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TESTO Commento su Matteo 6,1-6.16-18

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Mercoledì delle Ceneri (25/02/2009)

Vangelo: Mt 6,1-6.16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 2Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

5E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

16E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura del Prof. Rocco Pezzimenti

1. Questo Vangelo odierno è quanto di più contrastante può esserci con la mentalità odierna basata quasi su una gara, più o meno consapevole, ad essere ad essere visti, notati, considerati. Eppure viene qui combattuto un vizio che colpisce, chi più chi meno, tutti noi: la vanagloria. Il mondo si preoccupa quando fa il bene di farlo sapere per vantarsene e ricevere elogi, non così il Signore che raccomanda ai suoi seguaci di non farsi notare e, se possibile, di sparire. Quello che ci fa male, e che vanifica tutto, è l’ammirazione degli uomini. Quello che a Lui preme, invece, è la retta intenzione che è tale, quando non cerca la ricompensa che, al contrario, vanifica la retta intenzione.

2. A ben vedere, come ha detto più di qualche santo, è davvero gretto il modo di ragionare degli uomini: per mettersi in mostra davanti a pochi o tanti, che dimenticano in fretta, non tengono presente che solo Dio non dimentica in eterno e saprà ricompensare nel Suo Regno davanti a tutti. Anche nella preghiera, quel chiudersi dentro, sa tanto di chiudersi all’esterno che ci distrae e ci corrompe se non siamo liberi dalle sue seduzioni. Quanti rivolgono le loro suppliche al Signore senza che il mondo li ascolti! Forse sono le preghiere che hanno più accoglienza. Quelle che non riescono, a volte, a trovare una giusta formulazione o quelle che non riescono a tramutarsi in grida di disperazione.

3. Il Signore ascolta quelle voci che il mondo neppure considera. C’è un verbo a prometterlo: “ricompenserà”. Quando lo riterrà opportuno, perché anche dietro quel “quando” può nascondersi la nostra vanagloria, il nostro assurdo bisogno di rivincita, più che di giustizia. “Ricompenserà”! A quanta fede, e anche speranza, ci spinge questa promessa che, comunque, è l’essenza della nostra religione. Fede che traspare dal rito di questa straordinaria festa e nelle sue Ceneri, alle quali dobbiamo avvicinarci con gioiosa fiducia, convinti della Resurrezione di Gesù Cristo, preludio della nostra. Elemosina, preghiera, digiuno da avvicinare, quindi, senza ipocriti sentimenti di tristezza.

4. Pregare senza sosta e con fiducia, convinti, come ci ricorda San Paolo, che il Signore ha promesso: “nel tempo propizio ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso”. Il pegno di questa promessa è Gesù Cristo. “Colui che non conobbe peccato” ha dato la sua vita per noi, “affinché noi diventassimo giustizia”. È questo che dobbiamo pensare quando riceviamo le Ceneri. Un gesto di umiltà che ci deve far riflettere sul costo della nostra Redenzione.

5. Per capire il senso della giornata siamo invitati al digiuno: far sentire a noi stessi il vero senso del nostro corpo, che è quello che vogliamo più mettere in mostra. Digiuno che non dovrebbe, almeno oggi, riguardare solo il cibo, ma anche lo sguardo, il chiasso, le voci di quanti ci esaltano o ci criticano e le insinuazioni che noi stessi rivolgiamo verso gli altri. Questo è il vero senso del digiuno, quello che ci fa rivedere tutto e tutti in modo diverso.

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Sr. Piera Cori
Iniziamo oggi il tempo prezioso della Quaresima.

Un tempo “forte” per diventare forti nella fede, un tempo “favorevole”, cioè di grazia, di misericordia, di amore che Dio dona a tutti.

Il versetto del canto al vangelo dice così: “Non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore”. (Mt. 4,17)

Queste poche parole delineano tutto il nostro cammino quaresimale.
Non indurire il cuore, cioè non sclerotizzarlo!.
Sappiamo tutti come ogni sclerosi porta a paralisi.

Qui in particolare si parla di paralisi del cuore che è la più grave di tutte, perché porta la morte.
Un cristiano che ha il cuore indurito non è cristiano.

Per non indurire il cuore, dice Gesù, è necessario ascoltare la voce del Signore.

Si ascolta bene nel silenzio. Il silenzio riconquistato dentro e fuori di noi.

Il chiasso che ogni giorno sopportiamo, ci porta lontano, ci disorienta, ci massifica, ci sclerotizza, ci indurisce il cuore appunto.

Imparare ad ascoltare il “suono del silenzio” (1 Re 19,12) significa donare vitalità al nostro cuore, elasticità, significa ritrovare forza e coraggio nel dono e nel servizio.

Infatti il silenzio ha la funzione di dare il giusto ritmo al dialogo con Dio, che chiede ascolto attento della sua Parole, e risposte concrete da dire e da dare con la vita

È nel silenzio che troviamo la lucidità per mettere da parte le parole “seconde”, le nostre, rispetto alla parola “prima” che è solo di Dio

“Ascolta Israele, il Signore è uno” (Deuteronomio 6,4) cioè è l’unico che merita di essere ascoltato davvero.

Il Vangelo poi ci offre le pietre miliari che orientano il nostro cammino quaresimale, i pilastri su cui poggiare saldamente la nostra fede.

Il primo pilastro è l’elemosina. Oggi, per le strade e per le piazze, dentro i metrò, troviamo tanta gente a cui fare elemosina! Ma la modalità con cui la facciamo (gli spicci) non è quella richiesta dal Vangelo.

Il termine elemosina è un termine ricco, viene dal greco e designa sia la misericordia, sia la giustizia di Dio.

L’uomo di fede impara a fare misericordia se la contempla e la riconosce nella sua vita come dono gratuito del Signore.

È il Dio dei nostri padri, infatti che attraverso suo figlio Gesù, spogliato della sua ricchezza divina e reso in tutto simile a noi, eccetto nel peccato, che nell’offerta del suo figlio unico, ci dona misericordia, ci fa giustizia, cioè ci giustifica, ci dona la dignità di figli.

Vivere l’elemosina verso chi ha bisogno, significa prima di tutto effettuare in noi un cambiamento di mentalità che chiede di guardare ad ogni uomo come a fratello, anche se diverso nel colore della pelle, nella cultura e nella fede, vuol dire cercare di realizzare per loro e insieme a loro quella giustizia e quella misericordia capaci di donare dignità e rispetto alla loro esistenza.

L’altro elemento necessario è la preghiera, come forza, come sostegno, come confronto, come conforto, come richiesta di aiuto nel servizio di amore.

L’ultimo, ma non ultimo è il digiuno, cioè la capacità di digiunare, cioè di dominare i nostri istinti, per essere vigili, attenti!

Se ci si appesantisce il cuore, non si ha la forza di costruire, di darsi da fare.

La pesantezza del cuore porta ad accontentarsi del poco che il quotidiano ci “costringe” a fare chiudendoci gli orecchi e gli occhi per non ascoltare e non vedere Dio che chiede aiuto nei fratelli bisognosi.

Tutto questo, suggerisce ancora il vangelo, va vissuto nel segreto, perché lo veda solo il Padre.

Che il cammino quaresimale che oggi cominciamo possa essere davvero un trampolino che ci porta a vivere il passaggio pasquale nella gioia vera.

 

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