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TESTO Solennità del Corpo e Sangue di Cristo - Ciclo A

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (02/06/2002)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Nesso tra le letture

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. Queste parole del vangelo di Giovanni ci introducono nel mistero della presenza eucaristica, che celebriamo in questa solennità. La liturgia ci offre tre elementi che orientano la nostra riflessione: l'esperienza del deserto del popolo d'Israele, l'alimento del cammino e la vita che non è sconfitta dalla morte. Il libro del Deuteronomio (prima lettura) evoca il passaggio del popolo attraverso il deserto. Questo memoriale ha l'oggetto di destare il senso di responsabilità di coloro che vi assistono, circa le sfide e i doveri del tempo in cui vivono.

La storia insegna al popolo d'Israele che il suo passaggio attraverso il deserto, irto di contrarietà e contrattempi, non è semplicemente una circostanza fine a se stessa, priva di qualsiasi senso e significato, bensì un momento di prova, mediante il quale Dio penetra il loro cuore, si fa presente e offre il suo sostegno a coloro che vengono meno. Yahveh va incontro alle loro necessità, e dà loro la manna. È questo alimento, che il Signore offre loro nel deserto, nella prova, a sostenere la vita del suo popolo, e ad aiutarlo a proseguire la marcia. Come in passato Israele passò attraverso il deserto e Dio mise alla prova il suo cuore e lo mantenne in vita, così ora, nel tempio presente, nelle nostre vite il Signore non si disinteressa delle vicende umane.

In realtà, Dio è nostro amico, vuole la nostra vita, e non odia nulla di quanto ha creato. Questa verità trova la sua pienezza proprio in Cristo, che è venuto perché noi avessimo la vita, e l'avessimo in abbondanza. Per questo motivo ci dona la sua carne da mangiare, vero cibo, e il suo sangue da bere, vera bevanda, perché meritiamo la vita eterna (Vangelo). Condividendo tutti un solo pane, Eucaristico, formiamo tutti un solo corpo (seconda lettura).

Messaggio dottrinale

1. Il significato dell'esperienza del deserto per il popolo d'Israele

"E' una esperienza, quella dell'Esodo - ci dice il Sacro Padre nell'Evangelium Vitae - fondante ed esemplare. Israele vi apprende che, ogni volta in cui è minacciato nella sua esistenza, non ha che da ricorrere a Dio con rinnovata fiducia per trovare in lui efficace assistenza: "Io ti ho formato, mio servo sei tu; Israele, non sarai dimenticato da me" (Is 44, 21)" (EV, n. 31).

Sembra che Dio, nella sua pedagogia, desideri condurre l'anima dell'uomo nel deserto, e metterla lì alla prova e parlare dritto al suo cuore. Una prova, e una parola. Una prova che purifica, che fa crescere e fortifica l'anima. Una parola che illumina, che orienta e crea un'amicizia profonda. L'esperienza di Dio passa sempre attraverso una sorta di deserto, in cui l'anima si distacca da sé, si purifica delle proprie passioni e continua ad ascendere, per gradi, fino a vette sino allora sconosciute. Così, fa un'esperienza nuova e più profonda di Dio e del suo amore.

Ecco le parole con cui il profeta Osea esprime il desiderio di Yahveh, che è sposo fedele della sua nazione infedele: "ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore". Nel deserto la moglie infedele conoscerà il Signore, ritornerà al primo amore. Il Signore parla al cuore, si prende cura del suo popolo, e lo ama come un marito ama la propria moglie. Non l'abbandona, nemmeno quando Egli è il primo ad essere abbandonato. Nel testo odierno del Deuteronomio, l'esperienza del deserto è una prova che svela ciò che c'è nel cuore; una verifica che serve a scoprire se il popolo conserva ancora i precetti di Yahveh.

Ma, soprattutto, evidenzia che il Signore è colui che sostiene il suo popolo nell'ora del pericolo, e che questo sostegno non è solo pane materiale, ma tutto quanto esce dalla bocca di Dio. A Israele sono richiesti grande fiducia e completo abbandono a Yahveh. Al popolo eletto è chiesto di lasciare ogni preoccupazione materiale nelle mani di Dio, preoccupandosi soltanto di continuare a marciare sulla via indicata. Un messaggio duro: alimentarsi solo della Parola di Dio, dare credito totale e illimitato al progetto di Dio per la propria vita, senza timori, senza reticenze. È un messaggio sempre attuale...

2. Il significato della presenza eucaristica

Grazie a Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, ci è concessa, per mezzo della fede, la vita eterna. Nel vangelo di oggi si sottolinea che Gesù stesso è il pane di vita: la sua carne è vero cibo ed il suo sangue vera bevanda e solo chi mangia la sua carne e beve il suo sangue ha la vita eterna. Si tratta di un linguaggio molto realistico che desta l'attenzione di chi ascolta. Parlando in questo modo, l'evangelista vuole fare intendere che il pane eucaristico è "realmente" il corpo di Cristo, e che il vino consacrato è "veramente" il sangue di Cristo. Chi mangia questo corpo e beve questo sangue ha la vita eterna, e la promessa di Cristo che lo resusciterà l'ultimo giorno.

