TESTO Buona notizia ai miseri
don Marco Pratesi Il grano e la zizzania
III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)
Brano biblico: Is 61,1-2.10-11
6Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:
«Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Rendete diritta la via del Signore,
come disse il profeta Isaia».
24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
In questo testo un discepolo del Secondo Isaia, che predica dopo il ritorno degli esiliati in patria, presenta la propria vocazione profetica. La situazione è tutt'altro che rosea, se egli afferma di parlare a miseri dai cuori spezzati, a schiavi e prigionieri. In effetti, i rimpatriati sono alle prese con numerosi problemi, che rischiano di minare il loro morale. La ricostruzione incontra opposizioni e difficoltà, si rimane pur sempre sotto il dominio straniero (persiano), si vive in condizioni di precarietà. Che ne è del ritorno glorioso annunziato dal Secondo Isaia? Per continuare ad alimentare la speranza, un suo discepolo viene investito dallo Spirito di Dio, che gli affida il compito di - e allo stesso tempo lo rende atto a - portare una buona notizia. Questa investitura è descritta con il simbolo della consacrazione mediante l'unzione, rito che si praticava soprattutto per i re (cf. p. es. 1Sam 9,16; 10,1) e i sacerdoti (cf. Es 29,7; Lv 8,12), raramente anche per i profeti (cf. 1Re 19,16). La buona notizia è questa: Dio indice per il presente qualcosa di simile all'anno sabbatico (cf. Es 21,2; Dt 15,1.12) o al giubileo (cf. Lv 25,8-16), quando i debiti erano condonati, i beni alienati recuperati, gli schiavi liberati. E' l'anno "di grazia" del Signore, il momento del suo favore, della sua benevolenza.
Dopo alcuni versetti omessi nel testo liturgico, che parlano della ricostruzione e della futura gloria del popolo (vv. 3-9), si canta la gioia che procurerà il progetto del Signore, ossia far sbocciare sulla terra la giustizia e la lode come piante in un giardino. Che qui parli il profeta oppure Sion non ha poi molta importanza, perché i due in qualche modo si identificano (e anzi proprio questa indistinzione è significativa). La gioia è descritta dal simbolismo delle vesti - salvezza e giustizia avvolgeranno il popolo - e delle nozze: a indicarne la pienezza, si ricorda la gioia dello sposo e della sposa. Non ci si lasci fuorviare dal simbolo di Dio sposo, che ricorre altrove (p. es subito dopo, in 62,4-5): qui la gioia d'Israele è rappresentata dalla felicità di entrambi i coniugi, dunque nella modalità maschile e femminile.
Nella domenica di avvento detta "Gaudete", pervasa dal tema della gioia della vicinanza del Signore, il testo profetico ci invita a vestirci già ora dell'abito della gioia e a cingere il diadema della gratuità di Dio; e a farlo - qui sta il punto - non nella "gloria" e nella "giustizia", ossia nella situazione in cui il progetto di Dio è perfettamente realizzato e brilla in piena luce (si potrebbe dire: "quando tutto è perfettamente a posto", dentro e fuori di noi), ma nella povertà. Ciò però è possibile solo nella sapienza nascosta delle beatitudini e del Magnificat (oggi salmo responsoriale), i cui primi versetti richiamano il nostro testo. Si tratta di saper accogliere subito la gioia del dono costituito da Gesù, che nella sinagoga di Nazaret applicherà a sé questa pagina profetica (Lc 4,18-19). Egli è "il Cristo", consacrato fin dal seno materno con l'unzione dello Spirito (cf. Mt 1,18; Lc 1,35), che riposa su di lui (cf. Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22), e in lui giunge ai poveri la buona notizia del Vangelo (Mt 11,5; Lc 7,22).
I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.