TESTO San Paolo e Maria
Mercoledì della V settimana di Pasqua (13/05/2009)
Vangelo: Gv 15,1-8
Quello che è stato proclamato come prima lettura è l’unico brano in san Paolo in cui si parla di Maria santissima. Le tredici lettere di san Paolo contano 2029 versetti, di essi solo uno è dedicato alla persona della Madre di Gesù, questo, il numero 4 del capitolo quarto della lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge”. La madre del Signore non viene nemmeno chiamata per nome, ma solo menzionata come di passaggio.
Stando così le cose, sembra che a san Paolo la figura di Maria interessi minimamente e che dunque sia inutile interrogarci sull’apporto dell’Apostolo delle genti alla nostra devozione per la Madre del Signore.
Prima però di abbandonare delusi la nostra ricerca e di tirare della conclusioni indebite soffermiamoci un attimo almeno su questo frammento. Potremmo scoprirvi delle ricchezze inaspettate e rivalutare anche il messaggio di san Paolo a riguardo dell’umanità di Gesù e del mistero della sua venuta nel mondo.
Anzitutto la frase citata del versetto quattro si conclude solo nel versetto seguente, il cinque: ”Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli.”
Notiamo subito che ci sono alcuni termini che ritornano. Si può stabilire un collegamento tra la prima parte della frase e l’ultima: “Dio mandò il suo Figlio... perché ricevessimo l’adozione a figli.” Similmente sono parallele le due espressioni centrali: “(il Figlio di Dio...) nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge”. Resta in sospeso proprio l’espressione “nato da donna” che viene ad interrompere il collegamento fra figliolanza e sottomissione alla legge.
In sintesi il ragionamento di san Paolo si può schematizzare così: nascendo in un mondo segnato dalla corruzione del peccato anche se frenato nella sua decadenza verso il male dalla legge ricevuta sul Sinai, il Figlio di Dio si sottopose volontariamente alle dure esigenze della legge di Mosè perché noi avessimo anche la gioia di sentirci figli di Dio.
San Paolo aveva appena finito di dire che la Legge, anche la migliore possibile come quella dell’Antico Testamento, non è sufficiente per dare la salvezza. La funzione della legge è quella di un argine o di un paracarro: segnala un limite da non superare, ma non conduce alla mèta. Rende più difficile la trasgressione, ma non aiuta con nessuna spinta in avanti né attira con la forza della persuasione.
Solo la fede in Gesù salva. La legge di Mosè dunque è servita come una preparazione e una guida in vista dell’incontro con Cristo. Riprendendo un esempio dei suoi tempi san Paolo dice anche che quando si entra nella maggiore età non si ha più bisogno di precettori e pedadoghi. Tutori e amministratori esercitano il loro ufficio finché uno non entra nel pieno possesso dei suoi diritti, poi essi devono cedere il campo. Alla stessa maniera non è più necessario seguire alla lettera le norme contenute nella legge di Mosè perché Gesù ci ha elevati alla dignità di figli di Dio con tutti i privilegi conseguenti.
È un tema centrale nella predicazione di san Paolo, che egli svilupperà qualche anno più tardi nella lettera ai Romani. Per intanto ne traccia come un abbozzo, indotto a questo dal cambiamento di condotta intervenuto presso i Galati.
Essi avevano aderito con entusiasmo al Vangelo di Gesù Cristo, ma dopo qualche tempo avevano lasciato spazio ad alcuni predicatori Giudei. Pensando di far bene si erano convinti così della necessità di osservare tutte le norme in uso presso gli Ebrei.
San Paolo reagisce e ricorda ai Galati che la fede è immensamente superiore alle opere: “Questo solo io vorrei sapere da voi: è per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne (cioè con la materialità delle opere)? Tante esperienze le avete fatte invano? Se almeno fosse invano! Colui che dunque vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della legge o perché avete creduto alla predicazione?”
È dunque in un contesto polemico che san Paolo cita la madre di Gesù, come un’oasi di pace, in mezzo a tante angustie. Anche se l’espressione “nato da donna” sembra qualcosa in più che interrompe la linearità del ragionamento, san Paolo inserisce lo stesso questo inciso a cui evidentemente attribuisce un valore particolare.