Ci troviamo, dunque, di fronte al meraviglioso mistero della presenza reale di Cristo nell'Eucaristia. Il catechismo della Chiesa Cattolica ci dice nel numero 1374:

"Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l'Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa "quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti". Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è "contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero". "Tale presenza si dice 'reale', non per esclusione, quasi che le altre non siano 'realì, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente".

Non è, pertanto, una semplice presenza simbolica, bensì una presenza reale. Nel sacrificio della Messa ha luogo la transustanziazione: il pane si trasforma nel vero corpo di Cristo, e il vino nel vero sangue di Cristo.

Cristo diventa pienamente presente e ci viene offerto come alimento, come viatico per il nostro pellegrinaggio terrestre. È la sua grazia che ci sostiene, è il suo amore che ci rianima. Grazie al suo sacrificio e alla sua presenza eucaristica, noi possiamo aspirare alla vita eterna. San Giovanni Crisostomo commenta al riguardo:

"Quando vedi che sta sull'altare il corpo di Cristo, di' a te stesso: per questo corpo già non sarò più terra e cenere; non sono ormai più prigioniero ma libero; per questo corpo, spero il cielo e sono certo che otterrò i beni che ci sono in esso: la vita immortale, il destino degli apostoli, il dialogo con Cristo. Questo è il corpo che fu insanguinato, trapassato dalla lancia e da cui sgorgarono fonti di salvezza, quella del sangue, quella dell'acqua per tutta la terra... Questo corpo ci fu dato affinché l'avessimo e ne mangiassimo, ciò fu per amore intenso" (S. Giovanni Crisostomo, In epist. 1 ad Cor 24,4: PG 61, 203; R1195).

Il sacramento dell'Eucaristia è quello che ci fa più palese l'"amore fino alla fine" di Cristo Signore. Nell'Eucaristia troviamo la vita, nell'Eucaristia troviamo le forze per proseguire lungo la strada della nostra vita, nell'Eucaristia troviamo l'amico incomparabile delle nostre anime, che sta sempre lì, pronto ad ascoltarci e a offrirci la sua amicizia. Possiamo ormai attraversare qualsiasi deserto, possiamo essere messi alla prova da innumerevoli contrarietà, ma nell'Eucaristia troveremo sempre le forze necessarie per vincere la nostra battaglia.

Suggerimenti Pastorali

1. Promozione dell'amore per l'Eucaristia Nei tempi passati, quando il sacerdote celebrava l'Eucaristia rivolto a oriente e dando le spalle al popolo, i fedeli desideravano ardentemente potere guardare l'Eucaristia al momento dell'elevazione. In alcuni casi, ci narrano gli storiografi, salivano sulle panche per avere una migliore prospettiva, o addirittura si spostavano dall'uno all'altro degli altari laterali per cogliere quell'opportunità. Esiste, dunque, nei fedeli un vivo desiderio di osservare Gesù sacramentato. Lo percepiamo nelle processioni Eucaristiche, nei momenti di adorazione col Santissimo esposto, nel momento stesso in cui ricevono la comunione. Come pastori, sta a noi promuovere l'amore per l'Eucaristia, usando tutti i mezzi alla nostra portata. Tra gli altri, possiamo rammentare i seguenti:

a) Dare risalto al senso del Sacro nella Celebrazione Eucaristica e nel culto al Santissimo Sacramento, nel tabernacolo. Possiamo concretizzare questo scopo in tanti piccoli modi: per esempio, prestando attenzione e usando decoro nell'azione liturgica, nell'uso del sacro calice, degli ornamenti. Inoltre, curiamo l'istruzione dei fedeli attraverso le omelie, le conferenze e la catechesi. Infine, conviene coltivare questo senso del Sacro fi dall'infanzia e, con particolare cura, nel corso della preparazione alla prima comunione.

b) La partecipazione attiva nella celebrazione Eucaristica. Questa partecipazione richiede alcuni presupposti. Ovviamente, i fedeli devono avvicinarsi alla celebrazione con una disposizione interiore che induca a vivere la Messa. Pensiamo specialmente al silenzio e al raccoglimento. Sono due condizioni senza le quali difficilmente si potrà partecipare con frutto alla celebrazione. Silenzio delle parole. Silenzio delle inquietudini. Si tratta di disporre l'anima a entrare in comunicazione con Dio. Dopo, nella celebrazione stessa, si cercherà una partecipazione attiva nelle risposte, nei canti, negli atteggiamenti, ma soprattutto nella disposizione dell'anima ad unirsi al sacrificio di Cristo sull'altare. Questo è il senso originale del "comunicare", cioè del prendere parte al sacrificio di Cristo.

 

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