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TESTO Dio ci ama tanto, ma tanto, da dare Suo Figlio

mons. Antonio Riboldi

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (22/03/2009)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,14-21

14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Ci avviciniamo sempre di più alla Santa Pasqua, dopo un cammino, mi auguro, di accostamento al Padre, tramite non solo la preghiera e la solidarietà, ma soprattutto attraverso un ripensamento della nostra vita, per vedere alla luce della Parola dove andiamo, chi siamo, che senso ha la nostra vita. Non si può camminare nella vita, dono di Dio, confusi o distratti o, peggio ancora, come ubriachi che non sanno più leggere se stessi.

Siamo giustamente preoccupati dalla crisi economica, che avvolge il mondo, rendendo i poveri più poveri e gettando tante famiglie nella preoccupazione del come vivere. Un effimero benessere ci aveva illusi di non avere più bisogno di Dio, come fossimo sazi. Non ci siamo accorti che l'effimero benessere era come la grande statua di Babilonia, fatta di oro, argento, rame, ma con una debolezza 'strutturale': i piedi di fragile terracotta! È bastato un sasso, staccatosi dalla collina, perché, colpendo i fragili piedi della statua, questa crollasse, andando in frantumi.

Ma ciò che più preoccupa è 'il vuoto, senza più la Presenza di Dio', che si è creato ed è il grande e vero male del nostro tempo.

Abbiamo, in altre parole, perso il senso del peccato, che è vivere preferendo satana a Dio.

Scriveva Paolo VI: "Voi non troverete più nel linguaggio della gente perbene, oggi, nei libri, la parola che invece è tanto presente nel mondo religioso, nel nostro, la parola peccato.

Gli uomini, nei giudizi odierni, non sono più ritenuti peccatori. Vengono catalogati come sani, malati, buoni, cattivi, forti, deboli, ricchi, poveri, sapienti, ignoranti, ma la parola peccato non si incontra mai. E non torna perché, distaccato l'intelletto umano dalla sapienza divina, si è perduto il concetto di peccato.

Il mondo non intende più soffermarsi su tali rapporti. Che cosa dice la pedagogia? L'uomo è buono, sarà la società a renderlo cattivo: ma, di per sé, lasciate che si sviluppi in ambiente favorevole, sarà, di sua natura, virtuoso. Il male non esiste. Questo famoso peccato originale -che è la prima verità dell'uomo – non è più ammesso e descritta nelle diagnosi che il mondo oggi vuole tracciare di sé. Ed ecco l'incoerenza. Mentre il punto di partenza sembra tanto sicuro, il punto di arrivo, quello terminale, che il mondo dà sull'uomo, qual è? Non erriamo asserendo che il giudizio, dato oggi dall'uomo su se stesso, è quello della disperazione... e così guardare 'dentrò l'uomo appare una cosa orribile. Quante volte quelli che si presentano con aspetto simpatico, bonario, ingenuo, nascondono, al contrario, il sepolcro imbiancato più putrido. Guardate se c'è un film ottimista nella produzione moderna; guardate se nei premi letterari c'è un libro presentabile, che dichiari ancora l'uomo 'buono'. Dilaga, al contrario, l'analisi del tanfo, della perversione umana con una sentenza che alla fine dice: l'uomo è inguaribile. Ma Gesù guarda e vede che siamo della povera gènte con tanti malanni." (20 settembre 1964)
Un'analisi dura, se vagliamo, ma vera.

Basta guardare alle notizie quotidiane dei TG o dei mass-media in genere, e pare non trovino altro che sbatterci in faccia ciò che non vorremmo e non dovremmo essere.

Al punto che ci chiediamo: 'Ma dove è finita la bellezza uscita dalla mano del Padre che ci ha creati?'. E chi di noi, a volte, soffermandosi con la lucidità della sincerità, che sa strapparsi di dosso le tante maschere che ci creiamo, non si sente peccatore?

C'è attorno a noi, oggi, quasi una esibizione del peccato, come fosse la sola forma di vita. Ma può mai, il peccato, essere la bellezza dell'uomo, la nostra bellezza?

O non è forse nel volto dei santi, che trasmettono con la loro presenza la bellezza di chi appartiene già al Cielo? O, se vogliamo, non dovrebbe forse, la bellezza, essere la vera ricerca quotidiana di chi ha fede sincera e amore alla vita?

Se c'è un'urgenza, che la Santa Quaresima ci pone, è liberarci dal male e ritrovare il bello della veste battesimale. Come un rinascere.

