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TESTO Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno

mons. Vincenzo Paglia  

Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti (Messa II) (02/11/2008)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

"Non vogliamo, fratelli, che ignoriate la condizione di quelli che dormono nel Signore, affinché non siate tristi come quelli che non hanno speranza" (l Ts 4,13). Così l'apostolo Paolo scrive alla comunità cristiana di Tessalonica. Con questa memoria liturgica oggi la Chiesa vuole sostenere la nostra speranza. Non è a caso che la festa di Tutti i Santi sia così strettamente unita alla memoria dei nostri cari che ci hanno preceduto. Per certi versi direi che è la stessa festa che continua. Se pensiamo a coloro che sono morti, particolarmente a quelli che sono più cari al nostro cuore, non possiamo non sentire la tristezza della separazione. Tuttavia l'apostolo Paolo ci invita a non dimenticare il futuro che è riservato ai figli di Dio. "Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli... E se siamo figli, siamo anche eredi", scrive Paolo ai Romani. Aggiunge: "Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,15.18).

Oggi, la santa liturgia schiude ai nostri occhi uno spiraglio di questa "gloria futura". Per noi è futura; per i nostri cari è svelata. Essi abitano su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. Il velo "che copre la faccia" e che fa ripiegare su se stessi è stato definitivamente strappato; i loro occhi contemplano il volto di Dio, nessuno più versa lacrime di tristezza, semmai sono di commozione senza fine. La liturgia ci dona oggi questa visione, perché sappiamo dove essi sono e dove noi andremo. La morte ci separa, è vero, e ne sentiamo tutta la tristezza; eppure non ci allontana gli uni dagli altri, non rompe i vincoli di amore che abbiamo legato sulla terra, non ci fa uscire dalla famiglia di Dio alla quale siamo stati chiamati.

È quanto il Signore Gesù ci dice nel brano evangelico che abbiamo ascoltato (Mt 25,31-46). Sì, l'unica cosa che conta nella vita è l'amore: l'unica cosa che resta di tutto quel che abbiamo detto e fatto, pensato e programmato, è l'amore. L'amore è sempre grande: sebbene si manifesti in gesti piccoli come un bicchiere d'acqua, un pezzo di pane, una visita, una parola di conforto, una mano che stringe. L'amore è grande perché è sempre una scintilla di Dio che infuoca e salva la terra. Quell'abside d'oro, care sorelle e fratelli. ove vivono i santi e i nostri cari, quel mosaico infuocato possiamo costruirlo già da ora con le piccole tessere dell'amore per tutti e particolarmente per i poveri. Beati noi, se seguiremo poveramente ma decisamente il Vangelo. Ci sentiremo dire al termine dei nostri giorni: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34). Allora la nostra gioia sarà piena.

 

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