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TESTO L'ineffabile che fa parlare di sè

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

IV Domenica di Avvento (Anno B) (21/12/2008)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

26In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Non traiamo subito conclusioni affrettate! La liturgia odierna non è ripetitiva dell’esaltazione di Maria, argomento già affrontato e riflettuto giorni fa’, ma nell’immediata imminenza della celebrazione del Natale vuole soffermarsi sul vero protagonista di tutto, che secondo Paolo è Colui che ci conferma nella fede, al quale si deve l’annuncio del Vangelo e che costituisce in sé medesimo un grande Mistero nascosto nei secoli e adesso in via di svelamento: il Dio eterno Padre di Misericordia.

Come anche per le altre confessioni religiose lontane dal cristianesimo, Dio è per noi il Creatore e sostenitore di tutte le cose; eterno, infinito, onnisciente e onnipotente che trascende tutto il cosmo ed è il Perfetto e Ineffabile, e come afferma la Prima Lettura Egli non può essere collocato in una sola dimensione spazio temporale, né tantomeno lo si può pensare rintracciabile nelle sole ristrettezze di un’ abitazione costruita da mani d’uomo: neppure i cieli, né i cieli dei cieli possono contenerlo tantomeno un tempio eletto come sua dimora, che pure noi gli dedichiamo(1Re 8,27) e la sua gloria abbraccia tutto l’universo (Sl 97). Come affermava Karl Barth, Dio è il Totalmente Altro e l’accostamento che la sua Perfezione può concedere alla nostra limitatezza è pari a quello di una tangente che sfiora il cerchio poiché l’essere Perfetto di Dio e l’imperfezione dell’uomo sono dati abissali e privi di ogni possibilità di paragone e di confronto. Recita il Salmista: “Che cos’è l’uo0mo perché te ne curi? Il figlio d’uomo perché te ne dia pensiero? L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa” (Sl 144, 1 – 8) e la sua vita è debole e precaria.

Eppure, nonostante questa ambivalenza eloquente fra Dio e l’uomo, noi siamo rasserenati dall’idea che Dio non custodisce per sé medesimo le sue prerogative di perfezione assoluta, ma le condivide con l’uomo nella sua volontà di venirci incontro e di servirci: il privilegio della nostra fede cristiana si dà nella certezza di un Dio che tende a raggiungerci Egli per primo, prescindendo dal nostro stesso consenso e che si china sull’uomo debole e peccatore, appunto perché in preda al male e al peccato. Dio vuole raggiungerci fino in fondo e per questo entra nella nostra stessa dimensione di precarietà per farla tutta sua, per assimilarla, sperimentarne la perfidia e la pochezza, e per condividerla con noi. Il Dio infinito e onnipotente si rende ancora una volta tale nel rivelarsi all’uomo con questa volontà di amore inaudito e paradossale.

Questo avviene nell’Incarnazione: Dio dischiude il Mistero di se stesso per rivelarlo all’uomo affinché l’uomo ne faccia uso e abuso; egli ci sorprende con la sua scelta di semplicità con la quale assume i nostri connotati e percorre la nostra storia, e in ciò stesso ancora più sorprendente è il mistero del suo amore per noi. Nell’episodio dell’annunciazione a Maria, Dio si serve di un Arcangelo dal nome Gabriele, che significa etimologicamente “Dio forte” oppure “Forza di Dio” e che è espressivo appunto dell’onnipotenza divina che si fa tutta per l’uomo, della potenza che Dio esplica in quello che noi comunemente riteniamo debole, piccolo, indefinito. In virtù di questo annuncio Dio mostra di voler assumere la nostra vita eleggendo perfino l’innocenza e la semplicità di un bambino appena nato che viene partorito da una donna comunissima e semplice come tante altre dalla quale sarà poi accudito e mantenuto durante il suo sviluppo infantile e adolescenziale; in Maria infatti Dio onnipotente vuole esperire il tutto e per tutto della nostra vita sin dall’inizio, cioè sin dal buio del ventre in cui sarà umanamente concepito e questo spiega come davvero il Mistero di grandezza si renda abbordabile all’uomo nelle cose semplici ed immediate. Maria diventerà il tempio di Dio, il luogo attraverso il quale si manifesterà a noi il Figlio dell’Altissmo, cioè l’Ineguagliabile che si renderà uguale a noi e sempre per suo Volere il suo grembo vergineo otterrà la molteplicità delle benedizioni salvifiche per noi, perché anch’esso è costituito in vista della nostra salvezza. L’Altissimo insomma si abbassa per noi.

Certo, il Mistero non viene svelato nella sua globalità e non si esaurisce per intero nella storia dell'uomo e nel mondo: Dio in se stesso resterà sempre in circoscrivibile e nessuno potrà mai possedere definitivamente la divinità, tuttavia in Cristo Egli ci rivela quanto è indispensabile alla salvezza e ci offre egli medesimo un esempio fattuale ed effettivo di sequela e di comportamento conforme al suo volere; Cristo è lo stesso Verbo di Dio che si svela e manifesta all’uomo quanto basta perché l’uomo possa accedere a Dio e convincersi una volta per tutte del suo amore e della sua volontà di salvezza. L’Incarnazione è insomma l’Eternità che entra nel tempo; l’onnipresente che abita prima nella mangiatoia e poi fra i ruderi di una povera abitazione; l’onniscienza che si rende discepola e la Grandezza che si fa piccola e meschina; la Volontà che si rende obbediente. Dio che si incarna non può non attirare la nostra attenzione perché che Dio raggiunga l’uomo e lo serva fino in fondo accompagnandolo e tutto condividendo con lui è cosa del tutto inverosimile ma anche privilegiata, per la quale ci sentiamo avvantaggiati ed esaltati noi stessi

 

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