TESTO Salire sul Monte di Dio
don Roberto Rossi Parrocchia Regina Pacis
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II Domenica di Quaresima (Anno B) (08/03/2009)
Vangelo: Mc 9,2-10
2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
La Parola di Dio ci riporta l’esperienza di Abramo, chiamato a salire sul monte per offrire in sacrificio il figlio Isacco. E il Signore, per la sua fede, glielo risparmiò. Il pensiero và al monte Calvario, dove il Figlio di Dio si offre per il suo amore totale al Padre e all’umanità. “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi...”.
Un giorno Gesù, per preparare i suoi alla sua morte e resurrezione, sale sul monte Tabor e davanti a loro si trasfigura, si fa vedere il tutta la sua gloria, testimoniato da Mosè ed Elia, confermato dalla voce del Padre: “Questo è il mio Figlio: Ascoltatelo!”.
Gesù è il Figlio di Dio, il Messia annunciato ed atteso. Con la sua morte e la potenza della sua resurrezione salva il mondo, ha salvato e salva tutti noi. Anche quando lo vedranno nell’agonia dell’orto degli ulivi o sfinito sulla croce, non cessa di essere il Figlio di Dio, anzi è proprio in quel mondo che porta l’amore del Padre e la salvezza dell’umanità. Il nostro è un Dio che ama, che soffre, che muore perché tutti abbiano la vita.
Anche per noi c’è questo invito a salire sul monte per cercare il Signore, con un grande desiderio di Lui; accogliere la sua rivelazione, gustare la sua bellezza e il suo amore (Signore è bello per noi stare qui!), ascoltare la sua parola e viverla nella vita ordinaria di ogni giorno.
Dovremmo saper affrontare anche i momenti delicati e difficili, come Abramo, come Gesù stesso: sono i momenti della fede e della santificazione, della grazia e della salvezza. Vivremo così la fiducia nell’amore grande del Signore, il quale, se non “ha risparmiato il proprio Figlio, come con ci donerà ogni cosa insieme a lui?”
La liturgia della seconda domenica di Quaresima ci propone la trasfigurazione del nostro Signore Gesù Cristo sul monte Tabor, dinanzi ai suoi discepoli, Pietro, Giovanni e Giacomo. E’ un raggio di luce che brilla lungo il cammino oscuro che porta Gesù verso la sua passione. Ricordiamo che il mistero di Dio è un evento grandioso e molto difficile da capire e da spiegarne la profondità, però per noi è facile credere con il dono della fede o sperare con amore. Il Cristo Gesù, Figlio Unigenito del Padre, l’eletto di Dio, di cui lo stesso Padre ci dice nel Vangelo: “Ascoltatelo”, è l’unico uomo che ci viene presentato soffuso di gloria divina. Cristo è l’Amato e la gloria del Padre. In questa voce gli apostoli sono consolati, assicurati e certificati, trovano in Cristo un vero Dio e un vero Uomo, un uomo eccezionale. Oggi, Dio ci garantisce, ci assicura il cammino, ci affida il suo mistero, Gesù Cristo come segno visibile della grazia invisibile, e come segno vittorioso su tutta la nostra umanità decaduta. Per questo siamo stati chiamati ad ascoltare la sua Parola, a partecipare ai suoi sacramenti e a chiedere il suo Santo Spirito. L’evangelista Marco ci presenta la trasfigurazione come manifestazione gloriosa di Dio. Cristo anticipa il suo destino glorioso e fa pregustare ai suoi la bellezza celeste, la santa dimora del Padre, il Paradiso, luogo della luce perpetua. Un luogo in cui tutti quanti sogniamo o desideriamo di essere o di arrivare. I discepoli al vederlo si meravigliano e manifestano il loro desiderio di restare in paradisiaca contemplazione insieme ad Elia e Mosè. Alla discesa dal monte, Cristo comanda di non riferire a nessuno questa bellezza ed esperienza. Perché? Perché, la Sacra Scrittura ci dice, ciò che è divino è divino e ciò che è umano è umano. Gesù ha la retta intuizione che i suoi discepoli avevano visto, ma non avevano capito la realtà profonda. I pensieri di Dio non sono i nostri pensieri. La via di andare al Padre non è dunque facile, il cammino è durissimo, non c’è una scorciatoia. Cristo rimane l’unico mistero, l’unica Via, Verità e Vita. Il silenzio degli apostoli trova la piena risposta a Gerusalemme, quando Cristo dovrà patir e soffrire la passione, la morte ma poi risuscitare. A Gerusalemme Cristo in croce trasformerà tutto in gloria, cioè trasformerà la miseria, la sofferenza, la tristezza, la morte, il peccato in un atto di carità e di amore che rigenera. In questo tempo di quaresima, Cristo si trasforma sul monte Tabor per indicarci la via dell’amore, la via della salvezza. Di non avere paura di affrontare le grandi difficoltà della vita, anzi di capire che la croce è un cammino sicuro se lo si percorre con amore e per amore, per giungere alla mèta desiderata.