Continuare a battere strade che portano al malessere interiore giova a nessuno!

La parola di Dio oggi ci mostra quanto Dio guardi a noi con amore, cercando di farsi accettare per sfrattare il male della nostra vita.

"Gesù disse a Nicodemo: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui, abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui. Chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è giù stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'Unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte da Dio."
(Gv. 3, 14-21)

Suona come dolce speranza - comunque ci sentiamo, anche se grandi peccatori - sapere che Dio ci ama tanto...tanto, da averci donato il Figlio. Un Amore davvero immenso, che sa far conoscere la resurrezione a chi è morto per i suoi peccati o vizi. Un Amore che si apre a tutti, purché lo accettiamo. Nessuno può mettere in dubbio un tale Amore. Lo testimoniano i tanti che sono riusciti con la Grazia a liberarsi dal male ed entrare nella luce. È davvero profonda e totale la felicità di chi ritorna a Dio. Come è abissale la miseria di chi vive fuori dalla casa del Padre, per avere preferito la sua libertà di scelte, alla libertà vera, che è il 'sì' all'Amore.

Ci descrive tutto questo la parabola del figlio prodigo che, lontano dal Padre, ridotto alla miseria più nera, tanto da dover rubare il pasto ai porci per vivere, 'rientrò in se stesso e disse: 'Tornerò da mio padre'. E il padre lo attendeva sulla porta di casa. 'Correndogli incontrò, commosso gli mise le braccia attorno al collo e, piangendo di gioia, disse: 'Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed ora è tornato alla vità.

È lo stesso Padre che, oggi, attende me, voi, quanti insomma sentono l'amarezza di una vita vuota, uno scontento a cui non sanno dare nome, ma che l'essere fuori dalla casa del Padre.

Un vero peccato non sapere vedere il Padre, che ci attende sulla porta di casa, pronto a fare festa perché da morti torniamo alla vita con Lui!

Questo è un discorso che il mondo non vuole sentire. Al posto della casa del Padre mostra la sua casa, simile a quella del figlio prodigo lontano, che crea solo delusione, angoscia e disperazione.

Nella mia lunga vita di 'pastore', quanta gente - e ringrazio Dio per questo - ho visto tornare a casa, come figli prodighi, provando la gioia stessa del Padre.

Quanta serenità ho visto in loro, per avere ritrovato la forza di volare alto, sfiorando solo più le attrazioni false del mondo, senza farsi coinvolgere o diventarne nuovamente schiavi.
Una schiavitù ormai inaccettabile da un figlio di Dio.

Aveva ragione quella persona che, un giorno, dopo essersi liberato dal male, nel Sacramento della Penitenza, mi disse: 'Questa è la Pasqua di resurrezione: la mia resurrezione, ora non ho più nulla del passato, sono 'nuovo".

Basterebbe recarsi a Lourdes, per vedere le tante conversioni, le grandi resurrezioni di uomini, donne, giovani, che là, per intercessione della Mamma Celeste, ritrovano la gioia di essere degni figli di Dio e di Maria.

Se grande è la nostra miseria - e non dobbiamo avere vergogna di riconoscerla - Dio offre la possibilità di ridiventare 'bambini dal cuore purò. A tutti, senza eccezioni.

Tutti infatti possiamo ottenere la Grazia di comprendere che, altro è vivere come schiavi di satana - ed è un vero inferno già qui - altro è vivere da figli del Padre ed è Paradiso.
È un inno alla vera gioia quanto scrive Paolo agli Efesini:

"Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore per il quale ci ha amati, da morti che eravamo, per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia, infatti, siete stati salvati. Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nel cielo, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la bontà verso di noi in Cristo Gesù. per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera Sua, creati in Gesù Cristo per le opere buone che Dio ha predisposto, perché noi le praticassimo." (Ef. 2, 4-10)
Non resta che accogliere l'invito di Paolo VI:

'Il nostro tempo ha bisogno dì cristiani forti; la Chiesa, oggi, tanto moderata nelle sue esigenze pratiche ed ascetiche, ha bisogno di figli coraggiosi, educati alla scuola del Vangelo e perciò il suo invito alla mortificazione della carne e alla penitenza".
Sia nostra la preghiera del salmista:
Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia,
nel tuo grande amore cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Purificami con issopo e sarò mondato,
lavami e sarò più bianco della neve.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
Crea in me, a Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,

un cuore affranto e umiliato, Tu, o Dio, non disprezzi".(Salmo 50)

 

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