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TESTO Fanciulla, io ti dico: Àlzati!

mons. Vincenzo Paglia   Diocesi di Terni

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/06/2009)

Vangelo: Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 5,21-43

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

"Dio non gode per la rovina dei viventi, egli ha creato tutto per l’esistenza" (Sap 1,14). Queste parole tratte dal libro della Sapienza, che stiano meditando proprio in questi giorni, ci introducono alla lettura del lungo brano evangelico della tredicesima domenica del tempo ordinario. In esse appare chiara la volontà di Dio su tutta la creazione: "Dio non ha creato la morte... Ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo". È quindi nella "natura" stessa di Dio, da quando la morte è entrata nella vicenda umana, lottare contro di essa perché prevalgano la vita, il bene e la felicità. L’opera di Gesù altro non è che la realizzazione di questa volontà di Dio. E lo si vede in ogni pagina evangelica.

La scena che Marco ci presenta è piuttosto comune nella vita pubblica di Gesù: una folla di bisognosi si accalca attorno a lui cercando guarigione e conforto. Anche uno dei capi della sinagoga di Cafarnao, facendosi largo tra la folla, gli si avvicina e lo implora: "Mia figlia è ormai agli estremi, ma vieni, poni la tua mano su di lei, e vivrà". Quasi certamente Giairo - Matteo lo ricorda per nome forse perché ancora noto nella prima comunità - conosce Gesù per la sua frequentazione nella sinagoga; ne ha potuto apprezzare la pietà, la profondità dello spirito, la bontà e la straordinaria misericordia. Trovandosi nella disperazione più totale, e non sapendo più a chi altro ricorrere, si avvicina a Gesù. Forse pensa tra sé e sé: "È sufficiente che questo uomo di Dio imponga le mani su mia figlia, perché essa guarisca". Di fronte all’impotenza degli uomini, l’unica speranza è nel Signore. E in questo ci troviamo tanto vicini al capo della sinagoga: nella disperazione, quest’uomo, che pure è tra i potenti di Cafarnao, si sveste dell’orgoglio del capo, dell’arroganza del potere e della sicurezza della dignità sociale. Si inginocchia e non si vergogna di supplicare aiuto. Le sue parole non sono un lungo discorso ma una preghiera semplice e assieme drammatica. Gesù non pone tempo in mezzo e subito "va con lui".

Durante il tragitto accade il singolare episodio della guarigione dell’emorroissa. L’evangelista sembra sottolineare che la misericordia del Signore sovrabbonda; essa si riversa su tutti coloro che cercano di mettersi in contatto con Gesù. Il camminare del Signore tra gli uomini non è mai senza effetto. Una donna, affetta da una emorragia ormai da dodici anni senza che i medici abbiano potuto far nulla, è disperata. Pensa che l’unico che può aiutarla sia proprio Gesù. Forse è timida, non vuol farsi notare, e comunque sembra non voler disturbare. Ha tanta fiducia in quel giovane profeta buono che crede sia sufficiente toccargli appena il lembo del mantello per essere guarita. È una fiducia semplice che si esprime in un gesto ancor più semplice. Si fa largo tra la folla e giunge a toccare il lembo del mantello di Gesù. Non è difficile immaginare la sua trepidazione mentre allunga la mano per toccare l’orlo del mantello; non il corpo e neppure la veste. Quale lezione per noi che spesso con noncuranza o troppa abitudine riceviamo il corpo stesso di Gesù!

Quella donna ha pensato di fare tutto nascostamente. Ed in effetti nessuno se n’è accorto. Come del resto nessuno si era preoccupato più di tanto della sua malattia. Non così Gesù, che "avverte la forza uscita da lui". Si rivolge ai discepoli e chiede loro chi l’ha toccato. Nella loro solida ragionevolezza i discepoli gli fanno notare l’assurdità della richiesta: "Tu vedi la folla che si stringe attorno e dici: chi mi ha toccato?". Gesù volge lo sguardo attorno per cercare chi l’ha toccato. Non c’è anonimato nel contatto con Gesù, non c’è un gregge tutto uguale e senza nome. C’è bisogno di guardarsi, di sentirsi, di parlarsi. Quella donna risponde allo sguardo di Gesù, fissa i suoi occhi negli occhi del giovane profeta e si getta ai suoi piedi. E Gesù: "Figlia, la tua fede ti ha salvato! Va in pace e sii guarita dal tuo male". Da quel momento le cessa il flusso di sangue: è guarita. "La tua fede ti ha salvato!" dice Gesù; non "io ti salvo". Il Vangelo suggerisce che è la fede della donna ad operare la guarigione, più che la potenza di Gesù. Questo sta a dire che il miracolo avviene se c’è un rapporto personale con Gesù, un legame di fiducia e di abbandono a lui. Non siamo, infatti, nel campo della magia o delle pratiche esoteriche ma in quello dei rapporti di amicizia e di affetto. La fede è affidarsi.

È quanto accade anche nella guarigione della figlia del capo della sinagoga. Quando si sparge la notizia della morte della fanciulla, tutti perdono ogni speranza nella sua guarigione e dicono di non disturbare più il maestro di Nazareth. Forse anche Giairo sta per rassegnarsi. I galilei conoscono bene la loro impotenza, non la grande misericordia di Dio. Ma Gesù che ha già risposto alla preghiera del capo della sinagoga, lo esorta a non perdere la speranza. Si potrebbe dire che esaudisce la sua preghiera oltre le stesse aspettative: lui voleva che la figlia guarisse dalla malattia, Gesù la risorge dalla morte. Avviene sempre così con la preghiera fatta con fede. Gesù dice a quell’uomo disperato: "Non temere, continua solo ad aver fede!". Giunto alla casa di Giairo, di fronte al pianto e alle urla della folla Gesù dice di calmarsi perché la "fanciulla non è morta, ma dorme". Tutti, come spesso accade di fronte al Vangelo quando va oltre la nostra ragionevolezza, lo prendono in giro e lo deridono. Ma egli caccia via tutti, ed entra con i più intimi nella casa.

Nel linguaggio biblico la morte è intesa come un addormentarsi in attesa del risveglio. I morti perciò giacciono come nel sonno e aspettano la voce stessa del Signore che li svegli. Così Gesù sta davanti alla fanciulla. Ed è lui, Verbo del Padre, che la chiama: "Fanciulla, alzati!". La prende per mano e la mette in piedi. Sta scritto: "Il giusto se cade non rimane a terra, perché il Signore lo tiene per mano" (Sal 37,24). "Subito - nota l’evangelista - la fanciulla si alza e si mette a camminare": è tornata in vita. La morte non è più invincibile. La misericordia di Dio è più forte. Ed è su questa misericordia che edifichiamo la nostra vita, come l’uomo saggio che edifica la sua casa sulla roccia.

 

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