Non c’è stata solo la Legge che ha accolto Gesù nel mondo, quella legge in nome della quale ad un certo punto sarebbe stato condannato. Gesù, il Figlio di Dio, è venuto nel mondo, nascendo da una donna. Il solo fatto di essere la Madre del Figlio di Dio rende questa donna particolare.
Non ci dobbiamo meravigliare che san Paolo non approfondisca il punto e non aggiunga dettagli alla sua perentoria affermazione. Non dobbiamo cercare nelle lettere di san Paolo quello che troviamo contenuto così ampiamente nei Vangeli, ossia la descrizione della vita di Gesù. Non solo san Paolo omette il nome di Maria, ma non racconta di nessuna parabola, né miracolo del Signore. Se la nostra conoscenza fosse limitata a quello che ci ha lasciato per iscritto Paolo, ignoreremmo le beatitudini e quasi ogni altro detto del Signore.
San Paolo non fu spettatore degli avvenimenti capitati nei tre anni della vita pubblica del Signore e perciò ne lascia il compito del resoconto ad altri, primi fra tutti al suo discepolo Luca.
È interessante questa cosa, perché nel terzo Vangelo noi troviamo le informazioni più ampie che abbiamo nel Nuovo Testamento sulla figura di Maria; ma, come dice lui stesso, san Luca si decise a scrivere un racconto della vita di Gesù solo dopo avere fatto accurate ricerche in proposito e avere interrogato i testimoni diretti.
L’espressione “nato da donna” dunque è come un concentrato di tutto quello che san Paolo ha da dire su Maria. Vale la pena di spiegarla seppure brevemente.
Anzitutto l’attribuzione a Gesù della qualifica “nato da donna” serve a ribadire la concretezza dell’incarnazione del Figlio di Dio, che attraverso Maria diventa veramente compartecipe della nostra condizione umana, compresa la sua peculiare fragilità. Giobbe si esprime così: “L’uomo nato da donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore spunta e avvizzisce”.
L’assenza di un padre umano per Gesù viene appena accennata, l’importante per san Paolo è che vi sia stata una madre. In quanto figlio di Maria Gesù appartiene al popolo eletto e alla discendenza del Re Davide. Essa assicura quindi il compimento delle promesse sul Messia salvatore.
Non solo ma sviluppando l’intuizione contenuta nella lettera ai Romani in cui san Paolo stabilisce un confronto fra Adamo e Gesù è possibile stabilire un paragone fra Eva e Maria. La dicitura “donna” quindi richiamerebbe anche la prima donna. Come Eva fu la madre di tutti i viventi, così Maria a motivo del suo Figlio diventa la Madre di tutti i rendenti.
Scrive san Paolo: “Come la disobbedienza di un solo uomo (Adamo) ha reso tutti peccatori, così l'obbedienza di uno solo (Gesù Cristo) renderà tutti giusti" e sant’Ireneo fa eco: "Ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede" Eva si lasciò sedurre e disobbedì, questa si lasciò persuadere e ubbidì. In tal modo la vergine Maria poté divenire avvocata della vergine Eva.
“Il nemico infatti” dice ancora sant’Ireneo “non sarebbe stato sconfitto secondo giustizia, se il vittorioso non fosse stato un uomo nato da donna, poiché fin dall'inizio della storia il demonio ha dominato sull''uomo per mezzo di una donna, opponendosi a lui col suo potere.
Per questo si proclama Figlio dell'uomo, egli che ricapitola in sé l'uomo primordiale, dal quale venne la prima donna e, attraverso questa, l'umanità. Il genere umano era sprofondato nella morte causa dell'uomo sconfitto. Ora risaliva alla vita a causa dell'uomo vittorioso.”
Da San Paolo dunque possiamo imparare che la devozione a Maria è strettamente collegata alla fede nel suo Figlio e nostro Salvatore e che al contrario di essere una pratica confinata ai margini del nostro credo la nostra preghiera a Maria abbraccia l’intera storia del mondo, come anche la Madonna stessa apparendo a Fatima ci ha fatto capire...