cosa ti è successo oggi dato che la stanza è in ordine?; sei come lo zio (disoccupato e matto cronico)! lo sapevo!; ci avrei giurato!; guarda come ti stai rincretinendo!; non sai nemmeno che cosa vuol dire!; non sei capace di pensare con la tua testa?; pensi solo a te stesso!; è sempre la solita storia!; non sei fatto per studiare!; sarà meglio che tu ti metta a fa re qualcosa di più facile!; poverino, non ce la fa!; non ascolti mai!; sei solo capace di dire di no!; non ti si può dire niente, se no ti arrabbi!; con te non si può parlare!; non sei capace di fare da solo?; lo hai fatto da solo? Non ci credo!; chi l’avrebbe detto? Ti sei messo a studiare!; ti fai troppo influenzare; con quel carattere, non ti vorrà mai nessuno!; vuoi sempre avere ragione tu!; ma chi ti credi di essere?; è fatto così non ci posso fare niente!; non riesci a stare fermo per cinque minuti?”.

 

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