TESTO Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri
mons. Vincenzo Paglia Diocesi di Terni
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2008)
Vangelo: Mt 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Oggi è la festa di Cristo, Re dell’Universo. È una celebrazione che ci aiuta a trovare il senso della nostra vita, dell’universo intero, della misteriosa ed affascinante “creazione”. Scopriamo di appartenere a qualcuno, che non siamo persi nel caso! Ma che tipo di re è il Signore? Come comanda? Che vuol dire che siamo suoi? Ci domandiamo anche: se è davvero re, il re, perché non mette tutte le cose a posto? Perché non vince definitivamente sul male, sul dolore, su quanto rende la vita triste e segnata dalla divisione? Tutti noi facciamo fatica a stare a sentire per davvero qualcuno; vogliamo sempre fare come diciamo noi; siamo riottosi a qualsiasi obbedienza; assecondiamo la vera tirannia che sono i nostri stati d’animo; temperiamo così poco il nostro cuore, eppure proprio noi finiamo per cercare un re che non ci chieda nessuno sforzo. Cristo è re, e comanda davvero. Giudica e giudicherà. È re di amore e per questo dona tutto se stesso. Il suo limite è che noi non siamo suoi! Siamo liberi di esserlo. Tanti “io” si fanno re, cercano di imporsi sugli altri, si mettono al centro e diventano come malati, perché il senso della nostra vita tutti noi lo troviamo solo legandoci agli altri. Gesù, re di tutto e di tutti, diventa fratello e s’identifica in coloro che dipendono in tutto dagli altri, che hanno bisogno di essere amati in maniera concreta, in cui manca qualcosa perché possiamo dargliela. Siamo suoi quando impariamo ad essere degli altri, ad avere un cuore, a volere bene!
Tutti restano sorpresi. Non ti ho visto! Non vedere, essere ignoranti di qualcosa non giustifica! Come? Quando non ti ho visto? Quando pensavi alla tua fame; quando non avevi tempo per ascoltarmi; quando sei rimasto indeciso ed alla fine non hai fatto nulla; quando hai calcolato che non ti conveniva; quando hai pensato che ero solo un problema ed hai assecondato il tuo fastidio; quando hai pensato che tanto era inutile fare qualcosa; quando ti sei creduto troppo importante per un gesto concreto; quando hai pensato che se ero così era per colpa mia; quando hai giudicato invece di volere bene; quando hai creduto più importanti la carriera o quello che avrebbero pensato gli altri se ti avessero visto aiutare un povero; quando non hai fatto nulla per non legarti; quando hai pensato che avevi troppi problemi tu o che avevi già fatto abbastanza, e che io non c’entravo nulla con te; quando hai voluto tenere tutto per te; quando hai cercato di verificare se era proprio vero che avessi fame; quando hai avuto paura e non l’hai vinta con l’amore; quando non hai creduto vero quello che tu non vivevi; quando hai pensato che c’è sempre tempo per aiutare e che un’occasione vale l’altra; quando non ti andava e basta; quando ti sei sfogato proprio con chi è più povero o malato e li hai umiliati con il tuo rifiuto; quando hai creduto che tanto non potevi fare nulla. È facile credere poco importanti i gesti umili del volere bene. Non dire: io non ho niente da dare. Non è vero. Gesù parla di dare pane, acqua, vestiti, tempo, affetto; visita, presenza, insomma gli infiniti e possibili gesti dell’affetto.
Ma è vero anche il contrario: quando ti ho visto affamato e ti ho dato da mangiare? Quando sei venuto a trovarmi? Quando hai dato coraggio a me che affrontavo il tunnel della paura? Quando sei stato attento, premuroso, mi hai aspettato, non sei andato via subito? Quando mi hai preso la mano? Quando hai perso il tuo tempo con me che ti sembravo solo un problema? Quando non hai avuto paura? Quando ti sei preso un po’ del mio dolore? Quando hai smesso di pensare solo a te, di cercare solo i soldi, gli onori, i tuoi vestiti o la convenienza e mi hai aiutato proprio perché non avevo nulla da darti in cambio? Quando hai sentito tua la mia solitudine, il mio freddo, la mia paura nella malattia, la disperazione nel carcere? Quando non hai pensato che eri troppo piccolo? Quando non ti sei accontentato solo di avere ragione o delle teorie ma mi hai incontrato nella carne? “Venite, benedetti”. È una benedizione volere bene. Così prenderemo parte alla gioia, donando. Ero io e lo hai fatto a me, dirà Gesù. I poveri sono sacramento di Cristo. Il loro corpo è il suo. Chi ama i poveri ama Dio. Dare da mangiare, visitare, coprire: così apparteniamo a lui. Amare perché lui ci possa amare. Il futuro è frutto dell’amore. Lo è personalmente per ognuno di noi e lo è anche per il nostro mondo, che non ha futuro senza amore per i più deboli e poveri.