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TESTO Commento su Marco 14,1-15,47

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Domenica delle Palme (Anno B) (05/04/2009)

Vangelo: Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura delle Monache Benedettine di Citerna

La sesta domenica di Quaresima, detta anche delle Palme, si presenta come un grande portale. Infatti con essa entriamo, nel coinvolgimento di tutta la Chiesa (e nostro) nel “memoriale” del Mistero pasquale durante la celebrazione liturgica di questa Settimana Santa. Ci sia permesso di servirci di questo “entrare” come filo conduttore della nostra riflessione sulle ricchissime letture di questa domenica.

Il complesso delle letture bibliche che la liturgia odierna ci offre, è molto vasto:
Il Vangelo della processione delle palme;
La lettura tratta dall’Antico Testamento;
Il Salmo responsoriale;
La lettura dell’Apostolo;
La narrazione della Passione secondo il Vangelo di Marco.

Questo insieme di letture sono collegate da una strettissima tematica.

Non essendo possibile un adeguato commento a tutte le letture, viene tralasciato il racconto della Passione, che sarà centrale nella celebrazione del Venerdì Santo, per soffermarci sul Vangelo della Processione delle Palme (Mc 11,1-10). La proclamazione di questo Vangelo fa rivivere l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme; e in tale contesto questo verbo entrare assume un significato fondamentale e ci apre lo sguardo ad approfondire il significato dell’incomparabile mistero che rivivremo.

Il verbo entrare permette di effettuare un collegamento con l’epistola agli Ebrei della quale ci serviremo perché ci fornisce una chiave di lettura sul significato della passione e morte del Signore. Gesù entra in Gerusalemme poveramente (cavalcando un puledro), ma l’atmosfera è quella dell’entrata trionfale di un re vittorioso: in particolare l’esclamazione della folla osannante “Benedetto il regno che viene, del nostro padre David!”. L’accostamento con l’epistola agli Ebrei ci presenta però Gesù come sacerdote che offre se stesso quale sacrificio espiatorio per i peccati del mondo. Per questo motivo il Suo entrare regale in Gerusalemme acquista un significato sacerdotale fornendo una luce interpretativa al racconto della passione che verrà letto come vangelo della celebrazione eucaristica.
Così recita la Lettera agli Ebrei:

“...Anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una tenda... nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza... Cristo invece è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mani di uomo, cioè non appartenente a questa creazione Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale mosso da uno Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, perché serviamo al Dio vivente?” (9,1-2.6-7.11-14).

Il sacrificio di Cristo è stato un sacrificio personale ed esistenziale, perché ha offerto a Dio non una vittima animale, bensì la propria vita. E’ diventato egli stesso vittima sacrificale, e dato che “ha offerto se stesso”, il suo sacrificio non è stato esteriore alla sua persona, ma è stato un sacrificio volontario di tutto se stesso. A differenza dei sacerdoti dell’Antico Testamento, Cristo ha potuto elevare un sacrificio di questo genere perché era davvero “senza macchia”. Di conseguenza Dio Padre si è compiaciuto in lui.

Così commenta un Padre della Chiesa, S. Fulgenzio di Ruspe, Vescovo:

“Egli, secondo l’insegnamento dell’Apostolo, “ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2). Egli, vero Dio e vero pontefice, è entrato per noi nel santuario non con il sangue di tori e di capri ma con il suo sangue. E questo stava a significare quel pontefice che ogni anno entrava nel Santo dei santi con il sangue delle vittime. Questi è dunque colui che in sé solo offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote, sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo riconciliati, tempio in cui veniamo riconciliati” (Dal trattato: “Sulla fede in Pietro”).

La dimensione sacrificale ha animato l’intera vicenda terrena di Cristo fin dalla sua incarnazione; è ancora la Lettera agli Ebrei che ne fa il collegamento esplicito con il culto dell’Antico Testamento:

“... è impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà”... Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre” (10, 4-7.10).

Questo entrare di Gesù nel mondo indica che nella sua missione, accettata fin dall’inizio, Egli era consapevole del suo dover divenire “sacrificio”, il vero e veramente efficace sacrificio di espiazione di tutti i peccati, che nella passione è giunto alla sua massima realizzazione, perché in esso, più che mai, egli ha sacrificato la propria volontà per portare a termine la missione divina.

