TESTO Commento su Giovanni 15,9-17
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VI Domenica di Pasqua (Anno B) (17/05/2009)
Vangelo: Gv 15,9-17
«9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Rocco Pezzimenti
1. Nel cuore dell’Ultima Cena, Gesù rivela il vero segreto di ogni opera buona e di tutto quanto il bene che si può fare: l’Amore di Dio. E quando saremmo noi in grado di seguire l’amore di Dio se non rimanendo in Lui? Da qui l’invito: “rimanete nel mio amore”. Ci ricorda magistralmente Sant’Agostino che è certo che il Padre ci ama, ma ci ama in Cristo, perché questo glorifica il Padre e ci consente di portare frutti, proprio perché siamo legati alla vite che è il Figlio del quale diventiamo, così, discepoli. “Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore”: questo è il vero senso della grazia di Dio, che si rivela agli umili, che conoscono il suo amore, e si nasconde ai superbi.
2. Solo così possiamo diventare figli di Dio, grazie alla mediazione di Cristo: “Come il padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. Da qui deve discendere la nostra gioia, la gioia di essere figli di Dio. “Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta”. I grandi santi hanno dimostrato che questa gioia cresce con la perseveranza, ma tutti noi dobbiamo capire che è proprio questa gioia che testimonia l’essere figli di Dio. Chi sta attorno a noi si deve rendere conto della novità della nostra vita, è questa gioia che attrae e che spinge gli altri a chiederci le ragioni del nostro essere cristiani.
3. L’amore di Cristo è dato dalla sua vicinanza e non solo perché siamo destinati a regnare con Lui, ma perché la condizione di quel regnare assieme è data dal testimoniare ora il suo amore. Ecco la novità di questo amore la cui misura non è data dagli uomini e neppure dalla legge. Non si tratta più di non fare agli altri quello che non faremmo a noi stessi. Eccolo il comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”. E ci ha amato al punto di dare se stesso per noi. Non più la legge, ma la carità, l’infinito e gratuito amore di Dio diventa la misura del nuovo amore. Quel “come io vi ho amato” diventa il criterio inesauribile che sostiene la nostra speranza ed accresce la nostra fede.
4. Come ci ricorda nella sua prima lettera Giovanni, per questo Cristo è venuto al mondo: per manifestare l’amore di Dio. Solo vivendo con Cristo e cercando, per quello che è possibile, di imitarlo si vive l’amore di Dio. Una diversa intenzione manifesta solo il nostro amore e se fa il bene nostro non fa il vero bene del prossimo perché non evidenzia l’amore di Dio. Solo questo consente di far capire al mondo che siamo cristiani, perché cerchiamo di portare l’amore di Dio.
5. Cristo è venuto nel mondo perché ci ha amati sapendo bene come eravamo! Ci ha amato perdonandoci e mostrandoci come solo Dio sa amare. Colui che sa tutto di noi, anche quello che noi non sappiamo o non ricordiamo perché in Lui è presente, ci ha reputati bisognosi d’amore e questo ci ha invitato a fare. Certo, ci vuole fede! Per questo ci ha invitato a pregare: “Signore accresci la mia fede”. Solo così sentiremo di dover amare di più.
SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Sr. Piera Cori
L’Amore è il termine che riesce ad affascinare uomini di ogni età, condizione sociale e latitudine proprio perché l’uomo è “frutto” dell’amore!
È generato dal sogno di Dio, dalla sua mano provvidente, che nel cuore e nell’atto di amore tra un uomo e una donna, trova il suo compimento.
Per questo l’amore si capisce fin da bambini.
Un bambino avverte a pelle se l’altro gli vuole bene. Solo allora si fida e si affida, non perché è “incosciente”, ma perché conosce e percepisce l’amore.
Gesù oggi ci parla di amore, amore che ci riveste, che ci avvolge come un manto.
Sapere che siamo amati è una grande gioia.
Sapere che questo amore è gratuito e primo, non può che darci consolazione.
Ma amati come? L’immagine del Pastore di due domeniche fa è ancora dentro noi.
Amati da Dio che cammina con l’uomo, che percorre la nostra stessa strada. Un Dio che abita la storia, perché è l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Un Dio che si presenta come “Io Sono”, e nel Nome racconta il suo esserci da sempre e per sempre.
Il nome (nell’ambito semitico) “significa”, cioè esprime la vita, l’impegno, l’azione di chi lo porta.
Questo Dio amore non obbliga nessuno, perché l’amore “obbligato” sa di violenza e quindi perde tutte le sue caratteristiche.
L’amore a immagine di Dio è discreto e umano, umile e riconoscente, generoso, paziente, mite con tutti. Questo tipo di amore è facilmente riconoscibile perché l’amore autentico attira le persone, a sua insaputa.
Gesù non obbliga ma consiglia di rimanere in questo amore, e l’unico modo è quello di osservare i comandamenti come lui ha osservato quelli del Padre.
È un comando per la gioia, per la vita. E’ la Parola di vita che ci dà la libertà.
Solo chi sceglie di camminare sulla strada che Gesù stesso ha percorso può conoscere Dio. Conoscienza che dice la familiarità, l’appartenenza, l’essere suoi.
È realizzare in pienezza il progetto di Dio: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza. L’immagine ci appartiene, è il nostro DNA.
S. Agostino ne ha una coscienza così grande che nelle sue confessioni afferma: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
La somiglianza ci riguarda perché è una scelta di vita. Io voglio somigliare a questo Dio che fa dell’amore la sua caratteristica, il suo distintivo.
Somigliare a lui.
Solo l’amore sa fare questo!
Dio non fa preferenza di persone (afferma Pietro nel libro degli Atti), ma accoglie chiunque lo teme, cioè chiunque lo ama e pratica la giustizia. E la giustizia è l’amore verso gli uomini.
In un mondo “giusto” la pace, l’armonia, il benessere, la salute ecc. non fioriscono spontaneamente, ma si raggiungono attraverso la responsabilità reciproca, attraverso cioè l’amore reciproco.
Cammino certamente impegnativo.
Ma il segreto è “rimanere” nell’amore fedele di Dio che non ci ama perché siamo buoni e belli, ma che ci fa buoni e belli, cioè capaci di amore, perché ci ama. (Lutero)
Solo se ci lasciamo illuminare da questo amore, solo se rimaniamo uniti alla vite possiamo fare frutto, possiamo essere capaci di risplendere come lui vuole.
Detto così sembra un gioco da ragazzi e forse lo è!
D’altra parte l’amore si impara agendo.
Nessun libro ti rende esperto d’amore. Solo amando impari cosa significa.
L’amore che è capace di farsi dono per Dio è sempre sacro perché scaturisce dal Suo cuore, anche se chi lo pratica non Lo conosce o addirittura Lo ignora.
Dio non ama le etichette, non ama creare frontiere, non mette limiti come gli uomini.
Se mai Dio volesse fare una divisione la farebbe tra coloro che, praticando l’amore, sono diventati amore simili a lui, e coloro che, chiudendosi nel loro io, fanno della loro esistenza un muro inviolato, diventando altro da Lui.
Che il Signore ci renda affascinati dal suo amore! Così colmati e avvolti da questa “forza” soave, possiamo rimanere nell’amore e vivere amando Lui e i fratelli come vuole.