TESTO I Giudici, Autorità e Servizio
VIII domenica dopo Pentecoste (Anno B) (26/07/2009)
Vangelo: Mc 10,35-45
35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Rievocando fatti e ribellioni di Israele così come le narra la Bibbia, Paolo scrive: “Tutte queste cose sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi” (1Cor 10,11). Stiamo facendo questo esercizio nelle domeniche dopo Pentecoste: ricordare la vicenda di Israele per imparare quale sia il giusto atteggiamento nei confronti di Dio e di noi stessi. Infatti, “tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia” (2Tm 3,16).
Oggi si parla dell’allontanarsi da Dio da parte del popolo, e delle conseguenze negative anche sociali che ne derivano. Ma Dio, premuroso, provvede a inviare uomini per guidarlo a salvezza, anche se, purtroppo, con guide poco ascoltate. I riflessi sottolineati dal Nuovo Testamento riguardano in particolare l’apostolato e la pastorale nella vita della Chiesa entro il mondo di oggi.
1) L’AUTORITA’
Il popolo si allontana da Dio e cade in mano dei nemici. “Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore, abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto”. Allora il Signore “li mise in mano a predatori che li depredarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno, ed essi non potevano più tener testa ai loro nemici. Furono ridotti all’estremo” (Lett.). Quando si perdono i valori etici, fondati sull’assoluto di Dio, si cade nel relativismo, nel soggettivismo e quindi, alla fine, nel caos sociale. Il bene comune è frustrato dall’interesse privato. Va notato che il distacco da Dio nasce dalla dimenticanza dei suoi precedenti benefici. L’orgoglio dell’uomo di oggi nasce proprio dal sentirsi l’unico padrone di sé e del mondo, dimentico che è creatura, con regole oggettive cui è decisivo obbedire.
Ma Dio non si rassegna. Suscita suoi uomini che divengano salvezza per tutto il popolo, proprio nei momenti di maggior pericolo. Là erano i Giudici e i profeti.
Oggi è la Chiesa, che tra gli uomini diviene seme di riconciliazione, proposta di valori perenni e irrinunciabili alla convivenza civile, offre il servizio della carità con un “volontariato” e un impegno nel “terzo settore” quale lievito ed educazione, quando non anche supplenza in settori scoperti della società civile. Naturalmente non sempre stimata, ascoltata e seguita. Quando non emarginata e perseguitata. Quanti eroi della carità e imprese di giustizia sono boiccotati da forme di burocrazia ostile, o da opinione pubblica volutamente anticristiana.
Questo agire di Dio vale soprattutto per l’interno del popolo di Dio, cioè per la vita pastorale ed ecclesiale. Dio non lascia mai mancare di suscitare santi e uomini straordinari che divengano riferimento di rinnovamento e riforma all’interno della Chiesa. La storia della Chiesa è lì tutta a dire la premura del Grande Pastore che nei momenti più difficili “manda operai” eccezionali nella sua vigna. E ad ogni stagione l’uomo giusto. Pensiamo alle figure dei Papi recenti; ma anche a fondatori di ordini religiosi, a maestri e profeti che sanno stimolare ed aprire a prospettive nuove il cammino a volte rallentato del popolo di Dio. In questo senso, sia nel civile come nell’ecclesiale, ha un grande valore morale l’autorità che Dio sa inviare come guida autorevole del suo popolo.
2) IL SERVIZIO
L’autorità deve però sentirsi di agire a nome di Dio, quale suo strumento, senza presunzioni o arrivismi. Significativo è l’incidente raccontato oggi tra gli Apostoli stessi di Gesù. “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra. - Voi non sapete quello che chiedete”. E Gesù aggiunge una lezione ben esigente: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Tutt’altro modo cioè di concepire l’autorità: come servizio disinteressato e retto, fatto di dedizione ben oltre il diritto, nella carità rispettosa della legalità, della giustizia, ma fondamentalmente attenta ai più deboli.
L’esempio di Paolo riguarda più direttamente il campo dell’evangelizzazione e della gestione interna alla comunità cristiana. Amorevole come una madre, fino al dono della vita se necessario. Premuroso e forte come un padre che si cura dell’educazione esigente nei confronti dei figli. Nello stile del disinteresse, senza cercare favori o approvazioni: “mai abbiamo usato parole di adulazione, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia” (Epist.). Con la discrezione e la delicatezza di non approfittare di niente: “lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi”. Con un comportamento “santo, giusto e irreprensibile”. E senza arrivismi: “non abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo”. Se davvero anche oggi nella Chiesa ci fossero pastori così sinceri, modesti e... magari senza tanti fronzoli che sono mascherature di prestigio!
Il riferimento ultimo e decisivo è a Cristo. “Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Lui ha saputo “bere il calice” ed essere battezzato con “un battesimo” che sulla croce ha espresso un servizio e “amore ai suoi fino alla fine” (Gv 13,1). Alla fine è lì che bisogna guardare. Quel suo “svuotare se stesso, assumendo una condizione di servo” (Fil 2,7), gli è valso l’esaltazione di Dio, fatto “Signore, cui ogni ginocchio si piega nei cieli, sulla terra e sotto terra”. Alla fine, la radice anche di ogni retto vivere civile e ogni onesto e generoso vivere ecclesiale, sta in quella alta forma di vita “normale” che è la santità. Cioè il legame e la novità interiore prodotta dalla grazia di Cristo. Si potrebbe concludere: quanto più si è cristiani autentici si diviene cittadini onesti e utili.
“Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni”. Questi in fondo avevano chiesto un posto privilegiato in cielo; ma i loro colleghi (e l’insegnamento tratto dal vangelo) fa riferimento a privilegi terreni. Forse Giacomo e Giovanni li possiamo perdonare: non è male aspirare alto per il cielo, tanto più se si è disponibili a guadagnarselo con fatica: “lo possiamo”.
Un mio vecchio parroco, intelligente e dotto, però mi avvertiva: “Noi accontentiamoci di andare in un angolino del paradiso, altrimenti il Signore... te lo fa pagare!”. A leggere la purificazione dei mistici..., io sarei tentato di seguire la via più modesta.