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TESTO Uniti come il tralcio alla vite

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

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V Domenica di Pasqua (Anno B) (18/05/2003)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,1-8

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Gesù usando l'immagine del tralcio e della vite giunge oggi ad una conclusione sorprendente: senza di me non potete fare nulla. Così come domenica scorsa Gesù si è detto "buon pastore", oggi ci ricorda che la linfa della gioia passa attraverso l'innesto alla sua persona.

Ma è davvero Gesù il nostro pastore? E' lui che ispira i nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro cammino? Ci sono alcuni sociologi cristiani che leggono il disagio presente nella nostra società come un grido convulso e irrequieto dell'uomo che cerca Dio. Alla ricerca della felicità che abita il cuore di ogni uomo, ci si arriva solo se indirizzati verso la presenza di Dio.

Ignorare questo orientamento significa scivolare nel disagio, nella depressione, oppure ostinarsi nel cercare nel'eccesso e nell'ottundimento un surrogato di felicità. Chi si butta via in un'emozione, in una pasticca, in un eccesso, non dice forse male il suo bisogno di pienezza? Gesù è drastico: senza di me non potete fare nulla. Cerchi la gioia? Cercala in Dio, vivila in lui, stagli unito, incollato, come il tralcio alla vite.

La linfa vitale proviene da lui e da lui solo. Da questa unione scaturisce l'amore. Giovanni ci invita ad amare nella concretezza, a giocare la nostra vita sull'amore. Bene. Ma cos'è "amore"? Non è forse ambiguo questo termine usato ed abusato per descrivere molte contrastanti situazioni? Non rischiamo forse di relegarlo esclusivamente nella sfera dell'emotività, della simpatia, della pelle? Cosa significa "amare"?

Credo che Giovanni, nella sua esperienza, ci voglia dire, a grandi linee, questo: renditi conto che sei fatto a immagine di un Dio che è dono, bene, amore, luce. Vivi in un pregiudizio positivo verso di te e verso chi incontri sulla tua strada. Guarda all'aspetto positivo delle cose, sicuro che esiste un progetto di bene per la tua vita. In questo consiste l'amore: nel vedere, stupiti, l'iniziativa di Dio nei nostri confronti.

Gesù, inoltre, ci invita a riflettere su di una scomoda verità conosciuta ad ogni vignaiolo: affinché la vite porti frutto occorre potarla. L'avete mai vista una vite potata? Io sì, provenendo da una famiglia di viticoltori. Fa impressione vedere la "lacrima" della linfa sgorgare dal taglio, come il sangue da una ferita. Eppure quel gesto è davvero necessario e il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d'uva. La vita ci pota in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie, periodi "giù"; è piuttosto inevitabile e lo sappiamo anche se – il più delle volte – ci ribelliamo, ci intristiamo.

Curioso l'essere umano: è come se non accettasse la fatica e il fallimento inevitabili nel nostro essere finiti, limitati, segno questo, secondo me, della sua dignità, della sua natura che lo spinge ad andare oltre. Lo confesso: non mi umilia il fatto di non trovare in me, da solo, la risposta alle grandi domande della vita. Cerco aiuto e – cercandolo – ho trovato risposte convincenti. Come viviamo le potature della vita? Il Signore ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità.

Certo, lo scrivo e ne sono perplesso: quanto amor proprio devo mettere da parte, quanta pazienza esercitare, quanto equilibrio mettere in atto per non scoraggiarmi e deprimermi, per non offendermi e prendermela con Dio. Eppure è un tragitto obbligato: l'accettazione serena (mai rassegnata!) delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale della mia vita in luoghi e situazioni inattesi e con risultati – credetemi – davvero sorprendenti.

Animo, allora, le potature sono necessarie, così come la grande e dolorosa potatura degli apostoli, ribaltati come guanti, masticati dalla croce, li ha resi davvero apostoli maturi e riflessivi, capaci di annuncio e di martirio e non solo entusiasti e immaturi seguaci di una esperienza nuova. Anche noi, come loro, dobbiamo capire, talora nel dolore, la misura del nostro limite per poterlo accettare e superare. Viviamo allora le contraddizioni di questa settimana certi di essere nelle mani esperte di un ottimo vignaiolo, che sa quello che fa', perché senza Dio, davvero, non possiamo fare nulla!

Libri di Paolo Curtaz

 

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