L’ampiezza di questa riflessione sul testo della lettera agli Ebrei, dovrebbe farci entrare più facilmente nelle letture della liturgia odierna.

La prima lettura (Is 50,4-7), fa parte del Deuteroisaia, e ci presenta la figura del Servo nel terzo canto del Servo di JHWH. Egli appare come un personaggio cui viene affidata una missione attiva nel disegno di salvezza universale, non è solo “il luogo” dove il disegno di Dio si manifesta e brilla di fronte a tutti, ma assume un ruolo attivo di mediazione. La sua sofferenza non è presentata come dovuta al peccato e inflitta da Dio quale castigo purificatore, bensì come inerente alla sua missione salvifica. Egli ha, innanzitutto, ricevuto un dono da Dio: la capacità di parlare, finalizzata alla missione di sostenere gli stanchi e di confortarli (v. 4). La possibilità di dire la parola giusta è frutto della costante attenzione nei confronti della Parola di Dio (v. 4b), e, d’altro canto, è frutto anche di quella capacità di percepire la volontà di Dio come suo dono, alla quale il Servo si rende totalmente disponibile (v. 5). La capacità di ascolto così diventa la capacità di cogliere il disegno di Dio per poter essere a servizio di istruzione, di chiarificazione della fede, di conforto verso lo stanco e sfiduciato.

La sicurezza del Servo sta unicamente nella fiducia nel Signore (v. 7) e la persecuzione che deve subire è una persecuzione connessa con la vocazione profetica e missionaria all’interno della fedeltà a Dio. Il racconto della Passione in Marco della liturgia odierna, vuole chiaramente presentare Gesù come il “Servo di JHWH”; ha voluto mostrare che Gesù compie l’attesa del profeta. Gli oltraggi, che sembrano una vittoria su Gesù, sono in realtà non una sconfitta del piano di Dio, ma la sua più profonda realizzazione. Per questo Gesù è la chiave che permette a noi, oggi, di capire in profondità il testo di Isaia.

La seconda lettura (Fil 2,6-11) ci porta nel cuore del mistero della passione di Gesù: quel suo entrare si manifesta qui in tutta la sua portata di sacrificio accettato, voluto che coinvolge tutte le dimensioni esistenziali di questo Figlio reso pienamente, totalmente disponibile al volere del Padre. Paolo, che utilizza questo inno preesistente per i cristiani come motivazione profonda ad affrontare le situazioni difficili che si presentano nella diffusione del vangelo, ha formulato il “mistero di Cristo” come mistero di abbassamento ed esaltazione, come realizzazione della figura profetica del Servo di JHWH.
Ancora S. Fulgenzio di Ruspe così commenta per noi:

“Il Figlio pur rimanendo uguale al Padre, si è abbassato facendosi simile all’uomo. Si è umiliato ancora di più quando annichilì se stesso prendendo la forma di servo. Ecco l’annientamento di Cristo, la sua umiliazione; non c’era per lui annichilimento più grande che prendere l’aspetto di Servo.

Il Cristo dunque, rimanendo l’Unigenito di Dio al quale offriamo sacrifici come al Padre, si è fatto sacerdote prendendo l’aspetto di servo; e noi per mezzo suo possiamo offrire a Dio un’ostia viva, santa, a lui gradita. Ma non avremmo potuto offrire quest’ostia se il Cristo non si fosse fatto ostia per noi: poiché in lui la nostra stessa natura umana è vittima di salvezza.” (San Fulgenzio di Ruspe, dalle “Lettere”).

La liturgia di oggi si presenta quindi per noi come un invito pressante ad entrare con Gesù nella grande celebrazione della Settimana Santa per essere coinvolti con lui vittima e sacerdote, caricandoci con lui delle ansie, delle sofferenze e del peccato di tutta l’umanità, ad offrire la nostra vita al Padre entrando nel Tempio che è il corpo di Cristo, ad attendere con fiducia piena di risorgere con lui partecipi dell’umanità trasfigurata nella nuova Gerusalemme.

 

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