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don Maurizio Prandi

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Maria Santissima Madre di Dio (01/01/2009)

Vangelo: Lc 2,16-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] 16andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Quanti temi nella liturgia di oggi, quante suggestioni, quale ricchezza! La benedizione, la luce, il volto, il nome, la solidarietà di Dio con gli uomini, il tempo, il conservare e il custodire di Maria: davvero tanto ci viene regalato in questo inizio di anno.

Mi pare significativo, (forse mi ripeto anche quest’anno), che la prima parola di Dio alla quale veniamo affidati oggi sia la parola della benedizione: Così benedirete gli israeliti. All’inizio di un nuovo anno, raggiunto dalla benedizione di Dio, ognuno di noi è chiamato a benedire. Il ritornello del salmo responsoriale di oggi credo ci possa anche aiutare a capire il perché di tante nostre fatiche nel benedire i fratelli: Dio abbia pietà di noi e ci benedica. Pietà e benedizione sono intimamente legate. Se io sono un uomo impietoso, sono anche incapace di benedire, se invece un senso di pietà (cioè di bontà, di misericordia, di comprensione, di perdono) mi pervade, ecco che posso riconoscere il bene di cui l’altro è capace. E la benedizione di Dio non sono semplicemente parole: la benedizione di Dio è custodia, è cura. Benedire è avvolgere l’altro, amare, proteggere, custodire, perché sai che l’altro porta in sé un tesoro, perché sai che l’altro è un tesoro.

Parte di questa cura, di questa custodia è illuminare l’altro con il proprio volto: il Signore faccia risplendere per te il suo volto; ed ecco che l’impegno è sempre più arduo, difficile potrebbe dire qualcuno, bello ci dice Dio: ogni fratello, ogni sorella ha la caratteristica dell’unicità, su tutti e su ciascuno, come se fosse l’unico, risplende il volto di Dio, su tutti e su ciascuno risplenda il nostro volto.

(Perché un volto risplenda, non è necessario essere nel fiore degli anni o nel pieno della propria vigoria fisica. Negli ultimi giorni sono stato benedetto da due volti: il volto di Stefania e il volto di Maria. Due donne al termine del loro cammino terreno, due donne profondamente malate, due donne con un volto capace di illuminarsi e di risplendere ogni qualvolta un amico, un figlio, un sacerdote, un infermiere si avvicinavano al loro letto, due donne accoglienti nel loro dolore e nella loro fatica, proprio per questo due donne capaci di benedire con un sorriso).

La bellezza di questa pagina del libro dei Numeri non si esaurisce qui, c’è ancora qualcosa di molto concreto che diventa compito per noi che ascoltiamo queste parole: quello che viene tradotto con ti faccia grazia, gli esegeti dicono che in ebraico rende il piegarsi di Dio, il curvarsi amoroso di Dio. Mi pare di avvertire qui tutto il coinvolgimento, tutta la prossimità, tutta la vicinanza di Dio alle sue creature. Ecco che una volta di più il Natale ci viene incontro per quello che realmente è: non una irruzione dall’alto in basso, ma un “impastarsi” con l’umanità.

Vedo tutto questo sottolineato anche dalla seconda lettura che abbiamo ascoltato, con S. Paolo che afferma la nascita di Gesù “sotto la Legge”, ma prima ancora specifica che è una nascita che viene da una donna. Paolo scrive questo perché nelle comunità cristiane della Galazia scoppia la crisi e la contestazione nei suoi confronti. I responsabili della crisi sono dei predicatori giudaizzanti, sopraggiunti nelle chiese di Galazia, i quali annunciano un altro vangelo, contestano l’autorità di Paolo, turbando profondamente la comunità e sostengono la necessità della Legge di Mosè e della circoncisione per essere veri cristiani. La legge di Mosè aveva il compito di guidare a Cristo: ormai è giunta la pienezza dei tempi, il Cristo, e la legge non serve più per la salvezza: è sufficiente la grazia di Cristo, Figlio di Dio che ci ha fatti come lui figli ed eredi. «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio». Un Dio pienamente immerso nella storia umana quindi, che non si chiama fuori ma anzi desidera incrociare il cammino di ogni uomo e di ogni donna. Ecco il calarsi di Dio e la storia e il tempo raggiungono la loro pienezza: quando venne la pienezza del tempo; la nostra vita è ricolma della presenza di Dio perché Gesù condivide in tutto la condizione umana. Nasce sotto la Legge, cioè nella solidarietà con il suo popolo (tanto è vero che il vangelo ci parla della sua circoncisione), ma, ripeto, da una donna, come ogni altro uomo. Gesù cioè si fa solidale non solo con i figli dell’Alleanza, ma anche con ogni figlio di donna, senza esclusione alcuna (comunità monastica della Ss. Trinità di Dumenza).

Concludo con quello che potrebbe essere un augurio per tutti noi oggi: quello di poter vivere come Maria non perdendo nulla di ciò che accade nella nostra vita. Nella preghiera colletta è stato detto: in Maria vergine e madre la scelta della verginità, che a rigore è la negazione della fecondità, in Maria ha il significato di ascolto e disponibilità integrale alla parola di Dio. Vuol dire: non sono padrone della mia vita, ma la mia vita è a disposizione di Dio perché ne faccia quello che Lui desidera, strumento dell’azione di Dio. Per questo è una verginità non sterile ma feconda. Quello che la rende feconda è la fede, l’obbedienza e la disponibilità.

Rendici capaci, o Signore, di quell’ascolto che ha consentito a Maria di accogliere e generare in lei il Verbo di Dio, perché avvenga altrettanto nella nostra vita e in quella dei nostri fratelli e sorelle.

 

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