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TESTO Chi sono i chiamati?

don Ezio Stermieri  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/02/2009)

Vangelo: Mc 1,29-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,29-39

29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Se il diventare cristiani consiste in una risposta esistenziale ad una chiamata è non solo lecito ma doveroso domandarsi: chi sono i chiamati e anche se ci sono dei chiamati per primi.

Il Vangelo di Marco ci offre una risposta complessa. “Tutta la città era riunita davanti alla porta”. Tutti dunque sono, siamo chiamati perché tutti abbiamo bisogno di Lui che guarisce, perché siamo malati. Oggi può suonare offensivo dire che la Chiesa porta con sé la ricetta per guarire l'uomo, o, di più, che è con noi il medico delle nostre anime. Ma, mai come oggi ci si lamenta della constatazione che l'economia è malata, la politica bloccata, la società rivela stati di sofferenza acuta, l'uomo stesso è malato! Che cosa hanno, di che soffrono i giovani di oggi? Ci si interroga. È malata la famiglia, in crisi la donna, in perdita di identità il maschio, atrofizzate le istituzioni. Malata la scuola, il mondo del lavoro? E nessuno come nella pagina del Vangelo riesce a diagnosticare.

Si nota uno stato febbrile, non si diagnostica la radice del male ma ci andrebbe qualcuno con la giusta ricetta che restituisse alla vita il suo senso, la sua dignità, il suo orizzonte e il suo sbocco, il suo punto di forza e la “qualità” che dà realizzazione in tutte le cose. L'uomo ha bisogno nella sua attuale situazione, imploso, sdraiato su se stesso, di Colui che, solo avvicinandosi, lo faccia risorgere, alzare, lo riprenda per mano come nell'Eden, come quando l'uomo passeggiando con Dio non aveva vergogna di sé, non doveva nascondere nessuna miseria e non aveva né gelosia per Dio o odio per se stesso. L'uomo, dice il libro di Giobbe, è malato di inquietudine. Non riesce a definirsi da solo e si ammala: se si definisce a partire dal lavoro si sente schiavo, se si definisce a partire dai sogni si scopre illuso e deluso, se dal riposo si ammala di tedio e di noia. Di giorno sospira la notte e di notte sospira il giorno. Scopre che la vita sfugge veloce come una spola ed è angosciato all'idea che un giorno non ci sarà più, anche se la vita è dolore. Che cosa manca? L'uomo si è posto in condizione di non udire più la “chiamata”. Siamo stati chiamati alla vita e il suo senso lo dà Colui che ci ha chiamati e la sua chiamata è la bella notizia, il Vangelo, è Gesù Cristo medico e medicina, luce, laser che guarisce e restituisce alla vita.

Conosciuto Gesù Cristo non c'è da stupirsi delle parole di Paolo guarito dal suo odio verso la Buona Notizia di Gesù: “Annunciare il Vangelo è per me un vanto... Guai a me se non predicassi il Vangelo”. Che cosa c'è di più grande, realizzante di poter dire ad ogni età, ogni situazione: guarda che il rimedio c'è. È vicino, è possibile, è decisivo e dirimente. Quale chiamata può essere più umanizzante e realizzante della chiamata ad essere di Cristo per essere portatori di Lui salvezza, medicina dell'uomo.

 

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