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TESTO Pasqua terremotata

don Giovanni Berti

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno B) (12/04/2009)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

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Per una strana e terribile coincidenza, la settimana che per noi cristiani ricorda e celebra la Passione di Gesù, è iniziata con la via crucis del popolo abruzzese colpito dal terremoto nella notte tra la Domenica delle Palme e il Lunedì Santo.

In questi giorni in tutte le chiese (ma purtroppo non in quelle delle zone terremotate, distrutte dal sisma) si rievocano con riti antichi gli ultimi giorni della vita di Gesù. Si ricorda l’ultima cena, nella quale il Maestro insieme ai suoi discepoli, spezza il pane e distribuisce il vino, segni della sua vita spezzata e donata, e compie il gesto della lavanda dei piedi, con la quale insegna lo stile del cristiano che è il servizio.

Il venerdì santo ricordiamo la morte in croce, con la quale il Figlio di Dio compie l’estremo abbassamento compiuto per amore di tutti. E infine domenica, ad iniziare dalla veglia notturna e poi in tutte le messe, celebriamo il centro della nostra fede, cioè Gesù risorto da morte, sapendo che questo annuncio della resurrezione da quel giorno non si è più fermato, ed è stato portato avanti da generazioni di credenti in ogni luogo e in ogni tempo.

È davvero terribile questa coincidenza tra Pasqua e Terremoto, e personalmente non riesco a vivere questi giorni e tutte le celebrazioni senza sentirmi coinvolto e con il pensiero a quel che è successo (e che sta succedendo) in Abruzzo. Ammetto di avvertire dentro quasi un senso di colpa mentre preparo i vari riti del Triduo Pasquale nella mia chiesa nuova e tranquilla. Mentre io mi preoccupo di quel candelabro da posizionare o di quel drappo, mentre sistemo le letture e organizzo la veglia di sabato sera, nello stesso momento migliaia di persone e anche tanti miei confratelli preti hanno chiese e case sventrate, piangono persone care scomparse e non possono a malapena recuperare che qualche vestito dalle case pericolanti.

Penso che mentre io compio dei riti che ricordano la Passione di Gesù, in altri luoghi del dolore vero e attuale, come in Abruzzo, la Passione di Gesù è ricordata in modo più vero e attuale.

Nel giovedì santo, con la lavanda dei piedi, ricordiamo la centralità del servizio nella vita cristiana: in Abruzzo abbiamo visto questo servizio nelle migliaia di persone che si sono date da fare per soccorrere i terremotati fin dai primi istanti. Nelle mani nude che toglievano le pietre polverose delle macerie e soccorrevano le persone, ho visto le mani di Gesù che piegandosi come il più umile dei servi, si prende cura dei piedi impolverati e stanchi dei suoi discepoli.

Il venerdì santo viene ricordata la morte di Gesù in croce: proprio questo venerdì santo le quasi 300 vittime ricevono il saluto cristiano e civile dell’intera nazione. Ogni famiglia di quelle terre ha il suo monte calvario reale, e proprio come Gesù sulla croce possono gridare “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

Rimane la Pasqua come ultimo atto di questa Passione.

Dopo tre giorni il Signore fa rotolare via la pesante pietra che lo tiene prigioniero nel sepolcro, ed esce vivo. Noi cristiani lo annunciamo e lo celebriamo. In Abruzzo penso che ci vorranno molto più di tre giorni per poter far risorgere quel che il terremoto ha distrutto. Non penso solo alle case e ai monumenti, ma penso prima di tutto alla speranza e alla vita normale delle persone.

Quando la morte ci colpisce, noi esseri umani abbiamo bisogno di molto più tempo per ritornare a sperare nella vita.

Credo che proprio per questo il Signore è risorto. Non ci fa una colpa se per noi uscire dai sepolcri è più difficile e ci mettiamo più tempo. Ma proprio in questo momento è fondamentale non fermare quell’annuncio di Pasqua che le donne del vangelo hanno iniziando la mattina del giorno dopo il sabato.

C’è davvero bisogno di annunciare la vittoria della vita sulla morte. E lo possiamo annunciare con i riti pasquali e con la vita. Annunciamo che Cristo è risorto con la preghiera di questi giorni (più difficile ma non meno vera e necessaria) e lo annunciamo con i gesti d’amore che fanno risorgere la speranza e la voglia di vivere.

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